Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti, donne e diritti LGBTQ+ al centro del suo nuovo e atteso pontificato
Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti, donne e diritti LGBTQ+ sotto la lente del nuovo pontificato. È questo il punto di partenza da cui si snoda l’osservazione più attenta e, insieme, la speranza o il timore di molti fedeli e osservatori. Quando il cardinale protodiacono Dominique Mamberti ha pronunciato dal balcone della Basilica di San Pietro il nome di Robert Francis Prevost, il mondo ha immediatamente iniziato a domandarsi quale sarebbe stata la direzione del nuovo Papa. Una direzione, certo, influenzata dal lungo pontificato di Papa Francesco, ma non per questo destinata a replicarlo. Anzi, sono bastate poche ore per cogliere sfumature, segnali, discrepanze, indizi su un possibile cambio di rotta. Non una rottura, ma un’altra angolazione. La stessa dottrina, ma forse un’altra postura.
L’elezione di un Papa statunitense, agostiniano, missionario in Perù per vent’anni, già responsabile della Congregazione per i Vescovi, porta con sé un bagaglio di sensibilità e visione non ordinario. Leone XIV, nei suoi primi gesti e nelle sue prime parole, ha mostrato di voler proseguire la strada tracciata da Bergoglio, ma con un linguaggio proprio. Più strutturato, più interno alla gerarchia ecclesiastica, forse meno populista ma non meno aperto. Eppure, per quanto il pontefice appena eletto abbia parlato di continuità, i temi su cui si è pronunciato — dai migranti alle donne, fino ai diritti LGBTQ+ — fanno intravedere un’identità già distinta. Il confronto tra Leone XIV e Papa Francesco è inevitabile, non solo per gli osservatori vaticani, ma per una Chiesa che continua ad attraversare una delle sue stagioni più trasformative. E questo confronto parte proprio dallo stile.
Un modo di porsi che racconta già molto
Nell’affacciarsi al mondo dalla Loggia delle Benedizioni, Leone XIV è apparso commosso, teso, con il volto rigido, le mani tremanti, lo sguardo che cercava appigli tra il foglio e la folla. Nulla a che vedere con l’immediatezza spiazzante del “Fratelli e sorelle carissime, buonasera” pronunciato da Jorge Mario Bergoglio nel 2013. Eppure, anche in questo approccio c’era un messaggio. Il nuovo Papa ha voluto rivolgersi a Roma, prima ancora che al mondo, ponendo l’accento sulla dimensione locale, pastorale, reale. Ha voluto mostrare fragilità, non teatralità. E nel farlo ha ricordato l’immagine, tanto cara a Francesco, del pastore che porta addosso l’odore delle pecore. L’ha fatto non con slogan, ma con il tremore della voce e con la compostezza di chi porta una responsabilità più grande delle proprie forze.
Lo stile non è solo comunicazione, è visione del potere. In questo senso, Leone XIV si distanzia da Papa Francesco. Dove il primo ha cercato fin dal principio una sobrietà comunicativa fatta di gesti spiazzanti, rifiuto delle formalità e delle tradizioni curiali, il secondo mostra fin da subito un rispetto per i segni e per i simboli della tradizione liturgica. La mozzetta rossa, la stola con le chiavi di Pietro, la croce d’oro già usata da Benedetto XVI: tutti dettagli che raccontano il legame con la storia e con il ministero petrino in una forma più classica, più liturgica. Non è un ritorno al passato, ma una rilettura del presente con il linguaggio della continuità.
Il corpo parla quanto le parole
Anche la scelta dell’abito, delle scarpe nere, dell’appartamento apostolico (ancora in sospeso, ma oggetto di attente speculazioni), parla di un equilibrio tra novità e tradizione. Francesco aveva scelto di non vivere nel palazzo pontificio, spostando il centro del potere simbolico; Leone XIV potrebbe decidere diversamente, ristabilendo una presenza più forte nel cuore del Vaticano. Il gesto conterebbe non poco.
Eppure, quando si passa dalla forma alla sostanza, si torna sempre a parlare di ciò che oggi divide e interroga la coscienza cattolica: i grandi temi dell’umanità, dalla migrazione alla dignità delle persone, passando per l’identità e i diritti civili. Qui si misura davvero la portata di un pontificato.
Migranti, la continuità di un’urgenza evangelica
Nessun dubbio sul fatto che Leone XIV prosegua, e con convinzione, la linea aperta da Francesco sul tema dei migranti. È noto che, da cardinale, Prevost non abbia esitato a criticare con fermezza le politiche migratorie dell’amministrazione Trump, accusandole implicitamente di contraddire i principi evangelici. Sui social aveva condiviso articoli critici, aveva citato con approvazione le parole di Francesco, aveva mostrato disagio di fronte all’uso selettivo del concetto di amore cristiano per giustificare espulsioni e rifiuti. Una presa di posizione chiara, inequivocabile, che lo colloca sulla linea della tradizione più profonda della dottrina sociale della Chiesa. Quella che mette al centro il volto di chi fugge, di chi cerca casa, di chi spera in una vita diversa.
Su questo punto non c’è ambiguità. Per Leone XIV, come per Bergoglio, l’accoglienza non è una posizione ideologica ma un dovere evangelico. Lo dimostra anche la scelta di avere accanto a sé, nel momento più solenne del suo insediamento, figure simboliche come l’arcivescovo emerito di Sarajevo, malato e fragile, eppure presente in conclave. Un gesto che racchiude il rifiuto della guerra e il riconoscimento di chi porta il peso della sofferenza.
Donne nella Chiesa: un campo ancora scivoloso
Meno chiaro è il fronte della partecipazione femminile alla vita ecclesiale. Leone XIV, pur riconoscendo il valore del contributo delle donne nella Chiesa, ha già lasciato intendere che difficilmente sosterrà aperture verso l’ordinazione sacerdotale. Durante il Sinodo del 2023 ha affermato che il sacerdozio femminile “non risolve necessariamente un problema, ma potrebbe crearne uno nuovo”. Una frase che riassume una posizione attendista, prudente, forse poco incline ad accogliere le spinte più progressiste.
Eppure, il nuovo Papa non sembra chiudere le porte alla possibilità che le donne abbiano un ruolo più rilevante nella struttura ecclesiale. Non lo fa con proclami, ma con una lenta ricollocazione del discorso. Potrebbe essere proprio questa l’area in cui si giocherà uno dei nodi più spinosi del suo pontificato: trovare un equilibrio tra una dottrina consolidata e una prassi pastorale che chiede aggiornamento.
Diritti civili e mondo LGBTQ+: un percorso ancora ambivalente
Tra i temi più delicati, quello dei diritti delle persone LGBTQ+ è forse il più emblematico delle tensioni tra dottrina e pastorale. Leone XIV, da vescovo, aveva pronunciato parole molto chiare contro l’uso del termine “famiglie alternative” per indicare le coppie omosessuali. Aveva detto che la famiglia, secondo la Chiesa, nasce solo dall’unione tra un uomo e una donna, e che tutto il resto — per quanto degno di rispetto — non poteva essere equiparato. Aveva criticato i media occidentali per una presunta complicità con stili di vita ritenuti non coerenti con il Vangelo.
Eppure, più di recente, ha sostenuto la dichiarazione Fiducia supplicans, che apre alla possibilità di benedire le coppie omosessuali. Lo ha fatto con cautela, senza proclami, ma senza nemmeno tirarsi indietro. Questo doppio registro — teologicamente conservatore, pastoralmente aperto — è forse il segno più chiaro dello stile di Leone XIV: non demolire, ma reinterpretare. Non rivoluzionare, ma includere. Non cambiare la legge, ma trovare un modo per stare accanto alle persone senza giudicarle.
Un approccio che può dispiacere ai più progressisti e infastidire i conservatori, ma che segna una linea precisa: quella di un Papa che cerca mediazioni senza cedere all’ambiguità.
Ambiente e cambiamento climatico: un’alleanza da consolidare
Sul fronte ecologico, Leone XIV sembra intenzionato a proseguire con decisione la strada aperta da Francesco. Ha partecipato a seminari, ha parlato della necessità di evitare un “dominio tirannico” dell’uomo sulla natura, ha chiesto che si passi dalle parole ai fatti sul cambiamento climatico. In questo campo, più che in altri, la continuità appare quasi naturale. Non solo per affinità tematiche, ma perché l’ambiente è oggi uno dei pochi ambiti in cui la Chiesa può davvero proporsi come guida morale globale.
Il nuovo Papa ha capito che il linguaggio dell’ecologia è anche un linguaggio di fede, di relazione, di cura. Ed è lì che, forse, Leone XIV troverà uno dei suoi spazi di intervento più forti e più condivisi.
Un pontificato da osservare, senza etichette
Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti, donne e diritti LGBTQ+ sotto la lente del nuovo pontificato. È un titolo che riassume la tensione di questo inizio, ma non la esaurisce. Perché il nuovo Papa è ancora in cammino, e con lui lo è tutta la Chiesa. I segni ci sono, i gesti anche. Ora bisognerà capire se le parole si tradurranno in riforme, se le aperture diventeranno strutture, se le promesse si faranno realtà.
Non sarà un pontificato urlato, e nemmeno uno fatto di slogan. Sarà probabilmente un tempo di diplomazia e di lenta trasformazione. Ma anche nella lentezza può esserci la forza. Anche nel silenzio può esserci profezia. E forse, tra i tanti cambiamenti che Leone XIV potrebbe avviare, ci sarà anche quello di restituire alla Chiesa il gusto del discernimento. Quella capacità, sempre più rara, di pensare senza dividersi, di scegliere senza escludere, di credere senza temere il mondo.
fonte: corriere.it
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