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“Space Invaders” di Nona Fernández leggi la recensione

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“Space Invaders” di Nona Fernández leggi la recensione leggi la recensione

Titolo: Space Invaders
Autore: Nona Fernández
Genere: romanzo breve
Editore: Edicola Ediciones
Pagine: 96
Prezzo: Euro 10
Prezzo E-book: 3,99

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Trama: Chi è la nuova alunna che siede silenziosa nell’ultima fila di banchi? Chi è la ragazzina che scrive lettere accorate? Chi è realmente Estrella González? Sono i personaggi di Space Invaders – i compagni di classe di Estrella – a rivelarci pagina dopo pagina la sua identità e la sua storia, in una sequenza di brevi e folgoranti scene, il cui montaggio scrupoloso sviluppa l’intero racconto.

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“Space invaders” racconta la tragedia della dittatura cilena di Pinochet attraverso gli occhi e gli aneddoti dei bambini. Il pretesto per fare ciò è capire chi era la piccola Estrella Gonzalez. Della bambina non si sa nulla e saranno proprio i suoi compagni di scuola che cercheranno di farla conoscere.

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L’11 settembre del 1973 è una data che il popolo cileno non potrà mai dimenticare: l’inizio della dittatura di Pinochet. Ogni regime totalitario viene vissuto in completa repressione, la popolazione non può fare molto e la soppressione è ancora più violenta. E un bambino come la vive e cosa percepisce?

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La risposta arriva da questo romanzo breve di Nona Fernandez. I piccoli protagonisti vivono e subiscono la dittatura, ovviamente non capendo quello che succede. E questo rende il loro racconto quasi tutto un sogno: i fatti reali vengono si raccontanti, ma sono completamente amalgamati coi loro sogni. Le paure prendono il sopravvento e, tra un sogno e un incubo, il lettore viene a conoscenza delle atrocità della dittatura.

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Il titolo di questo romanzo breve è un omaggio all’omonimo videogioco nato nel 1978 dove il giocatore non può fare altro che sparare per sconfiggere gli alieni. Lo stesso modo di affrontare la realtà sia da parte dei piccoli protagonisti, sia di tutta la popolazione cilena.

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“Space invaders” è un piccolo gioiellino di poche pagine, ma in ognuna troviamo un carico di angoscia e piccole speranze, che aiutano a vivere sotto una dittatura. La Fernandez, infatti, ci fa conoscere uno spaccato di vita cilena. La storia del Cile non è molto nota, ma grazie ad artisti e scrittori, come Nona Fernandez, il lettore può approfondire e conoscere dall’interno tutto quello che è realmente accaduto.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“LA NOSTRA FOLLE, FURIOSA CITTA'” DI GUY GUNARATNE LEGGI LA RECENSIONE

“La nostra folle furiosa città” di Guy Gunaratne leggi la recensione

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“La nostra folle furiosa città” di Guy Gunaratne leggi la recensione

Titolo: La nostra folle, furiosa città
Autore: Guy Gunaratne
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 288
Prezzo: Euro 18,50
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Per Selvon, Ardan e Yusuf, figli di immigrati, cresciuti nella periferia disagiata di Londra, estate significa quello che significa per tutti i loro coetanei: calcio, musica, ragazze. E amicizia, naturalmente. Quell’amicizia totale come può esserlo solo un legame fra adolescenti, quasi una fratellanza, l’unico punto fermo in un mondo complicato dal quale non sembra esserci possibilità di fuga. Quando un soldato bianco viene ucciso da un ragazzo di colore, la violenza sotterranea che da sempre abita la città e la ferocia che ne avvelena l’aria esplodono. Nessuno è più al sicuro.

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Nonostante i ragazzi cerchino di restarne fuori, il mondo esterno finisce per travolgere anche loro, ricordandogli in modo brutale la loro drammatica condizione di stranieri nella nazione in cui sono nati. Tanto diversi dai terroristi e dai fanatici religiosi, quanto estranei rispetto al popolo inglese purista e nazionalista. Mentre attorno a loro la furia si scatena, Yusuf viene risucchiato in un altro vortice ancora più pericoloso. L’ondata di radicalismo che sta dilagando nella sua moschea e minaccia di trascinare con sé il problematico fratello Irfan.

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“La nostra folle, furiosa città” di Guy Gunaratne parte da un fatto realmente accaduto a Londra nel 2013 per raccontare le successive 48 ore dei tre giovani: Selvon, Yusuf e Ardan. E tutto quello che accade viene raccontato dal loro punto di vista. Ogni singolo personaggio racconta lo stesso fatto dalla sua visuale e con le sue idee e convinzioni. Ai loro racconti si aggiungono le storie di due adulti che ricordano il loro passato.

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Tutti noi siamo abituati a una visione di Londra patinata, invece nel romanzo il lettore si trova davnti un ambiente degradato. Quasi un mondo a sè stante rispetto alla capitale inglese. In ogni pagina la violenza, la paura e il disagio la fanno da padrone ed è impossibile liberarsene. Si percepisce sin da subito che accadrà qualcosa che cambierà per sempre la vita dei protagonisti.

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Guy Gunaratne utilizza una scrittura sporca senza giri di parole. Nella versione italiana si perde un po’ lo slang dei ragazzi, ma nel complesso Giacomo Cuva ha realizzato una traduzione molto curata e quanto più possibile vicina al testo. E sicuramente non è stato un lavoro facilissimo.

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Gli amanti del cinema troveranno dei punti in comune con il bellissimo film di Mathieu Kassovitz, “L’Odio”. Sia nel film che nel romanzo i giovani protagonisti si scontrano con la realtà dura e crudele. E purtroppo è inevitabile portare addosso delle cicatrici profonde e dolorose per riuscire ad andare avanti.

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Guy Gunaratne ha scritto un romanzo molto potente, un esordio che lascia un segno pesante e il suo racconto è un continuo pugno allo stomaco per il lettore. Fino ad arrivare ad un finale straziante che difficilmente lascerà indifferente il lettore. E’ un romanzo attualissimo che bisogna leggere, per cercare di contrastare con tutti i mezzi possibili il dilagare del razzismo e del sovranismo, che stanno trovando terreno fertile in questo periodo nel mondo.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“UNA POSIZIONE SCOMODA” DI FRANCESCO MUZZOPAPPA LEGGI LA RECENSIONE

“Una posizione scomoda” di Francesco Muzzopappa leggi la recensione

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“Una posizione scomoda” di Francesco Muzzopappa leggi la recensione

Titolo: Una posizione scomoda
Autore: Francesco Muzzopappa
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 221
Prezzo: Euro 14,50
Prezzo E-book: 6,99

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Sinossi: Fabio è un giovane sceneggiatore di talento diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Un ragazzo destinato a grandi cose, una promessa del cinema italiano. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, purtroppo l’unico modo che ha per sbarcare il lunario è scrivere copioni per il cinema a luci rosse. Tacendo del suo lavoro ai genitori e agli amici che lo immaginano autore di teatro.

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Così, invece di veder realizzato Il Cielo di piombo, un’opera che nasconde da anni nel cassetto, a Fabio tocca scrivere sceneggiature come I ragazzi del culett0. Ma anche A volte ritromban0 e L’importanza di chiavarsI Ernesto, quest’ultimo candidato al Festival del Porn0 di Cannes dove Fabio sarà in lizza per il famoso Zizi d’or. Lì avrà inizio il disastro…

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“Una posizione scomoda” affronta tematiche serissime, per certi versi addirittura tragiche, quali, ad esempio, la generazione dei trentenni, completamente dimenticata dal mondo del lavoro. Ma anche il disagio nel vivere in una società tutt’altro che meritocratica, fenomeno tipicamente italiano. Lo fa, però, in maniera esilarante.

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Fin dalle primissime righe, infatti, Muzzopappa cattura l’attenzione del lettore con una scrittura agile e scorrevole. Le sfigatissime vicissitudini del protagonista, Fabio Loiero, sono raccontate con la giusta carica di vetriolo, disinnescato, sapientemente, con fulminanti titoli di parodie porn0. Una punteggiatura fondamentale per stemperare il clima serissimo e, soprattutto, per far esplodere chi legge in sonore risate.

Muzzopappa si diverte coi paradossi, ci sguazza e ne riempie le pagine del suo primo romanzo.

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In “Una posizione scomoda”, Muzzopappa racconta un mondo, quello del porn0, non con il morboso voyeurismo che sarebbe lecito aspettarsi. Al contrario, lo indaga fin nei minimi dettagli e senza risparmiare nulla, ma in maniera assolutamente asettica e fredda. Ne viene fuori una vis comica poderosa, perché restituisce l’esibizione della nudità, in particolare dei genitali maschili e femminili, ad una dimensione di tristezza, di mancanza di dignità, di ultima spiaggia.

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Lo scrittore, inoltre, costella l’acidissimo mondo di Fabio Loiero di personaggi surreali eppure, incredibilmente, frequenti nella vita di ciascuno di noi. Chiunque, infatti, potrà facilmente ricordare di aver avuto un’amica identica a Smadonna, o un coinquilino come Giovanni Settemacchie. Chi, poi, non avrà mai incontrato una coppia simile a quei Ned e Maude Flanders di simpsoniana memoria che il protagonista ha per genitori.

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Muzzopappa si diverte coi paradossi, ci sguazza e ne riempie le pagine del suo primo romanzo. Un’opera prima potente e divertentissima, capace di coniugare lo spasso con le tematiche sociali. Tutto fila liscio e scorrevole fino al finale, un pochino deludente perché non riesce a mantenere sana quella carica di cattiveria che permea tutto il racconto.

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Peccato, perché il sottotitolo ideale poteva essere “Il primo tragico Loiero” e, invece, nelle ultime pagine l’autore non tiene il confronto con Paolo Villaggio. Poteva essere il nuovo Fantozzi (finalmente!). Non lo è, ma rimane consigliatissimo a chi non rinuncia alla riflessione nemmeno quando vuole divertirsi

Francesco G. Balzano
(account Instagram: lamantino_della_lettura)

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“IL GIOCO DELLA VITA” DI MAZO DE LA ROCHE LEGGI LA RECENSIONE

“Il gioco della vita” di Mazo de la Roche leggi la recensione

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“Il gioco della vita” di Mazo de la Roche leggi la recensione

Titolo: Il gioco della vita
Autore: Mazo de la Roche
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 480
Prezzo: Euro 18
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: È trascorso un anno da quando abbiamo lasciato la turbolenta Jalna. Eden è scomparso e non si hanno più notizie di lui, Alayne è tornata a New York, Pheasant ha avuto un figlio da Piers e lo ha chiamato Maurice, come suo padre. Ritroviamo la famiglia riunita attorno al tavolo davanti a un invitante soufflé al formaggio e una bottiglia di rum di quelle buone per gli uomini. Manca solo Adeline. La nonna ormai passa la maggior parte del tempo a letto. Quello stesso letto che è stato testimone di concepimenti, nascite e addii, e che ora sembra attendere un commiato. Difficile credere che la complicata trama tessuta da Adeline nelle stanze di Jalna possa squarciarsi. Ma una preoccupazione domina su tutte: a chi andrà l’eredità?

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Per tenere tutti in pugno, la furbissima nonna ha dichiarato che sarà destinata a una sola persona. Così, fra gelosie e sospetti reciproci, scatta la rincorsa all’ingente patrimonio. Finirà forse nelle mani di Renny, per cui tutte le donne, nonna compresa, perdono la testa? O il fortunato sarà Nicholas, il più anziano, il figlio preferito? O l’adorabile piccolo Wakefield? Nel frattempo, il giovane Finch ha ben altro a cui pensare e coltiva in gran segreto la sua passione per le arti. Nell’attesa di entrare finalmente a far parte del gruppo degli uomini Whiteoak, mentre Renny non riesce a dimenticare l’affascinante Alayne, che tornerà a rimescolare le carte.

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“Il gioco della vita” è il secondo capitolo della saga “Jalna” e Mazo de la Roche ci riprende per mano e ci riporta dentro la magione canadese dei Whiteoak che domina tutte le loro vite. Ogni vicenda ha come punto centrale sempre Jalna, come se fosse un mondo a sè e chi non ne fa parte non potrà mai capire veramente quello che accade.

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Questo secondo capitolo mette in risalto la figura di Finch, il componente della famiglia che più soffre della sua condizione. Cerca continue vie di fuga perchè non riesce a sentirsi all’altezza del resto dei familiari. Persino il piccolo di casa viene preso più in condiserazione di lui.

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Mazo de la Roche con la sua scrittura scorrevole e fortemente ironica racconta le vicende quotidiane dei Whiteoak, che potrebbero essere paragonate alle attuali soap opera. Tradimenti, litigi e soprattutto eredità: tutti elementi che condiscono la vita all’interno di Jalna, che altrimenti scivolerebbe via senza lasciar segni.

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Per il lettore è veramente impossibile interrompere la lettura del libro. Tra dialoghi, litigi e colpi di scena si ha sempre la voglia di andare avanti e di scoprire quello che accadrà. Aver incentrato buona parte del romanzo su Finch, ha dato a Mazo de la Roche la possibilità di mostrare al lettore la sua abilità di grandissima narratrice. Finch è molto diverso dagli altri, che potrebbero sembrare un po’ stereotipati. La scrittrice contrapponendo il giovane Whiteoak al resto della famiglia e con la sua ottima abilità ha portato il lettore ancora più dentro la storia.

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Con “Il gioco della vita” Mazo de la Roche è riuscita in un’impresa non facile: quella di superare la bellezza del primo libro. Se con “Jalna” il lettore entra in punta di piedi nel racconto, qui ormai ne viene travolto dalla prima pagina e anche lui diventa prigioniero della magione. Tra le saghe familiari questa di Mazo de la Roche è sicuramente una delle più belle e suggestive.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“QUANTO MANCA PER BABILONIA?” DI JENNIFER JOHNSTON LEGGI LA RECENSIONE

“Quanto manca per Babilonia” di Jennifer Johnston leggi la recensione

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“Quanto manca per Babilonia” di Jennifer Johnston leggi la recensione

Titolo: Quanto manca per Babilonia?
Autore: Jennifer Johnston
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 198
Prezzo: Euro 18
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Alec, figlio unico ed erede di una ricca e nobile famiglia irlandese, trascorre la sua infanzia sotto l’ala protettiva dei genitori e del precettore, lontano dalle tribolazioni e dalle inquietudini della vita. Presto stringerà amicizia con Jerry, un ragazzo di umili origini con il quale, oltre a condividere la passione per i cavalli e per la natura, comincerà a scoprire le piccole gioie legate alle cose semplici dell’esistenza. La madre di Alec, donna fredda, snob e calcolatrice, si oppone a questa amicizia.

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E spinge il figlio ad arruolarsi nell’esercito britannico per combattere per il proprio re e la propria nazione. Siamo nel 1914 e la prima guerra mondiale sta per scoppiare. Jerry si è già arruolato, ma per imparare l’arte della guerra e metterla al servizio della causa nazionalista irlandese. Il caso vuole che i due si ritrovino nello stesso reggimento, e insieme, questa volta, faranno esperienza degli orrori del conflitto sui campi di battaglia nelle Fiandre. Ma ancora una volta sarà la loro classe sociale a dividerli.

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In “Quanto manca per Babilonia?” Jennifer Johnston racconta la profonda amicizia tra Alec e Jerry, due giovani, che va oltre le regole sociali e supera anche gli orrori della guerra. L’incontro tra i due giovani è un momento unico per Alec, che passa le sue giornate da solo, ma grazie a Jerry scopre cosa è veramente l’amicizia. Purtroppo si fa sempre più vicina la Prima Guerra Mondiale, che segnerà irreparabilmente le loro vite.

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Pur nella sua brevità è un romanzo intensissimo, carico di brutture e ipocrisie sociali, che Alec non risparmia al lettore. Il protagonista non edulcora nulla, gli unici momenti veramente belli e toccanti sono gli incontri con il suo caro amico Jerry. Le loro differenti estrazioni sociali gli crerano veramente tanti problemi, ma la loro amicizia va oltre.

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La Jonhston, pur raccontando la crudeltà della guerra e del mondo che circonda i due ragazzi, riesce a far capire al lettore quanto sia unico il loro rapporto. E’ un’amicizia pura, forte ma estremamente delicata e proprio questa delicatezza tocca in modo indelebile il cuore di chi legge.

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Non è il classico romanzo di formazione, va oltre e lascia tutto lo spazio a questa storia toccante e struggente. In ogni pagina il lettore ha sempre più la consapevolezza che non vi sia nessuna possibilità di un lieto fine e si lascia travolgere dagli eventi, proprio come i due giovani.

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Pur essendo un romanzo del 1974 è drammaticamente attuale e lascia moltissimi spunti di riflessione: sulla guerra e sulla vita di tutti giorni. Ma sicuramente nel cuore di ogni lettore ci sarà sempre uno spazio per la bellissima e struggente amicizia tra Alec e Jerry.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“EREDITA'” DI VIGDIS HJORTH LEGGI LA RECENSIONE

“Eredità” di Vigdis Hjorth leggi la recensione

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“Eredità” di Vigdis Hjorth leggi la recensione

Titolo: Eredità
Autore: Vigdis Hjorth
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 374
Prezzo: Euro 18,50
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Quattro fratelli. Due case a picco sul Mare del Nord. Un dramma familiare sepolto nel silenzio da decenni. Tutto comincia con un testamento. Al momento di spartire l’eredità fra i quattro figli, una coppia di anziani decide di lasciare le due case al mare alle due figlie minori. Mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. Se Bård vive questo gesto come un’ultima ingiustizia, Bergljot aveva già messo una croce sull’idea di una possibile eredità, avendo troncato i rapporti con la famiglia ventitré anni prima.

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Cosa spinge una donna a una scelta così crudele? Bård e Bergljot non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. Bård e Bergljot condividono il più doloroso dei segreti. Il confronto attorno alla divisione dell’eredità sarà l’occasione per rompere il silenzio, per raccontare la storia che i familiari per anni hanno rifiutato di sentire. Per dividere con loro l’eredità – o il fardello – che hanno ricevuto dalla famiglia. Per dire l’indicibile.

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In “Eredità” Vigdis Hjorth racconta le vicende e i litigi di una famiglia per l’eredità. E letto così potrebbe sembrare un già visto, ma la differenza è proprio che l’eredità è solo il pretesto per raccontare quello che sta più a cuore alla scrittrice. I vari drammi familiari più o meno sopiti che hanno portato all’allontanamento di due dei quattro figli.

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Bergljot racconta quello che prova e quello che ha subito e subisce ogni volta che pensa o affronta la famiglia. L’allontanamento è stata la sua salvezza, ma in un certo senso è flebile, perchè la sua famiglia e i vari problemi non risolti sono sempre lì ad assillarla a non farla dormire.

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Tutto quello che affligge la protagonista e quello che è accaduto il lettore lo viene a scoprire piano piano nel corso del racconto. E’ un continuo salto tra il passato e il presente, tra ciò che è accaduto e tutte le scelte che ne sono scaturite. La morte del padre per Bergljot è si un trauma, ma allo stesso tempo è l’input che le mancava per cercare di farsi valere e parlare.

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Il lettore difficilmente riesce a staccarsi dal libro, perchè il racconto, pur se a tratti più lento, è un vero fiume in piena. Tra ricordi, sensazioni e mail di fuoco. Tutto il racconto è intriso di risentimento e rabbia, anche se messo tutto a tacere. Infatti il vero motivo che ha portato all’allotanamento sia di Bergljot che del fratello viene rivelato solo alla fine.

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Vigdis Hjorth ha uno stile di scrittura asciutto e senza fronzoli, ma anche molto spietato: nulla viene edulcorato. Il lettore si ritrova coinvolto in prima persona e, pur non avendo vissuto tutti i drammi di Bergljot, riesce a trovare qualche punto d’incontro. E’ un bel libro che da molti spunti di riflessione e lascia qualche turbamento.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“PRESUNTO COLPEVOLE” DI MARCELLO SORGI LEGGI LA RECENSIONE

“Presunto colpevole” di Marcello Sorgi leggi la recensione

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“Presunto colpevole” di Marcello Sorgi leggi la recensione

Titolo: Presunto colpevole
Autore: Marcello Sorgi
Genere: saggistica
Editore: Einaudi Editore
Pagine: 128
Prezzo: Euro 13
Prezzo E-book: 7,99

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Sinossi: Perché alla fine del 1999 non fu possibile costruire un corridoio umanitario per far rientrare in Italia da Hammamet Bettino Craxi, gravemente malato. E farlo operare e curare in un centro specializzato senza che fosse arrestato. “La mia libertà equivale alla mia vita”, dirà fino all’estremo il leader socialista. Per spiegare il rifiuto di accettare il carcere e la decisione di restare in Tunisia, dove muore il 19 gennaio 2000.

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Nel resoconto della trattativa, oltre ai familiari del leader socialista si affacciano il governo, il Quirinale, il Vaticano, l’America e la Cia. Senza scordare i magistrati di Mani pulite e i socialisti dispersi dall’inchiesta su Tangentopoli. Il caso Craxi rappresenta l’ultimo scorcio del Novecento italiano. Sospeso tra la caduta del Muro di Berlino, il crollo della Prima Repubblica e l’alba dei poteri forti che s’impongono all’inizio del nuovo secolo. “La morte di Craxi conclude gli anni Novanta e consegna alla storia del Novecento il principio del primato della politica, mettendoci una bella pietra sopra”.

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A distanza di vent’anni dalla morte, Marcello Sorgi tenta di ricostruire la vicenda umana di Bettino Craxi, soprattutto negli ultimi giorni precedenti il decesso. Il giornalista prova a chiedersi perché non fu possibile costruire un corridoio umano per farlo rientrare in Italia da Hammamet. Circostanza sospetta, perché, oltretutto, era gravemente malato. Quella del cronista de ‘La Stampa’ è una ricostruzione minuziosa e dettagliata di quella trattativa fallita. Una trattativa che non ha coinvolto solo le alte sfere delle nostre istituzioni, ma anche la Chiesa, seppur inutilmente.

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Marcello Sorgi si conferma, semmai ce ne fosse bisogno, un attento osservatore di eventi, ma soprattutto capace di grande empatia, quando dalla dimensione pubblica si passa a quella privata. Nel raccontare il dramma vissuto dalla famiglia di Craxi, lo scrittore non manca di far trasudare dalle pagine l’affetto di chi è entrato in punta di piedi nella vicenda, ma non ne è rimasto estraneo. “Presunto colpevole” è un libro breve ma denso di eventi e di significati. I processi, le carte, le strategie e le trattative sono solo uno sfondo, per quanto fondamentale per la comprensione dei fatti. Ciò che interessa a Sorgi, in effetti, è raccontare l’uomo oltre il politico. Un uomo che, a suo dire, è stato lasciato solo a morire quando poteva, con un minimo sforzo di compromesso, essere salvato.

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“Presunto colpevole” è una testimonianza di cronaca che, però, non si può definire imparziale. Sorgi prova a rimanere esterno ai fatti ma, nei meandri del racconto, perde la strada dell’oggettività e non manca di dire la sua che, seppur basata, sostanzialmente, sui fatti si presta ad essere confutata. Dunque, quest’opera rimane un saggio utile per approfondire un pezzo importante di storia recente, che non mancherà di far storcere il naso a chi di Craxi, nonostante il tanto tempo passato, proprio non riesce ad essere un fan.

Francesco G. Balzano
(account Instagram: lamantino_della_lettura)

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“IL CAPOFAMIGLIA” DI IVY COMPTON-BURNETT LEGGI LA RECENSIONE

“Il capofamiglia” di Ivy Compton-Burnett leggi la recensione

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Titolo: Il capofamiglia
Autore: Ivy Compton-Burnett
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 348
Prezzo: Euro 19
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovonoi membri della sua famiglia. La moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra. E infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare.

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Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti. Sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali. Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena. Strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.

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“Il capofamiglia” è un romanzo di Ivy Compton-Burnett incentrato sui drammi familiari e sulle dinamiche e i ruoli all’interno di una famiglia. Ogni singolo personaggio ha una sua importanza e ognuno è fondamentale per la storia. Un ruolo importante è lasciato anche alla casa degli Edgeworth: è qui che tutto accade, sia di positivo che di tremendamente grave.

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L’approccio per il lettore non è dei più semplici, perchè la scrittrice ha uno stile molto particolare: poco descrittivo e tutto incentrato sui dialoghi. Infatti, è un continuo botta e risposta e il lettore per non perdere il filo del discorso deve avere una concentrazione molto alta.

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Ogni singolo personaggio viene descritto solo grazie ai dialoghi, tanto che sul loro aspetto si sa veramente poco. All’autrice interessa più far conoscere le idee e il modo di porsi con il mondo esterno dei singoli personaggi. E il lettore è sempre presente, quasi fino a diventare uno dei personaggi che assistono alle vicende.

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Una caratteristica de “Il capofamiglia” è che tutto quello che provocherà un cambiamento, un’azione accade fuori dal racconto. Il lettore ne viene a conoscenza solo grazie alle ‘chiacchiere’ dei personaggi, che riescono a descrivere e a chiarire ogni dubbio, ed assiste al cambiamento e all’evolversi della storia.

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Ivy Compton-Burnett è una delle autrici più importanti del 900 inglese e ne “Il capofamiglia” racchiude tutto il suo stile. Una scrittura molto sagace e complessa. Ma dopo le iniziali difficoltà è impossibile interrompere la lettura: la voracità della storia rapisce anche il lettore.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“VITE APOCRIFE DI FRANCESCO D’ASSISI” DI MASSIMILIANO FELLI LEGGI LA RECENSIONE

“Vite apocrife di Francesco d’Assisi” di Massimiliano Felli leggi la recensione

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“Vite apocrife di Francesco d’Assisi” di Massimiliano Felli leggi la recensione

Titolo: Vite apocrife di Francesco d’Assisi
Autore: Massimiliano Felli
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 372
Prezzo: Euro 17
Prezzo E-book: 7,99

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Trama: 1266: quarant’anni dopo la morte del «Poverello d’Assisi», l’Ordine francescano è lacerato dalle divisioni interne. Bonaventura da Bagnoregio, in qualità di ministro generale dell’Ordine, ha completato da poco una nuova biografia di san Francesco. Durante il Capitolo di Parigi, si decide che la sua opera – che passerà alla storia come Legenda Maior – dovrà essere la versione ufficiale. Per questo motivo, lo stesso Bonaventura intima di distruggere tutti i documenti esistenti sulla vita di Francesco e di cercare frate Leone. 

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Incaricato della missione è il giovane amanuense fra’ Deodato, segretario di Bonaventura, che tuttavia non ha il coraggio di distruggere i documenti e decide di trasgredire agli ordini dei suoi superiori. Un’avventura tra le strade d’Italia e tra polverosi manoscritti che si trasformerà in un pellegrinaggio impossibile alla ricerca del vero Francesco, dell’uomo che si cela all’ombra del Santo.

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“Vite apocrife di Francesco d’Assisi” racconta in una veste nuova la figura del Santo. Il lettore, seguendo Fra’ Deodato, ripercorre la vita di Francesco partendo proprio dalla sua giovinezza, quando ancora si chiamava Giovanni di Pietro di Bernardone. Ci troviamo di fronte ad un ragazzo dell’epoca, molto distante dalla figura del Santo. I racconti che scopriamo grazie a Fra’ Deodato sono estremamente interessanti e umani.

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La figura del Santo è veramente carismatica, in ogni pagina diventa sempre più forte e anche se non si parla direttamente di San Francesco è sempre presente e non abbandona mai il lettore. La stessa potenza la ritroviamo anche in Santa Chiara, che entra in punta di piedi nel racconto e nella vita di Francesco, eppure riesce travolge il lettore come un fiume in piena. La devozione di Santa Chiara riuscirebbe a mettere in difficoltà chiunque.

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Nel leggere il libro di Felli notiamo quanto lavoro ci sia dietro, uno studio molto accurato sia del contesto storico che della figura di San Francesco. Ma quello che il lettore percepisce è il profondo amore dello scrittore per il Santo. Infatti lo studio e la ricerca di fonti non è solo per puro nozionismo, ma proprio per cercare di cogliere il più possibile di questa figura così potente e umana.

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E’ un romanzo storico ma, anche se non tutti i racconti sono veritieri, la lettura è veramente piacevole grazie all’ottimo e curato stile di Massimiliano Felli. Il lettore, pagina dopo pagina, si ritrova catapultato nel mondo di San Francesco e se ne sente parte integrante. Gli amanti della storia, ricchissima, di San Francesco d’Assisi il libro di Felli trarranno ottimi spunti e una visione inedita della sua figura senza rimanerne delusi. Anzi, resteranno piacevolmente colpiti.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“HAP E LEONARD: UNA STAGIONE SELVAGGIA, MUCHO MOJO, IL MAMBO DEGLI ORSI” DI JOE R. LANSDALE LEGGI LA RECENSIONE

“New Grub Street” di George Gissing leggi la recensione

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“New Grub Street” di George Gissing leggi la recensione

Titolo: New Grub Street
Autore: Geoerge Gissing
Genere: narrativa
Editore: Fazi editore
Pagine: 574
Prezzo: Euro 20
Prezzo e-book: Euro 9,99

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Trama: Nella Londra di fine Ottocento, Edwin Reardon è uno scrittore di grande talento ma dallo scarso successo commerciale. Sebbene la continua incertezza economica e la povertà incipiente minaccino il suo matrimonio con Amy, è incapace di piegare la sua arte alle logiche del mercato e porterà avanti la sua coerenza fino alle estreme conseguenze.

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Al contrario, Jasper Milvain, giornalista rampante e giovane sfrontato, in cambio di ricchezza e affermazione sociale è disposto a tutto. Curerà sempre e solo le relazioni convenienti, scriverà ponendosi come obiettivo primario di ottenere fama e denaro. E romperà la promessa di matrimonio fatta a Marian Yule, figlia dello scrittore Alfred Yule e scrittrice a sua volta, preferendole un’altra donna che può portargli maggiore vantaggio.

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Con “New Grub Street” George Gissing ci porta nella Londra di di fine ‘800, concentrandosi principalmente sulla profonda crisi del mondo letterario classico. Infatti risale proprio a questi anni la nascita della cultura di massa e ovviamente anche la letteratura e le riviste culturali ne risentono profondamente. Se fino a quel momento tra i letterati e il popolo c’era un enorme divario culturale, con il passare del tempo ogni cosa diventa alla portata di tutti.

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E proprio questa richiesta di piacere ai più ha creato enormi difficoltà ai protagonisti del romanzo. Ogni letterato ha dovuto fare i conti con un nuovo modo di fare editoria e non tutti sono riusciti a mantenere il giusto passo. Uno di questi è Edwin Reardon, con alle spalle due libri di buon successo, ma il lettore lo conoscerà in piena crisi dello scrittore. Il suo personaggio è uno dei più tormentati e pagina dopo pagina si soffre insieme a lui, grazie alla perfetta scrittura di Gissing.

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Di tutt’altra pasta è l’altro protagonista: Jasper Milvain. Un giovane letterato che cerca solo ed esclusivamente il successo, anche calpestando i suoi ideali e scavalcando le amicizie e gli affetti. I due protagonisti sono proprio i due modi di vedere la letteratura: uno ha la visione classica e potente del grande romanzo corposo, l’altro la lettura veloce, camaleontica e molto di piaggeria, quasi finta.

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Chi avrà ragione? Purtroppo Milvain, uno dei protagonisti più antipatici e arrivisti raccontati in un romanzo. Una menzione, però, va fatta per uno dei tanti personaggi secondari del romanzo: Harold Biffen. La sua vicenda entra piano piano nel romanzo e ne esce con una potenza che difficilmente il lettore potrà dimenticare.

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Pur essendo un romanzo di piena epoca vittoriana la caratterizzazione che Gissing dà ai suoi personaggi femminili è molto particolareggiata e intensa. Non sono le classiche donne che si fanno travolgere o che svengono per ogni motivazione e aspettano di essere salvate. Ma anzi, sono loro stesse a cercare di trovarsi un posto nella società e di farsi un nome anche nel mondo della letteratura come nel caso di Marian. Veramente molto bello e ricco il suo personaggio: una donna di fine ‘800 che cerca di andare avanti in un mondo di difficoltà e di povertà.

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George Gissing con “New Grub Street” ha confermato di essere uno tra i migliori autori dell’età vittoriana. La sua scrittura molto ricercata, ma anche ricca di humor tipicamente inglese coinvolge subito il lettore e la lettura scorre molto velocemente pur essendo un romanzo molto corposo. Pur lasciando tutta la visibilità ai sui protagonisti, nel corso del racconto non mancano dei piccoli vezzi che fanno entrare di prepotenza nella vicenda anche lo stesso Gissing. “New Grub Street” è un ottimo romanzo che sarà molto apprezzato dagli amanti del genere, ma sarà anche un ottimo inizio per chi vuole avvicinarsi alla letteratura inglese di fine ‘800.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“LA RAGAZZA CON LA MACCHINA DA SCRIVERE” DI DESY ICARDI LEGGI LA RECENSIONE

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