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“Loki” scheda e recensione della serie tv Disney Plus

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“Loki” scheda e recensione della serie tv Disney Plus

“Loki” scheda e recensione della serie tv Disney Plus

Disponibile su: Disney Plus

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Genere: Fantascienza
Anno: 2021
Ideatore: Michael Waldron
Cast: Tom Hiddleston, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku, Eugene Cordero, Tara Strong, Owen Wilson, Sophia Di Martino, Sasha Lane, Jack Veal
Paese: USA
Durata: 50 minuti (per episodio)
Produzione: Marvel Studios
Voto (media ponderata): ♥♥♥♥ (su 5)

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La trama

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Loki è una serie tv di Disney+ incentrata sull’omonimo personaggio della Marvel, interpretato già nel Marvel Cinematic Universe da Tom Hiddleston. Scritto da Michael Waldron (Rick and Morty), il crime thriller prende le mosse dalla conclusione di Avengers: Endgame. Mostrando dove sia finito Loki dopo aver rubato a Tony Stark e Scott Lang la Gemma dello Spazio, nella sequenza sul viaggio nel tempo del film.

Mentre i restanti Vendicatori lo credono morto come i tanti altri innocenti le cui vite sono state bruscamente interrotte dallo schiocco di dita di Thanos, Loki si è creato una nuova timeline. E una realtà diversa in cui prosperare, piegare i più deboli al suo volere e agire indisturbato. Custodendo gelosamente la gemma, il Dio dell’Inganno decide di viaggiare nel tempo.

Con l’obiettivo di diventare l’improbabile “influencer” di alcuni tra gli eventi più significativi della storia del mondo. Questo almeno fino a quando qualcuno non lo scopre e non si mette sulle sue tracce determinato a fermarlo. Mentre, nella fuga e nei numerosi spostamenti tra un’epoca e l’altra, Loki comincia a mostrare involontariamente i suoi lati più umani. Rendendo sempre più labile il suo conflitto interiore tra bene e male.

L’agenzia burocratica TVA (Time Variance Authority), un’organizzazione che si occupa di monitorare le varie linee temporali e il multiverso, gli offre due opzioni. Essere cancellato dall’esistenza oppure aiutarla a riparare le linee temporali che ha creato inavvertitamente. Loki si ritrova così a viaggiare ancora attraverso il tempo per rimediare ai suoi errori e fermare una pericolosa minaccia.

Nella serie recitano anche Owen Wilson (Zoolander 2) con il ruolo di Mobius M. Mobius, un analista della TVA. E Gugu Mbatha-Raw (The Morning Show) di Ravonna Lexus Renslayer, un giudice della stessa organizzazione. Si aggiungono Wunmi Mosaku (Lovecraft Country), Sophia Di Martino (Casuality), Richard E. Grant (Downton Abbey), Sasha Lane (Utopia), Erika Coleman. Ed Eugene Cordero (The Good Place).

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La recensione di Cinematographe.it

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Loki è una serie che si fa seguire con trasporto e curiosità. Tratto distintivo è la qualità visiva degli episodi, niente da invidiare ad un grosso film. I colori vivaci dello spazio introdotti da James Gunn con i primi Guardiani della Galassia trovano, ancora una volta, il modo di sorprenderci. A tal proposito l’inizio di For All time. Always. ci regala attimi suggestivi, e sulla stessa scia lo segue la creazione del multiverso.

Il viola apocalittico di Lamentis-1 è davvero suggestivo, come il marasma temporale del Vuoto. Visivamente impeccabile e, soprattutto, ben recitato, Loki è riuscito a conquistare la fiducia dei fan. Ogni pezzo inizia a formare un puzzle più grande, perché, come sappiamo, la Marvel/Disney pensa in grande. Serie e film iniziano a mescolarsi, a gettare le fondamenta per il futuro.

Recensione di Riccardo Careddu. Voto: 4.1 (su 5)Leggi la recensione completa

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“Loki” scheda e recensione della serie tv Disney Plus – La recensione di Serial.EveryEye.it

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Pur con qualche piccolo difetto strutturale nel suo segmento centrale, Loki è la serie più coraggiosa e peculiare finora proposta dai Marvel Studios. Fa della scrittura il suo punto forte. Evolve coerentemente i suoi protagonisti e riesce laddove WandaVision e The Falcon and The Winter Soldier avevano in parte deluso le aspettative. Scuotere il Marvel Cinematic Universe con un finale in grado di osare e di alzare le aspettative per il futuro di tutto il MCU. Con un Tom Hiddleston incredibile, una Sophia De Martino sorprendente e un Owen Wilson in stato di grazia. L’avventura del Dio dell’Inganno a spasso nel Multiverso è soltanto all’inizio. Chissà quali altri saranno i suoi gloriosi propositi.

Recensione di Gabriele Laurino. Voto: 8.7 (su 10)Leggi la recensione completa

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La recensione di UniversalMovies.it

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La regia di Kate Herron è sembrata all’altezza delle aspettative. Mostrando ottime tecniche registiche, e spalle larghe per gestire e sviluppare, in collaborazione con lo showrunner Michael Waldron. Un prodotto così importante per il prosieguo dell’universo Marvel, e non solo televisivo. E’ in effetti un dato di fatto oramai che la cosiddetta “cantera” dei Marvel Studios negli ultimi anni ha sfornato solo registi di polso. Capaci di stupire una platea difficile come quella di Hollywood. A tal proposito, è facile immaginare che il nome di Kate Herron possa essere presto associato a quello di film e serie tv importanti. Anche al di fuori del contesto Marvel.

Esteticamente Loki asserve agli standard elevatissimi dei Marvel Studios. Nel farlo però si distinge da altri prodotti del franchise grazie ad una fotografia ricca di tonalità cupe. Scenografie in gran parte molto minimal, ed un uso degli effetti visivi assolutamente bilanciato. Non mancano i classici momenti epici targati Marvel Studios, ma senza dubbio qui servono solo da puro contorno. L’interesse è maggiormente concentrato sui contenuti più che sull’estetica.

Recensione di Frenck Coppola. Voto: 4.5 (su 5)Leggi la recensione completa

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“ATYPICAL 4” SCHEDA E RECENSIONE DELLA SERIE TV NETFLIX

“Atypical 4” scheda e recensione della serie tv Netflix

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“Atypical 4” scheda e recensione della serie tv Netflix

“Atypical 4” scheda e recensione della serie tv Netflix

Disponibile su: Netflix

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Genere: Commedia drammatica
Anno: 2021
Regia: Seth Gordon
Cast: Jennifer Jason Leigh, Keir Gilchrist, Brigette Lundy-Paine, Amy Okuda, Michael Rapaport
Paese: USA
Durata: 26-38 minuti (per episodio)
Produzione: Sony Pictures Television
Voto (media ponderata): ♥♥♥1/2 (su 5)

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La trama

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Atypical è una serie tv statunitense ideata da Robia Rashid per Netflix. Il dramedy segue le vicende di Sam Gardner (Keir Gilchrist, United States of Tara), un adolescente alla soglia dei diciotto anni affetto dalla sindrome dello spettro autistico, appassionato dell’Antartide e degli animali che lo popolano, che cerca disperatamente di togliersi l’etichetta che la società e le persone che lo circondano gli hanno affibbiato, quella di “anormale”.

Sam, a suo modo, cerca di avvicinarsi alle esperienze comuni per i ragazzi della sua età, quali l’amicizia, l’amore, il sesso e la ricerca di indipendenza mentre la serie indaga il concetto di normalità, mostrando, con ironia e semplicità, quanto sia sopravvalutata.
Ad aiutare Sam, sostenendolo nel suo percorso di crescita, ci sono la sua terapeuta Julia Sasaki (Amy Okuda, Le regole del delitto perfetto), una ragazza di 27 anni che ha scelto di intraprendere questa carriera a causa del fratello anch’esso affetto da sindrome autistica, e la sua famiglia.

Famiglia composta dalla madre Elsa (Jennifer Jason Leigh, Weeds), dal padre Doug (Michael Rapaport, Prison Break) e dalla sorella Casey (Brigette Lundy-Paine, Irrational Man). Il padre di Sam, nonostante sia un paramedico, non riesce ad avvicinarsi al figlio e ad affrontare il suo problema, rimanendo bloccato nel timore di sbagliare e sentendosi al contempo frustrato, inutile e colpevole per aver privilegiato il rapporto con la figlia Casey cresciuta come un maschiaccio per sopperire alle mancanze del fratello.

Casey è una sorella diligente e premurosa che nasconde però tutta la pesantezza della precoce responsabilità che le è stata data, ossia quella di vegliare costantemente sul fratello, cosa che le impedisce di esprimersi liberamente e realizzare i suoi sogni, nonostante nutra per il fratello un affetto profondo e sincero. Elsa è invece una madre iper-protettiva, costantemente ossessionata dal controllo del figlio e preoccupata di non riuscire ad aiutarlo.

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La recensione di MoviePlayer.it

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La chiusura del cerchio per Sam e compagni è in realtà l’inizio di un nuovo capitolo delle loro vite, e questo dà non solo grande speranza agli spettatori ma anche ampio respiro alla narrazione, non facendo sentire mai una sorta di conto alla rovescia da ultima stagione. Proprio come la vita, soprattutto quella contemporanea, non c’è nulla di tipico nella quotidianità, e questa serie lo celebra nel modo più sincero, onesto, delicato, totalizzante possibile.

Recensione di Federico Vascotto. Voto: 4 (su 5)Leggi la recensione completa

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“Atypical 4” scheda e recensione della serie tv Netflix – La recensione di LegaNerd.com

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Una sorpresa è il personaggio di Sid di Tal Anderson, che dà davvero il meglio di sé. Ogni episodio chiede ai suoi personaggi di imparare qualcosa su se stessi e sul mondo, cosa che inevitabilmente fanno, e la risoluzione è invariabilmente costruttiva. In quasi tutte le altre serie, troverei questo trucco narrativo insopportabile, ma in questa è piacevole e dolce, ma mai sdolcinato. La mancanza di cinismo della serie è rara e adorabile.

Come abbiamo appena menzionato però, non tutte le trame raggiungono note alte (perché Paige la avete ridotta a un misero stereotipo?), e c’è la netta sensazione, con il progredire della stagione, che Atypical stia per finire. La serie aveva davvero fatto il suo corso e detto ciò che doveva dire? La serie nella sua totalità è davvero inaspettata, e celebra la differenza, l’adattabilità e un approccio alla vita a cuore aperto sempre più rari da vedere. Nel mondo a volte stagnante delle sitcom di mezz’ora, è di per sé una boccata d’aria fresca.

Recensione di Laura Della Corte. Voto: 3.5 (su 5)Leggi la recensione completa

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https://www.youtube.com/watch?v=QWhwfmHeGBA

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“ANNETTE” SCHEDA E RECENSIONI DEL FILM

“Virgin River 3” scheda e recensione della serie tv Netflix

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“Virgin River 3” scheda e recensione della serie tv Netflix

“Virgin River 3” scheda e recensione della serie tv Netflix

Disponibile su: Netflix

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Genere: Drammatico, sentimentale
Anno: 2021
Ideatore: Sue Tenney
Cast: Alexandra Breckenridge, Martin Henderson, Tim Matheson, Annette O’Toole, Jenny Cooper, Lauren Hammersley, Colin Lawrence
Paese: USA
Durata: 41-48 minuti (per episodio)
Produzione: Netflix
Voto (media ponderata): ♥♥♥ (su 5)

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La trama

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Virgin River è un drama romantico scritto per Netflix da Sue Tenney (Settimo Cielo) basandosi sull’omonima serie di romanzi Virgin River di Robyn Carr. Alexandra Breckenridge (This Is Us) veste i panni di Melinda, un’infermiera che, per fuggire da un passato doloroso, decide di vendere casa e accettare un’offerta di lavoro in una cittadina sperduta nel verde, chiamata appunto Virgin River.

Una scelta molto coraggiosa, di cui inizia a dubitare quando, invece della splendida baita che pensava di aver affittato, si trova davanti una baracca malconcia, e il medico per cui dovrebbe lavorare, lo scontroso Vernon Mullins (Tim Matheson, West Wing), non la vuole nel suo studio. Ma, pur di non tornare al suo senso di colpa e al dramma che ha vissuto, Mel accetta tutto. Per fortuna, però, qualcosa di positivo sembra esserci a Virgin River.

Jack (Martin Henderson, Grey’s Anatomy), il barista della città ed ex comandante dei Marine, è un uomo molto affascinante che sembra piuttosto interessato a conoscerla meglio. Con il suo aiuto, a poco a poco, Mel riesce a crearsi un proprio spazio, a ricostruirsi una vita e soprattutto a far pace con se stessa.

Il resto del cast include Annette O’Toole (The Punisher) nei panni dell’esuberante sindaca Hope McCrea; David Cubbit (Medium) di Calvin, un ribelle che coltiva marijuana; Colin Lawrence (Riverdale) di John, il migliore amico di Jack; Daniel Gillies (The Vampire Diaries) di Mark, un medico di Los Angeles nonché primo amore della protagonista; e Jenny Cooper di Joey Barnes, la sorella e migliore amica di Mel.

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La recensione di MoviePlayer.it

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Pur passando del tempo piacevole in compagnia dei protagonisti della serie, diventati ormai come dei vecchi amici con cui intrattenerci e rilassarci, questi 10 episodi si prendono fin troppo tempo per sviluppare le storie dei personaggi. A causa di questo suo stato riflessivo e questa sua mancanza di autonomia narrativa, la stagione 3 può classificarsi più come un ponte per prepararci alla stagione 4, non riuscendo a dare giustizia al cliffhanger con cui era stata annunciata.

La chimica tra i protagonisti principali Mel e Jack rimane intatta e contribuisce a rendere comunque la stagione 3 degna di essere vista e in più c’è attenzione alla coralità, alla comunità di Virgin River e i suoi familiari personaggi. Neanche la new entry Brie ,sorella di Jack, con le sue avventure, riesce del tutto a rianimare le cose ma il cliffhanger a chiusura dell’ultimo episodio lascia la speranza che questa stagione riflessiva, sia solo propedeutica a farci amare la successiva.

Recensione di Chiara Nicoletti. Voto: 3 (su 5)Leggi la recensione completa

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“ANNETTE” SCHEDA E RECENSIONI DEL FILM

“The Falcon and the Winter Soldier” prima stagione la recensione

“The Falcon and the Winter Soldier” prima stagione la recensione

“The Falcon and the Winter Soldier” prima stagione la recensione

disponibile su Disney + 

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Regia: Kari Skogland
Cast: Sebastian Stan, Anthony Mackie, Wyatt Russell, Erin Kellyman, Georges St-Pierre, Adepero Oduye, Don Cheadle, Daniel Brühl, Emily VanCamp, Florence Kasumba, Julia Louis-Dreyfus
Genere: azione, supereroi, fantascienza, avventura, drammatico
Numero episodi: 6
Voto: ♥♥♥ 1/2 (su 5)

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“The Falcon and the Winter Soldier” prima stagione la recensione

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“The Falcon and the Winter Soldier” è una serie su due personaggi agli antipodi che, però, scoprono di avere vite con, inaspettatamente, molti punti in comune. Sam Wilson e Bucky Barnes, infatti, sono sono state le due amicizie più vere che Steve Rogers AKA Captain America ha avuto nel corso della sua vita. Per tutto il Marvel Cinematic Universe abbiamo pensato che i due si combattessero senza secondi fini. In realtà, però, lottavano soltanto per ottenere l’attenzione di Steve, quindi ha perfettamente senso che, alla fine, diventino amici.

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La serie si svolge con due storie speculari. La prima è quella di Bucky, che sta cercando di adattarsi ad una vita ‘normale’ dopo aver trascorso quella precedente in guerra. La seconda riguarda Sam, che cerca il suo posto nel mondo senza Captain America. Lo scudo lasciato da Steve Rogers ha bisogno di un nuovo proprietario, perché il mondo necessita ancora di protezione, ha ancora bisogno di eroi. La serie dipana abilmente e con umorismo questi due viaggi, mentre i protagonisti dalla testa calda imparano ad accettarsi a vicenda e a lavorare di squadra.

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Anche se Steve Rogers non c’è più, è sempre Captain America che diventa la forza trainante della collaborazione di questa coppia. Nel frattempo, il governo degli Stati Uniti ha bisogno di dare alla gente un simbolo a cui guardare. Così, reclutano un nuovo Captain America, ovvero l’eroe militare John Walker. Sam e Bucky non prendono bene il fatto di vedere qualcun altro tenere lo scudo di Steve. E si ritrovano a lavorare fuori dai confini della legge per fermare una nuova organizzazione terroristica chiamata The Flag Smasher. Questa avventura si svolge come un classico film Marvel, con somiglianze di tono a “Captain America: The Winter Soldier”. Il risultato è una serie divertente e ricca di azione.

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Il catalizzatore per gran parte della serie è il gruppo terroristico The Flagsmasher. Qualcuno, sottavalutandolo, sostiene si tratti di poco più di una distrazione per Sam e Bucky, che perseguono altre trame. In realtà, invece, è un buon gruppo di cattivi, che “The Falcon and the Winter Soldier” non esplora fino in fondo. La speranza, dunque, è che questa non sia l’ultima volta che li vedremo. Visto il budgert di produzione di 25 milioni di dollari per episodio, poi, non è sorprendente dire che questa serie offre un finale di assoluta qualità, degno di un’opera cinematografica. Ogni episodio ha un formato molto strutturato. In genere si parte con una sequenza d’apertura ricca d’azione, seguita da una storia e una narrazione prima di una battaglia culminante.

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Proprio come abbiamo visto nei film di Captain America e Avengers, “Falcon and the Winter Soldier” offre scene di combattimento ben coreografate ed eseguite. La coppia protagonista offre un grande mix di personalità e lavora bene in tandem durante le scene di combattimento. Falcon si mette in mostra con attacchi aerei acrobatici, mentre Bucky porta pura forza e aggressività alla lotta.

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Ottimo il cast di attori di ritorno con alcune interessanti new-entry. Alla sesta apparizione nei rispettivi ruoli, i fan della Marvel sanno esattamente cosa aspettarsi dai personaggi interpretati da Anthony Mackie e Sebastian Stan. Il primo è un Falcon spavaldo ed estremamente sicuro di sé, mentre Stan offre una personalità più stoica e cupa al suo Soldato d’Inverno. Il vero colpo a sopresa di questa serie, comunque, è il ritorno di Daniel Bruhl nei panni del Barone Zemo. Arriva con una sicurezza come mai prima d’ora e offre il suo fascino diabolico conquistando il pubblico nel ruolo del cattivo. Netta la somiglianza col Loki dei film di Thor e Avengers.

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Male, invece, il nuovo Capitan America John Walker, interpretato da Wyatt Russell. Il suo personaggio, infatti, non convince sin dall’inizio e riesce anche a peggiorare la situazione a causa di alcuni cambiamenti di tono nella sua personalità. Tra gli altri membri del cast, poi, ci sono i Flag Smasher, interpretati da Erin Kellyman, Desmond Chiam, Dani Deette, Noah Mills, Rennes Rivera. Impossibile, infine, non citare il ritorno di Emily Vancamp come Sharon Carter, che ha un ruolo breve ma importante.

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“The Falcon and the Winter Soldier” è un classico show della Marvel che, però, migliora di episodio in episodio. Sì, è vero, segue un formato molto simile alla maggior parte dei film Marvel, ma quando il compito è svolto bene come in questo caso, l’originalità non è poi così importante. L’azione è una coreografia di alto livello e la chimica tra Sam e Bucky è talmente naturale da creare scene meravigliosamente toccanti, alternate ad altre da risate a crepapelle. La ciliegina sulla torta è il finale, che è il più perfetto che si possa avere. E’ potente, politico, rilevante, emotivo. E conclude questa serie mentre crea infinite possibilità per il futuro.

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“PETRA” PRIMA STAGIONE LA RECENSIONE

“Petra” prima stagione la recensione

“Petra” prima stagione la recensione

“Petra” prima stagione la recensione

disponibile su nowtv.it

Regia: Maria Sole Tognazzi
Cast: Paola Cortellesi, Andrea Pennacchi, Diego Ribon, Simone Liberati, Riccardo Lombardo, Antonio Zavattieri, Nicoletta Robello, Fabio Morici, Cristina Pasino
Genere: Miniserie Tv, Poliziesco
Numero episodi: 4
Voto: ♥♥♥ (su 5)

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“Petra” prima stagione la recensione

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Petra Delicato (Paola Cortellesi) è una donna con due matrimoni alle spalle, entrambi falliti, dopo i quali ha deciso di essere stufa del romanticismo. I contatti interpersonali, in generale, non hanno mai avuto grande importanza per lei. Vuole soltanto stare alla larga dalle altre persone, ed è per questo che le piace il suo lavoro negli archivi della polizia. Almeno lì trova la sua pace. Tutto cambia quando, dopo un turno di notte, l’ex avvocato deve interrogare una giovane vittima di stupro. Questo insieme al molto più affidabile poliziotto Antonio Monte (Andrea Pennacchi), col quale si ritrova addirittura a seguire tutte le indagini. E non sarà l’unico caso che l’improbabile duo dovrà risolvere insieme.

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Anche se Alicia Giménez Bartlett ha pubblicato più di venti romanzi dal 1984 ad oggi, la scrittrice spagnola resta famosa per i suoi thriller polizieschi. Quelli con protagonista la poliziotta Petra Delicado, alle prese con casi molto difficili da risolvere. Dal 1996 si è occupata di moltissimi omicidi e il dodicesimo volume della serie, “Autobiografia di Petra Delicado”, è stato pubblicato soltanto lo scorso anno.

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Nel 1999, poi, è nata una serie tv basata sulle sue storie, composta da 13 episodi. Ma è stato molto tempo fa, ed è per questo che si è presa la decisione di provare a capitalizzare un po’ di più la popolarità acquisita con una seconda serie. Tuttavia, non si tratta di un sequel. Non solo il cast è cambiato del tutto, ma anche l’ambientazione si è spostata dalla Spagna all’Italia e il cognome, Delicado, è diventato Delicato.

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In “Petra”, poi, si ricomincia tutto da zero. Così, Petra non è già una poliziotta, ma scivola in questo compito per caso, a causa di una grave mancanza di personale. Questo, probabilmente, serve per giustificare il fatto che abbia idee alquanto singolari a proposito di legge e ordine. Nel primo episodio, ad esempio, riesce a scioccare Monte, ma anche il pubblico, quando umilia allegramente un sospettato durante l’interrogatorio, mostrando un’evidente inclinazione al sadismo.

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E durante tutta la serie fornisce abbastanza ragioni per far capire perché i suoi due matrimoni sono miseramente falliti. La diplomazia e la delicatezza non sono estattemente i suoi punti forti. Così come è chiaro che l’empatia non le interessa e la cooperazione significa semplicemente che gli altri fanno quello che lei ordina.

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In generale, la protagonista sembra un personaggio un po’ troppo artificioso e forzato. In fin dei conti, lo spunto migliore di questa serie lo offre proprio la purezza del rapporto tra Delicato e Monte. Un buon motivo per vedere la serie, senz’altro, ma rimane più di qualche perplessità sul personaggio che dà il titolo alla serie, troppo arrogante ed invadente per creare una vera empatia col pubblico. Non si può nemmeno dire che la sua scarsa attitudine alla socialità sia compensata dalla sua genialità, anzi. Sappiamo che, in passato, Petra è stata un avvocato di successo solo perché ci viene detto, non perché si evincano i motivi dalla serie.

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I casi, poi, oscillano tra il banale ed il bizzarro, Dopo l’episodio iniziale su uno stupratore , “Giorno da cani” si concentra, appunto, sul traffico di cani, in “Messaggeri dell’oscurità” le viene spedito un membro mozzato e, infine, in “Morti di carta” è alle prese con un enorme ricatto. Dunque, la gamma di temi affrontata è ampia e apprezzabile, così come il lavoro investigativo classico svolto dal duo di protagonisti. Mentre molte serie poliziesche in voga oggi hanno un po’ perso l’aspetto criminologico per concentrarsi su cose completamente diverse, “Petra” è senz’altro da consigliare agli appassionati del noir vecchio stile.

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Nonostante, però, i colpi di scena non manchino, a risultare deficiatria è l’attinenza con la realtà, cioè quella mancanza di verosimiglianza che rende impossibile il tentativo degli spettatori di risolvere il caso da soli. Nell’offerta di genere pesantemente sovraffollata, dunque, questa serie risulta un po’ carente di buoni motivi per farsi preferire alle altre, anche se rimane, comunque, un buon titolo.

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“SOUND OF METAL” LA RECENSIONE DEL FILM

“WandaVision” prima stagione la recensione

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“WandaVision” prima stagione la recensione

“WandaVision” prima stagione la recensione

disponibile su Disney+

Regia: Matt Shakman
Cast: Elizabeth Olsen, Paul Bettany,Debra Jo Rupp, Fred Melamed, Kathryn Hahn, Teyonah Parris, Randall Park, Kat Dennings, Evan Peters
Genere: Serie Tv drammatico, sentimentale, sitcom, supereroi
Numero episodi: 9
Voto: ♥♥♥ (su 5)

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“WandaVision” prima stagione la recensione

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La prima miniserie Marvel, “Wandavision”, porta il duo del titolo in un’utopia televisiva che emula minuziosamente l’estetica delle sitcom più in voga negli Stati Uniti degli anni ’50 e ’60. Titoli come “The Dick Van Dyke Show” e “Vita da strega”. Qui, però, si chiede agli spettatori una pazienza maggiore nell’attendere gli sviluppi della trama. Una pazienza spesso messa a dura prova, visto che il sistema di rilascio settimanale dello show ha portato ad accese discussioni sul web ad ogni nuovo episodio. Generando ogni sorta di teorie e speculazioni tra i fan, fino all’attesissimo finale.

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Con il nono e ultimo episodio, le risposte sono abbondantemente arrivate. La risoluzione, però, ha lasciato insoddisfatti molti fan del Marvel Cinematic Universe. In particolar modo, quelli che speravano in un intervento del Doctor Starnge di Benedict Cumberbatch, o nel debutto nel MCU dei personaggi degli “X-Men” e dei “Fantastici Quattro”. “WandaVision” si è conclusa con un finale che (forse) è poco onesto con il suo pubblico, ma è fedele a sé stesso.

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Vista l’opportunità di vedere la serie nella sua interezza, è facile notare i molti modi in cui lo show funziona. E funziona sia come ultimo capitolo di una saga espansiva e multimiliardaria, sia come racconto più introspettivo con una posta in gioco più piccola. Certo, “più piccola” è relativo quando si parla di una serie incentrata su un fenomeno soprannaturale che travolge una città nel New Jersey. Bisogna, tuttavia, essere sinceri. La premessa di “WandaVision”, al cinema, non avrebbe funzionato, perché sul grande schermo il pubblico si aspetta più di un’esplosione ogni ora. Però la serie si adatta perfettamente al formato seriale offerto da Disney+.

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Ma torniamo ai personaggi di Visione e Wanda, interpretati da Paul Bettany ed Elizabeth Olsen. I loro misteri iniziali (“Perché tutto sembra una TV vecchio stile?” “Come fa Visione ad essere viva?”) lasciano il posto a meditazioni sull’amore e la morte, creando così un miscuglio pirotecnico di temi da affrontare. E proprio lo sviluppo di queste questioni così profonde, mettono in evidenza sia la ricchezza della storia scritta da Jac Shaeffer, sia la bravura degli attori protagonisti nell’abitare i loro personaggi.

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Nel finale, quando Visione capisce di essere un costrutto della magia di Wanda e chiede chi sia, lei offre una risposta straziante: “Tu, Visione, sei il pezzo della Gemma della Mente che vive in me. Sei un corpo di fili, sangue e ossa che ho creato. Sei la mia tristezza e la mia speranza. Ma soprattutto, sei il mio amore”. Momenti come questo e molti altri dimostrano la chimica gioiosa della coppia e ci fanno amare ogni loro interazione. Sapendo, come disse Visione in “Avengers: Age of Ultron”. che “una cosa cosa non è bella perché dura nel tempo”.

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Mentre l’episodio finale manca del momento che ti fa sussultare sulla poltrona come, invece, avviene in “The Mandalorian”, dobbiamo dire che il viaggio, nella sua interezza, vale la pena di essere vissuto. E, come “The Mandalorian” fece per “Star Wars”, così anche “WandaVision” dimostra come una saga dal budget spropositato possa prosperare anche sul piccolo schermo senza perdere nessuno dei tratti tipici dei blockbuster associati al suo marchio.

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Alla fine del nono episodio, Wanda elimina la grande cattiva Agatha Harkness (Kathryn Hahn) e assume il titolo di ‘Scarlet Witch’, che ebbe a lungo nei fumetti. Ma le domande che circondano l’improbabile resurrezione di Visione sono sia risolte che lasciate aperte con l’arrivo (e la scomparsa) di Visione Bianco. E sembra anche che sia in arrivo un supplemento di narrazione attorno al potentissimo personaggio di Monica Rambeau (Teyonah Parris).

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Nel frattempo, il casting dell’attore Evan Peters come Pietro, il fratello di Wanda, ha avuto meno importanza di quello che molti spettatori ipotizzavano dopo la sua prima entrata in scena, alla fine del quinto episodio. La sua apparizione, in realtà, è stata un cenno divertente al suo ruolo nel film della Fox “X-Men”, ma è stato solo questo. Un abile depistaggio da parte dei creatori, non un primo passo sperato per includere i film Marvel non MCU nel canone. Questo, ovviamente, non vuol dire che non possa accadere in futuro. Ma, al momento, è da catalogare tra le stuzzicanti prese in giro tipiche della Marvel, vedi alla voce ‘Easter eggs’.

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Nessuna di queste questioni in sospeso, comunque, sminuisce il valore di “WandaVision”, che rimane un buon esempio di matrimonio tra spettacolo ed emozione, che fa onore sia al suo formato che al suo franchise. Mentre la fantasia della sitcom può essere finita, lo stesso non può dirsi per la sottotrama che è stata rivelata. La palla ora passa alla prossima fase degli eroi dei Marvel Studios, quella proseguita con l’altra serie Disney+, attualmente in onda, “The Falcon and the Winter Soldier”.

Francesco G. Balzano

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“VOLEVO NASCONDERMI” LA RECENSIONE DEL FILM

“Dark serie tv” recensione

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“Dark serie tv” recensione

“Dark serie tv” recensione

disponibile su Netflix

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Regia: Baran bo Odar
Cast: Louis Hofmann, Maja Schöne, Lisa Vicari, Jördis Triebel, Oliver Masucci, Andreas Pietschmann, Karoline Eichhorn, Mark Waschke, Gina Alice Stiebitz, Moritz Jahn, Paul Lux
Genere: Serie Tv, Drammatico, Thriller, Fantascienza, Giallo
Stagioni: 3
Numero episodi: 26
Voto: ♥♥ 1/2 (su 5)

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La trama

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Winden, 2019. La scomparsa di due bambini in una città tedesca e le conseguenti ricerche porteranno alla luce misteri e oscuri segreti che questa piccola cittadina nasconde. Rivelando i rapporti e il passato di quattro famiglie che vi abitano e attorno alle quali ruotano le vicende: i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler ed i Tiedemann. Nella misteriosa cittadina di Winden dopo la scomparsa di un ragazzo, la polizia esegue le indagini riguardanti la sparizione, fino a quando non accadono strani fenomeni. Come la strana morte di numerosi uccelli, impulsi elettrici che fanno sobbalzare la corrente nella cittadina. E molti abitanti di lunga data si ricordano come 33 anni prima successe la stessa cosa alla famiglia Nielsen. Quando Mads Nielsen scomparve misteriosamente a soli 13 anni, senza lasciare tracce.

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Prima stagione

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Considerata, da molti, una delle migliori serie mistery degli ultimi tempi, Dark è sicuramente il punto di riferimento per quasi tutte le uscite recenti dello stesso genere. La prima stagione è senz’altro apprezzabile, anche se la sensazione è che si tenda a complicare la trama in maniera forzata. E’, infatti, molto difficile da seguire, non tanto per i colpi di scena, quanto per la miriade di nomi e parentele da ricordare. Al netto dei non pochi difetti, comunque, la stagione d’esordio di “Dark” rimane interessante, con una regia centrata e, soprattutto, con una chiara idea di cosa si vuole rappresentare e come lo si vuole mettere in scena. E’ un raro caso di prodotto europeo (tedesco, per la precisione) con taglio internazionale.

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La sceneggiatura è di buon livello, ma tutt’altro che impeccabile. Peraltro, non è nemmeno originalissima, in quanto sono evidenti i tanti spunti presi qua e là da “Lost” e “Twin Peaks”. Manca, poi, totalmente la capacità di far empatizzare il pubblico con i personaggi, tra l’altro alcuni davvero insopportabili (vedi Ulrich e Hannah). Ci sono poi dei protagonisti poco o per niente utili alla trama come la coppia formata da Magnus e Franziska. Fastidiosi, inoltre, i continui risvegli di soprassalto di Jonas, così come gli incomprensibili sermoni dell’orologiaio e i ridondanti “tic-tac” pronunciati dall’Helge anziano, ormai in preda alla demenza senile. Ottimo doppiaggio e colonna sonora.

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“Dark serie tv” recensione: seconda stagione

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Anche nella seconda stagione ritorna il più grosso difetto della serie Dark. Ovvero che per stupire lo spettatore non può puntare sui colpi di scena. Chi ha un minimo di esperienza nella visione di prodotti simili, infatti, non potrà non notare che (quasi) tutte le svolte date alla trama sono piuttosto prevedibili. Ecco che, quindi, l’unico vero asso nella manica degli autori per spiazzare è e rimane la miriade di confusissimi gradi di parentela tra i protagonisti. In questa seconda stagione di “Dark”, poi, i personaggi sono piatti come marionette e non hanno alcun tipo di sviluppo. Ciò è giustificato dalla teoria proposta per cui gli uomini non sono altro che pedine con cui il destino, già scritto, si diverte a giocare.

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Però è altrettanto vero che questa scelta, col passare degli episodi, rende sempre meno attrattiva la serie. Deludente e poco originale pure lo scenario futuro post apocalittico che viene introdotto. Sostanzialmente, infatti, viene reso come un desolato quartiere periferico di una città a caso, in cui compaiono pochi personaggi (solo quelli fondamentali) e qualche comparsa buttata lì. Perché, sì, un altro difetto di “Dark” è quello di usare e gettare i suoi protagonisti senza dare troppe spiegazioni. Effetti visivi non sempre perfetti, ma il budget a disposizione non era esattamente altissimo.

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Terza stagione

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Giova ripetere che, al netto dei molti difetti, “Dark”, per i temi filosofici e scientifici posti e la messa in scena, rimane, tutto sommato, uno dei titoli migliori del catalogo Netflix. E’ impossibile, però, non notare che molte delle aggiunte che vengono fatte alla narrazione principale non convincono. E’ il caso, ad esempio, nella terza stagione, dei mondi alternativi. Proprio queste aggiunte, poi, avvenendo nell’ultima stagione, complicano ulteriormente una matassa già difficile da sbrogliare. Scelta poco azzeccata, perché una trama tanto intricata aveva bisogno del giusto tempo per essere spiegata tutta.

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Fatto sta che una storia che ha sempre fatto del mistero, dell’implicito, del detto e non detto, la sua cifra stilistica, proprio sul finale, quando vede che il tempo a disposizione sta per finire, diventa didascalica. Lo fa inserendo, nelle ultime tre puntate, delle spiegazioni fiume noiosissime. Chiaro segnale di enormi buchi nella sceneggiatura, sui quali si tenta disperatamente di mettere una pezza. Probabilmente, per non dire sicuramente, per esaurire al meglio tutte le interessanti tematiche affrontate, “Dark” avrebbe necessitato di una quarta stagione.

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Ma “Dark” è anche, se non soprattutto, una serie legata al simbolismo del numero 3. Perciò, anche solo pensare ad una quarta stagione sarebbe stato sacrilego. Un vero peccato, perché il finale offre spunti anche interessanti che, però, essendo disseminati qua e là senza troppa cura perdono molto della loro carica emotiva. Soprattutto perché, ripetiamo, tutti i protagonisti rimangono pedine senza spessore, alle quali è impossibile affezionarsi. E’ una scelta? Podarsi, ma all’atto conclusivo questa opzione fa pagare un dazio altissimo di penalità sul giudizio complessivo.

Francesco G. Balzano

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“CURON SERIE TV” LA RECENSIONE

“Curon” recensione serie

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“Curon” recensione serie

“Curon” recensione serie

disponibile su Netflix

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Regia: Fabio Mollo, Lyda Patitucci
Cast: Valeria Bilello, Luca Lionello, Federico Russo, Margherita Morchio, Anna Ferzetti, Alessandro Tedeschi, Juju Di Domenico, Giulio Brizzi, Max Malatesta, Luca Castellano
Genere: Serie Tv Thriller
Numero episodi: 7
Voto: ♥ (su 5)

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La trama

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L’idea da cui nasce la serie Curon è intrigante. Secondo una leggenda molto in voga in questo piccolo comune dell’Alto Adige, a pochi chilometri dal confine austriaco, è possibile ascoltare il suono delle campane dal campanile, appunto, che emerge dal lago di Resia. Questo, però, solo nelle giornate d’inverno, quelle più fredde e buie, però. Cosa c’è di strano, direte voi. Nulla, se tralasciamo il fatto che le campane sono state rimosse dal campanile 70 anni fa.

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Il nostro giudizio

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Capite bene, dunque, che da una trama tanto scarna quanto avvincente c’era da aspettarsi una serie horror coi fiocchi. Se non un capolavoro, almeno un qualcosa di piacevole per gli occhi. Come ciò non sia stato possibile lo sanno solo gli autori di questa ennesima serie flop made in Italy e targata Netflix. Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano (questi i loro nomi) hanno preso degli ottimi ingredienti per terrorizzare gli spettatori e li hanno trasformati in elementi buoni per uno “Scary Movie” in salsa tricolore.

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Più ci si addentra nei sette episodi che compongono la prima stagione di “Curon”, infatti, e più si ha l’impressione di trovarsi davanti ad una spassosa parodia del faro “Dark”. La serie vorrebbe approfondire molte tematiche, anche interessanti almeno sulla carta, ma lo fa con un pauroso dilettantismo indegno di un marchio come Netflix. La scrittura ha mille buchi e non solo non è credibile (è pur sempre un fantasy, d’accordo), ma si dimentica persino di fare i conti con la verosimiglianza, caratteristica richiesta a qualsiasi tipo di fiction.

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Le falle della sceneggiatura, poi, non vengono bilanciate da una recitazione all’altezza, anzi accade l’esatto contrario. Il cast, sia ‘adulto’ che ‘giovane’, non è adeguato alla situazione e contribuisce, con interpretazioni scialbe e assolutamente fuori registro, a dar vita a molte (troppe) scene cariche di comicità involontaria. In “Curon”, dunque, non funziona davvero nulla ed è un vero peccato, perché le premesse e le attese create nello spettatore dovevano essere ben altre. Doveva essere la risposta italiana a “Dark”, ma, ahimé, più che una risposta si è rivelata una battuta. Di pessimo gusto, per giunta.

Francesco G. Balzano

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“ODIO L’ESTATE” LA RECENSIONE DEL FILM

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