Mese: Maggio 2025

In campo con Flavio: cronaca di una corsa Scudetto all’ultimo respiro

In campo con Flavio: cronaca di una corsa Scudetto all’ultimo respiro

In campo con Flavio: cronaca di una corsa Scudetto all’ultimo respiro

In campo con Flavio: cronaca di una corsa Scudetto all’ultimo respiro

Serie A

È ufficialmente terminato il campionato di Serie A 2024/2025, una stagione ricca di emozioni e soprattutto di colpi di scena, come la clamorosa rimonta della Roma di Ranieri. Impossibile non citare anche il pirotecnico 4-4 tra Juventus e Inter.

Ma l’ultima giornata di quest’anno non è stata affatto una passerella per le riserve. Anzi, i titolari di ogni squadra sono stati chiamati a dare tutto nell’ultimo sforzo utile per raggiungere i rispettivi obiettivi.

È stata la giornata dei verdetti: lo Scudetto tra Napoli e Inter, la Champions tra Juventus e Roma, l’Europa/Conference tra Lazio e Fiorentina, e la salvezza tra Lecce, Parma, Venezia ed Empoli.

In ordine cronologico, venerdì si sono giocati i due scontri chiave per lo Scudetto — Napoli-Cagliari e Como-Inter — con l’ipotesi di spareggio che aleggiava come possibilità clamorosa. Il Napoli sapeva di avere in pugno il tricolore, il quarto della sua storia, il secondo negli ultimi tre anni. L’Inter, invece, impegnata a Como, sapeva di aver compromesso tutto con il pareggio casalingo contro la Lazio nella giornata precedente, ma conservava ancora un filo di speranza.

Sabato si sono disputate due partite ininfluenti ai fini della classifica finale: Bologna-Genoa e Milan-Monza. Il Bologna, forte della vittoria in Coppa Italia, è già certo della qualificazione alla prossima Europa League. Il Genoa ha centrato la salvezza con diverse giornate d’anticipo. Il Milan, reduce da una stagione fallimentare (fuori dalla Champions ai playoff con il Feyenoord, finale persa in Coppa Italia, ottavo posto in campionato), ha chiuso la stagione con una vittoria per 2-0 contro il già retrocesso Monza. Contestazioni accese da parte dei tifosi rossoneri, ma a segno sono andati Gabbia e Joao Felix (al secondo gol consecutivo).

Domenica è stata la giornata dei verdetti salvezza ed europei. In contemporanea si sono giocate Atalanta-Parma, Lazio-Lecce, Empoli-Verona, Torino-Roma, Venezia-Juventus e Udinese-Fiorentina.

L’Atalanta, già certa della Champions da due settimane, ha salutato i tifosi a Bergamo ma è stata sconfitta dal Parma, che ha ribaltato un 2-0 in uno spettacolare 2-3. Protagonista una doppietta lampo di Maldini al 22’ e al 23’, ma nel secondo tempo il Parma ha reagito con i gol di Hainaut e la doppietta di Ondrejka, una delle rivelazioni del mercato di gennaio.

A Roma, la Lazio ha perso in casa contro il Lecce per 0-1. Gol di Coulibaly al 39’, poi espulsione di Pierotti al 45’, ma i biancocelesti non sono riusciti a pareggiare. La sconfitta li condanna al settimo posto: fuori da ogni coppa europea. Un fallimento sportivo. Il Lecce, invece, si salva con un’impresa.

Lo scontro diretto salvezza tra Empoli e Verona si è chiuso con la vittoria per 1-2 degli scaligeri. Dopo il vantaggio di Serdar e il pareggio di Fazzini, è stato Bradarić a segnare di testa il gol salvezza al 69’. L’Empoli retrocede dopo un ottimo inizio di stagione, ma fatale è stato lo scontro diretto perso all’ultima giornata.

In chiave Champions, la Juventus ha espugnato Venezia per 2-3. Sotto 1-0 per il gol di Fila, la Juve ha ribaltato il risultato in sei minuti con Yıldız e Kolo Muani. Nella ripresa Haps ha pareggiato, ma un rigore trasformato da Locatelli dopo un fallo su Nicolussi Caviglia ha riportato i bianconeri in vantaggio. La Juve chiude così tra le prime quattro.

La Roma, invece, deve accontentarsi dell’Europa League. A Torino, i giallorossi hanno battuto i granata con i gol di Paredes su rigore e Saelemaekers. Il Torino è apparso spento, già salvo, senza motivazioni.

In Conference League va la Fiorentina, che vince 2-3 in casa dell’Udinese. Dopo il vantaggio friulano con Lucca, espulsione di Bijol al 39’, pareggio di Fagioli al 46’, vantaggio viola con Comuzzo, pareggio momentaneo di Kabasele e gol decisivo di Moise Kean all’82’. La Viola parteciperà per il quarto anno consecutivo alla Conference League, cercando finalmente la vittoria dopo due finali perse e una semifinale.

Il Napoli ha chiuso la “giornata Scudetto” battendo il Cagliari per 2-0. Gol magnifici: una sforbiciata di Scott McTominay, vera rivelazione della stagione, e una prodezza fisica di Romelu Lukaku, che con una progressione travolgente ha firmato il raddoppio. Festa scudetto in città e pullman scoperto per le vie di Napoli. A sorpresa, De Laurentiis ha annunciato l’operazione Kevin De Bruyne: il belga dovrebbe arrivare a parametro zero dopo l’addio al Manchester City.

L’Inter ha fatto il suo dovere vincendo 0-2 a Como con le reti di De Vrij e Correa, ma il pareggio della settimana precedente con la Lazio si è rivelato fatale.

Genoa vittorioso a Bologna per 1-3, con doppietta del giovane Venturino e gol di Vitinha. Orsolini aveva accorciato le distanze al 64’, ma i rossoblù hanno confermato tutto il potenziale del loro talento emergente.

Scendono in Serie B Monza, Venezia ed Empoli. Promosse in A Pisa, Sassuolo e la vincente della finale playoff Spezia-Cremonese.

In Champions League vanno: Napoli, Inter, Atalanta, Juventus.
In Europa League vanno Roma e Bologna.
Infine, in Conference League va la Fiorentina.

Appuntamento ora a sabato per la finale di Champions League tra Inter e PSG. La Serie A tornerà, come sempre, ad agosto.

Flavio Bussoletti

‘IN CAMPO CON FLAVIO – 37ª GIORNATA di SERIE A: TUTTO ANCORA APERTO

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In campo con Flavio – 37ª giornata di Serie A: tutto ancora aperto

In campo con Flavio – 37ª giornata di Serie A: tutto ancora aperto

In campo con Flavio – 37ª giornata di Serie A: tutto ancora aperto

Serie A

Tra sabato e domenica si è giocata la penultima giornata di Serie A, quella che poteva già sancire qualche verdetto in chiave scudetto, salvezza e Champions League.

Le squadre sono tutte lì. Per lo scudetto ci sono Inter e Napoli, che lottano punto su punto. Per la Champions si giocano il tutto Juve, Roma e Lazio: chi vince può dare una svolta al proprio campionato. In zona salvezza restano coinvolte Empoli, Venezia, Lecce e Parma.

La giornata si apre con l’unica partita del sabato: Genoa-Atalanta. Entrambe non hanno più nulla da chiedere al campionato, con i nerazzurri già qualificati in Champions e i rossoblù ampiamente salvi.

Ci si aspetta una partita aperta, con molte occasioni da una parte e dall’altra. Ed è proprio così. Dopo il vantaggio di Pinamonti, risponde Sulemana con un destro potente e angolato: è il suo secondo gol consecutivo dopo quello contro la Roma.

Undici minuti dopo arriva il nuovo vantaggio del Genoa, sempre con Pinamonti. Ma dura poco: al 63’ pareggia Maldini, e all’89’ Retegui, con un tocco perfetto che bacia il palo, firma il 2-3 da ex.

La domenica è quella decisiva

Nove partite in contemporanea, pronte a decidere le sorti di tutte.

Per la salvezza: Cagliari-Venezia, Lecce-Torino, Monza-Empoli e Parma-Napoli. I rossoblù di Nicola, con una vittoria, sarebbero salvi. Il Venezia di Di Francesco, dopo il successo sulla Fiorentina, vuole continuare a sperare. L’Empoli, obbligato a vincere contro un Monza già retrocesso, cerca punti fondamentali per non chiudere terzultimo.

Verona-Como, invece, conta poco per la classifica. I gialloblù non sono ancora matematicamente salvi, ma con tre punti di vantaggio sul Lecce terzultimo, manca davvero poco. Il Como si garantisce intanto il decimo posto.

Parma-Napoli lega due obiettivi: la salvezza degli emiliani e lo scudetto dei partenopei, che si giocano il titolo con l’Inter.

Per la zona Champions: Roma-Milan, Inter-Lazio e Juve-Udinese.

La Roma, in caso di vittoria, arriverebbe a 66 punti, superando i 63 ottenuti negli ultimi tre anni. Il Milan, invece, con tre punti potrebbe continuare a sperare almeno nell’Europa League.

Anche Inter-Lazio incrocia due obiettivi: i nerazzurri per il titolo, i biancocelesti per un posto in Champions.

La Juve ha sulla carta l’impegno più semplice: ospita l’Udinese, ormai senza motivazioni, battuta in casa dal Monza nell’ultimo turno. Per i bianconeri tre punti significherebbero consolidare il quarto posto.

Tutti però devono guardare anche i risultati altrui.

Conference: una questione tra Fiorentina e Bologna

La Viola ospita il Bologna e sogna ancora il sesto posto, nonostante la sconfitta pesante col Venezia. A questo punto l’obiettivo più realistico è la Conference League. Il Bologna, già sicuro dell’Europa League grazie alla vittoria della Coppa Italia, ha ben poco da chiedere alla classifica.

Cagliari e Lecce vincono, Empoli in rimonta

Il Cagliari vince 3-0 sul Venezia grazie ai gol di Piccoli, Mina e Deiola. Prestazione opaca degli ospiti, che si giocheranno tutto nella prossima gara al Penzo contro la Juventus. Nicola firma l’ennesima salvezza, dopo Salernitana ed Empoli.

Il Lecce batte 1-0 il Torino, ormai fuori dai giochi. Decisiva l’ultima sfida contro la Lazio, per provare a evitare la retrocessione.

L’Empoli fa il suo dovere contro il Monza, ma con brivido: i brianzoli passano in vantaggio con Birindelli, poi i toscani ribaltano con Colombo, Viti e un autogol di Pizzignacco. Con questa vittoria gli azzurri di D’Aversa sono momentaneamente salvi.

Parma-Napoli finisce 0-0 ma regala emozioni

Tre legni colpiti dai partenopei, diverse occasioni anche per il Parma, che cercava punti pesanti per evitare il baratro. La partita finisce a reti inviolate ma lascia tutto in sospeso.

Verona-Como chiude sull’1-1

Partita equilibrata tra due squadre ormai tranquille. Vantaggio lariano con Caqueret, pareggio nel secondo tempo di Lazovic.

Fiorentina-Bologna: il festival del gol

Finisce 3-2 per la Viola, con Parisi, Kean e Richardson che rispondono ai gol di Orsolini e Dallinga. Spettacolo puro all’Artemio Franchi.

Roma e Juve ok, il Milan crolla

All’Olimpico, la Roma batte 3-1 il Milan. Subito gol di Mancini al 3’. Espulsione di Gimenez per fallo di reazione, ma Joao Felix pareggia. Nella ripresa Paredes su punizione e Cristante all’87’ chiudono i giochi. Il Milan, fuori dall’Europa League, ora spera almeno nella Conference.

La Juve vince 2-0 con l’Udinese. In gol Nico Gonzalez, che prova a riscattare una stagione opaca, e Vlahovic, che potrebbe aver giocato l’ultima allo Stadium.

Inter-Lazio è un duello vero

Vantaggio nerazzurro con Bisseck nel recupero del primo tempo. Poi entra Pedro, cambia tutto e firma una doppietta: prima al 72’, poi al 90’ su rigore. In mezzo, il gol di Dumfries per il momentaneo 2-1. Finale 2-3 e tutto ancora aperto.

Ultima giornata da brividi

Per lo scudetto, il Napoli ha un punto di vantaggio sull’Inter. Affronta il Cagliari in casa, già salvo. L’Inter va a Como.

La Champions si gioca tra Juve (impegnata col Venezia), Roma (a Torino), e Lazio (in casa con il Lecce).

Per la salvezza, la situazione più difficile è quella del Parma, che va a Bergamo e ha bisogno di almeno un punto.

‘IN CAMPO CON FLAVIO’ BOLOGNA-JUVE: LO SCONTRO CHAMPIONS FINISCE IN PARITA’

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Il tecnico si concentra solo sul titolo e rinvia ogni decisione.

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Tutto in queste parole si racchiude l’identità di una squadra che sembra vivere per la pressione e trasformarla in energia. Dopo la rimonta sul Bologna, Sergio Conceição non ha parlato di se stesso, non ha cercato alibi, non ha elogiato la prestazione. Ha messo tutto in secondo piano, salvo una cosa: vincere. Ed è proprio qui che il Milan sta riscoprendo la sua anima.

Una vittoria non brillante ma determinante

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. È con questo spirito che il Diavolo ha ribaltato la partita contro il Bologna. Non è stata una prestazione brillante, lo ha detto per primo il tecnico portoghese. Ma è stata una prova di carattere. Dopo un primo tempo opaco e un gol subito nella ripresa, il Milan ha cambiato volto. Ha cambiato anche modulo, passando a un 4-4-2 più verticale e diretto. E la reazione è arrivata.

Santiago Gimenez ha guidato la rimonta con una doppietta da attaccante vero. Ma dietro c’è molto di più. C’è una squadra che ha imparato a soffrire, che non si abbatte, che lotta. E c’è un allenatore che sa come toccare le corde giuste. Conceição non è un esteta: è un motivatore. E il Milan, oggi, ha bisogno di questo.

Le scelte che cambiano il volto della partita

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Ecco perché alcune scelte tattiche fanno la differenza. L’ingresso in campo di giocatori come Gimenez ha ribaltato non solo il punteggio ma anche l’inerzia mentale del gruppo. Conceição ha parlato di risposte importanti da chi è entrato. E questo è un messaggio chiaro alla squadra: lo spazio si conquista, si strappa.

Nelle sue parole c’è sempre una tensione costruttiva. Anche quando dice che la partita non è stata eccezionale, lo fa per tenere alta la fame. Perché questa squadra, lo sa bene, ha talento, ma spesso ha peccato di continuità. E lui vuole trasformare quel talento in abitudine alla vittoria.

Gimenez, Jovic, Abraham e Camarda: un attacco in fermento

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. E per conquistare quei titoli, l’attacco sarà decisivo. Gimenez è in crescita, ha superato i problemi fisici e ora trova gol e fiducia. Jovic, più statico ma abile nel gioco spalle alla porta, rimane una risorsa. Abraham, reduce da reti pesanti, resta nel mix. E poi c’è Camarda, la scommessa giovane che già ha lasciato il segno.

Conceição non si sbilancia: “Non so ancora chi giocherà la finale”. Ma tra le righe si percepisce un’idea chiara. Il Milan attaccherà la finale con tutto il suo potenziale. Senza gerarchie rigide. Con la volontà di sorprendere. E con l’urgenza di alzare un trofeo.

Verso la finale di Coppa Italia: tutto in una notte

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Una sfida che non permette distrazioni, che richiede concentrazione totale. Conceição lo sa: “Nelle finali a volte vince anche chi gioca meno bene”. Frase secca, vera, da chi ha già vissuto notti simili.

Il tecnico portoghese ha iniziato a preparare la partita subito dopo il triplice fischio con il Bologna. Niente euforia. Solo concentrazione. Analisi. Scelte. E, come sempre, pressione da gestire. Sarà una notte in cui non conteranno solo i moduli, ma soprattutto la mentalità. E in questo il Milan di oggi ha un vantaggio: ha un allenatore che non si nasconde.

Un Milan che vive di rimonta

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Una frase che è anche una fotografia della stagione. Il Milan ha spesso dovuto rincorrere. Ha subito colpi duri, ha mostrato fragilità. Ma è ancora lì, vivo, pronto a lottare per un trofeo. È un Milan che ha riscoperto il gusto del sangue sportivo. Che ama colpire dopo essere stato colpito.

Conceição ha costruito tutto questo sulla resilienza. Sul senso di gruppo. Sul coraggio. E anche sull’umiltà di riconoscere che non basta il bel gioco, servono risultati. In campionato è mancata la continuità, ma ora c’è un’occasione concreta per dare un senso diverso alla stagione.

Il futuro? “Parlerò al momento giusto”

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Ma cosa c’è dopo la Coppa Italia? Il tecnico è stato chiaro: “Non è il momento di parlare di me”. Non è una chiusura. È un modo per spostare il fuoco. Ora conta solo vincere. Poi ci sarà tempo per affrontare il tema del futuro.

Conceição sa che il suo lavoro è sotto gli occhi di tutti. E sa anche che, se arrivasse un titolo, le dinamiche cambierebbero. In un senso o nell’altro. Ma non vuole distrazioni. E forse, in quel “parlerò al momento giusto”, c’è anche la saggezza di chi ha imparato a gestire i tempi.

Una squadra che lo segue e una piazza che osserva

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Una frase che sintetizza anche il rapporto con l’ambiente. La squadra lo segue. Lo rispetta. Lo ascolta. In campo si vede. I cambi sono efficaci. La tenuta mentale è migliorata. Il gruppo ha identità.

La piazza, invece, è ancora divisa. C’è chi rimpiange un gioco più spettacolare. C’è chi riconosce i meriti di un tecnico capace di ridare fame. Ma tutti sanno che una vittoria cambierebbe tutto. Una coppa riscrive i giudizi. Riaccende l’entusiasmo. Rende giustizia a un progetto.

Tutto in novanta minuti

Conceição punta la Coppa Italia: Milan in rimonta e silenzio sul futuro. Ora la stagione si gioca in una sera. Novanta minuti, forse qualcosa in più. Un titolo da conquistare, un futuro da scrivere. Il Milan di Conceição è pronto. Magari non perfetto, ma vivo. Determinato. Famigerato per la rimonta.

Sarà una finale da vivere col fiato sospeso. Con la consapevolezza che ogni dettaglio conta. E con una sola missione: vincere. Perché, come ha detto il tecnico, “l’unica cosa che conta è un altro titolo”.

fonte notizia: sportmediaset.it

‘IN CAMPO CON FLAVIO’ – BOLOGNA-JUVE: LO SCONTRO CHAMPIONS FINISCE IN PARITA’

Discorso Papa Leone XIV ai cardinali: il nome scelto per affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale

Discorso Papa Leone XIV ai cardinali: il nome scelto per affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale e rilanciare la dottrina sociale.

Discorso Papa Leone XIV ai cardinali: queste parole, pronunciate nel primo incontro non liturgico dopo l’elezione in Conclave, hanno dato il tono a un pontificato che si presenta già carico di simboli e responsabilità storiche. La scelta del nome, come ha spiegato lo stesso Pontefice, non è stata casuale: è un richiamo a Leone XIII, autore dell’enciclica Rerum Novarum, uno dei pilastri della dottrina sociale della Chiesa. Oggi, quella dottrina viene rilanciata per rispondere a una nuova rivoluzione industriale, quella guidata dagli sviluppi dell’intelligenza artificiale.

L’eredità di Francesco e la guida del Risorto

Nel discorso Papa Leone XIV ai cardinali ha voluto prima di tutto raccogliere l’eredità spirituale e pastorale di Papa Francesco. Un’eredità fatta di sobrietà, dedizione e ascolto, di amore per i poveri e per gli ultimi. Ma anche di fedeltà al Concilio Vaticano II, al quale ha dichiarato di voler aderire pienamente. La missione del nuovo Pontefice si colloca, dunque, in una linea di continuità con il cammino della Chiesa degli ultimi decenni, ma con uno sguardo profondo verso le sfide del presente.

Papa Leone XIV si è presentato come un servitore umile, consapevole della sproporzione tra l’incarico ricevuto e le proprie forze. Ha ringraziato i cardinali per la loro collaborazione, definendola “di grande conforto”, e ha ricordato che senza l’aiuto del Signore, “nulla è valido, nulla è santo”. Un richiamo all’essenziale, alla fonte spirituale da cui tutto parte.

La Chiesa come grembo e campo da coltivare

Un passaggio particolarmente denso del discorso Papa Leone XIV ai cardinali riguarda la visione della Chiesa. Non come struttura o potere, ma come grembo generativo e campo da coltivare. Il Papa ha usato immagini potenti: la nube e il fuoco che guidano il cammino, il gregge da custodire, la Parola da seminare, i sacramenti come nutrimento.

È la Chiesa che si fa popolo, che cammina insieme nella varietà delle sue membra, unita da un solo Capo, Cristo. E proprio in questa immagine viva di popolo, Leone XIV ha richiamato con forza i principi della sinodalità, della collegialità e dell’ascolto del sensus fidei. Non è una Chiesa che comanda, ma una Chiesa che accompagna.

Il cuore del nome: la Rerum Novarum e l’IA

Ma il cuore simbolico del discorso Papa Leone XIV ai cardinali è stato nella spiegazione della sua scelta del nome. Non un omaggio generico alla storia, ma una scelta di campo. Leone XIII fu il Papa che affrontò la prima grande rivoluzione industriale, quella che trasformò il lavoro, la produzione e la vita sociale. Con l’enciclica Rerum Novarum, gettò le basi della dottrina sociale della Chiesa, ancora oggi uno degli strumenti più importanti per leggere la realtà alla luce del Vangelo.

Papa Leone XIV ha dichiarato di voler rilanciare proprio quella visione per affrontare le sfide dell’attuale trasformazione: l’avvento dell’intelligenza artificiale, l’automazione, la disumanizzazione del lavoro, le nuove disuguaglianze tecnologiche. Temi che nessuna istituzione può più ignorare, e che toccano direttamente la dignità della persona umana.

L’intelligenza artificiale come nuova rivoluzione industriale

Nel discorso Papa Leone XIV ai cardinali si legge chiaramente l’idea che l’intelligenza artificiale non sia solo una questione tecnica, ma etica, sociale, antropologica. Una rivoluzione in atto, che rischia di diventare esclusione se non viene accompagnata da una riflessione umanistica e spirituale.

La Chiesa, ha detto il Papa, ha qualcosa da dire anche su questo. E quel qualcosa è il suo patrimonio di pensiero, di esperienza e di attenzione all’uomo. Non basta parlare di innovazione, serve parlare di giustizia, di equità, di lavoro degno. L’algoritmo non può sostituire il cuore umano, né può decidere chi ha diritto a una vita piena.

La sinodalità come stile e metodo

Altro pilastro del discorso Papa Leone XIV ai cardinali è stata la sinodalità. Non come moda ecclesiastica o tema di convegni, ma come forma concreta di vita ecclesiale. Il Papa ha auspicato un ascolto reale del Popolo di Dio, una valorizzazione della pietà popolare, un protagonismo diffuso delle comunità locali.

Questo non significa relativismo o perdita di identità, ma un ritorno al Vangelo nella sua forma più viva e partecipata. Significa fidarsi dello Spirito che parla anche attraverso le persone semplici, le periferie, le esperienze informali. È una sfida culturale, ma anche pastorale, che coinvolge tutti: laici, religiosi, pastori.

L’emozione, la preghiera, il tono personale

Il discorso Papa Leone XIV ai cardinali non è stato solo una dichiarazione programmatica. È stato anche un momento di intensa emozione. Il Papa ha iniziato con una preghiera in latino, ha ringraziato singolarmente i cardinali più anziani e ha ricordato i confratelli assenti per malattia. Ha parlato con umiltà e con gratitudine, usando un tono semplice ma profondo.

Ha citato San Paolo VI, ha evocato la luce della Pasqua come chiave di lettura del passaggio da Francesco a lui, ha chiesto di guardare insieme alla Chiesa come a un corpo vivo, in cammino. Tutti elementi che fanno capire la sua volontà di guidare, ma senza imporsi; di servire, non di dominare.

Una Chiesa che dialoga con il mondo

Il discorso Papa Leone XIV ai cardinali si conclude con un forte richiamo al dialogo. Un dialogo che non rinuncia alla verità, ma che si apre con coraggio e fiducia alle sfide del presente. Leone XIV ha parlato di giustizia, di pace, di dignità, di fraternità: parole che possono sembrare astratte, ma che nel suo discorso sono state calate nella concretezza delle sfide globali.

Ha citato l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, ha ripreso i grandi temi della Gaudium et Spes, ha rilanciato il sogno di una Chiesa capace di entrare nei processi storici senza paura. Una Chiesa che non giudica da lontano, ma che si lascia interpellare e che vuole offrire una parola di senso, anche quando tutto sembra sfuggire.

Un discorso che apre una stagione

Discorso Papa Leone XIV ai cardinali è più di un testo. È un’intenzione, un orientamento, un segnale. In quelle parole si è sentito il peso del passato, ma anche la leggerezza della speranza. Il nuovo Pontefice ha indicato la strada: tornare a guardare la realtà con gli occhi del Vangelo, senza retorica ma con coraggio.

Davanti all’intelligenza artificiale, alle guerre, alle disuguaglianze, alla crisi della fede, la Chiesa è chiamata a essere madre e maestra, mai spettatrice. E questo discorso, pronunciato con calma ma con fermezza, è la prima tappa di un percorso che sarà certamente impegnativo, ma anche ricco di grazia.

fonte notizia: repubblica.it

PAPA LEONE XIV E LA SVOLTA TRA TRADIZIONE E INCLUSIONE: MIGRANTI DONNE E DIRITTI LGBTQ+ SOTTO LA LENTE DEL NUOVO PONTIFICATO

“Come l’arancio amaro” di Milena Palminteri leggi la recensione

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“Come l’arancio amaro” di Milena Palminteri leggi la recensione

Titolo: Come l’arancio amaro
Autore: Milena Palminteri
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Bompiani
Pagine: 448
Prezzo: Euro 19
Ebook: Euro 11,99

Trama: Tre protagoniste straordinarie fronteggiano la sfida più grande: trovare il senso del proprio essere donne in un mondo che vorrebbe scegliere al posto loro. Nardina, dolce e paziente, che sogna di laurearsi ma finisce intrappolata nel ruolo di moglie. Sabedda, selvatica e fiera, che vorrebbe poter decidere il proprio futuro ma è troppo povera per poterlo fare. Carlotta, orgogliosa e determinata, che vorrebbe diventare avvocato in un mondo dove solo i maschi ritengono di poter esercitare la professione. E un segreto, che affonda nella notte in cui i loro destini si sono uniti per sempre.

Una lettura che emoziona, travolge, resta

Quando un romanzo riesce a colpire dritto al cuore, lasciando quel retrogusto dolce-amaro che solo le grandi storie familiari sanno dare, vuol dire che siamo davanti a qualcosa di raro. L’arancio amaro, esordio di Milena Palminteri, è proprio questo: una saga potente, scritta con garbo, passione e una penna che non ha nulla da invidiare a narratrici ben più navigate.

Tre donne, tre destini, un’unica lotta: essere se stesse

La trama si snoda tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento, accompagnando tre protagoniste indimenticabili: Nardina, dolce e paziente, che sogna la laurea ma viene risucchiata nel ruolo di moglie; Sabedda, istintiva e fiera, che lotta contro una povertà che le tarpa le ali e Carlotta, orgogliosa e ostinata, che vuole diventare avvocato quando “avvocato” era sinonimo di uomo.

Tre donne diverse, ma accomunate da un fuoco interiore che si rifiuta di spegnersi. In un mondo che non le vuole libere, loro provano a esserlo lo stesso. E lo fanno con dignità, con dolore, ma anche con una struggente bellezza.

Stile narrativo: scorrevole, raffinato, mai banale

Milena Palminteri dimostra una padronanza stilistica sorprendente: la sua scrittura è scorrevole ma ricca, raffinata ma non leziosa, con una cura per le parole che incanta senza mai appesantire. Ogni frase è costruita per restare, ogni dialogo è cesellato con precisione.

E poi ci sono le immagini: vere, vivide, quasi cinematografiche. Il profumo dell’arancio amaro – simbolo di spina e bellezza, di dolore e speranza – diventa metafora perfetta di ciò che queste donne incarnano.

«Carlotta mia, io dell’arancio amaro conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, è quello della libertà.»

Una frase così, da sola, vale il prezzo del libro.

Un romanzo storico dal cuore pulsante

Ambientato in un’Italia divisa tra fascismo, guerra e ricostruzione, L’arancio amaro non è solo una saga familiare, ma anche un affresco storico vivido, in cui il privato e il politico si intrecciano in modo naturale. La Storia con la S maiuscola fa da sfondo, ma non schiaccia mai le storie individuali.

Anzi, sono proprio quelle a renderla viva. Si respira la polvere delle strade, si sente il morso delle rinunce, ma anche l’urgenza di cambiare il proprio destino.

Il mio pensiero personale

Ci sono libri che sembrano scritti per te. Ti riconosci in una frase, ti emozioni per un gesto, ti arrabbi con un personaggio come se fosse reale. L’arancio amaro è stato così per me. Leggendolo, ho sentito il battito del cuore delle mie nonne, delle donne che hanno lottato in silenzio perché io potessi scrivere, scegliere, parlare.

Ho amato profondamente questo romanzo perché mi ha fatto sentire meno sola, meno strana nel mio modo di essere donna oggi, ancora piena di spine ma ostinatamente profumata di libertà.

Consiglio questo libro a chi ha voglia di sentirsi raccontare una verità che ci appartiene tutti, ma che spesso dimentichiamo.

Conclusioni: un romanzo da leggere e da regalare

Se ami le saghe familiari, le storie di donne forti, la scrittura che accarezza ma sa anche graffiare, L’arancio amaro è una lettura che non puoi lasciarti sfuggire. Un romanzo d’esordio che sembra il lavoro di una scrittrice matura, che conosce il dolore, l’amore e la bellezza del resistere.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)


“TATA'” DI VALERIE PERRIN LEGGI LA RECENSIONE

Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti donne e diritti LGBTQ+ sotto la lente del nuovo pontificato

Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti, donne e diritti LGBTQ+ al centro del suo nuovo e atteso pontificato

Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti, donne e diritti LGBTQ+ sotto la lente del nuovo pontificato. È questo il punto di partenza da cui si snoda l’osservazione più attenta e, insieme, la speranza o il timore di molti fedeli e osservatori. Quando il cardinale protodiacono Dominique Mamberti ha pronunciato dal balcone della Basilica di San Pietro il nome di Robert Francis Prevost, il mondo ha immediatamente iniziato a domandarsi quale sarebbe stata la direzione del nuovo Papa. Una direzione, certo, influenzata dal lungo pontificato di Papa Francesco, ma non per questo destinata a replicarlo. Anzi, sono bastate poche ore per cogliere sfumature, segnali, discrepanze, indizi su un possibile cambio di rotta. Non una rottura, ma un’altra angolazione. La stessa dottrina, ma forse un’altra postura.

L’elezione di un Papa statunitense, agostiniano, missionario in Perù per vent’anni, già responsabile della Congregazione per i Vescovi, porta con sé un bagaglio di sensibilità e visione non ordinario. Leone XIV, nei suoi primi gesti e nelle sue prime parole, ha mostrato di voler proseguire la strada tracciata da Bergoglio, ma con un linguaggio proprio. Più strutturato, più interno alla gerarchia ecclesiastica, forse meno populista ma non meno aperto. Eppure, per quanto il pontefice appena eletto abbia parlato di continuità, i temi su cui si è pronunciato — dai migranti alle donne, fino ai diritti LGBTQ+ — fanno intravedere un’identità già distinta. Il confronto tra Leone XIV e Papa Francesco è inevitabile, non solo per gli osservatori vaticani, ma per una Chiesa che continua ad attraversare una delle sue stagioni più trasformative. E questo confronto parte proprio dallo stile.

Un modo di porsi che racconta già molto

Nell’affacciarsi al mondo dalla Loggia delle Benedizioni, Leone XIV è apparso commosso, teso, con il volto rigido, le mani tremanti, lo sguardo che cercava appigli tra il foglio e la folla. Nulla a che vedere con l’immediatezza spiazzante del “Fratelli e sorelle carissime, buonasera” pronunciato da Jorge Mario Bergoglio nel 2013. Eppure, anche in questo approccio c’era un messaggio. Il nuovo Papa ha voluto rivolgersi a Roma, prima ancora che al mondo, ponendo l’accento sulla dimensione locale, pastorale, reale. Ha voluto mostrare fragilità, non teatralità. E nel farlo ha ricordato l’immagine, tanto cara a Francesco, del pastore che porta addosso l’odore delle pecore. L’ha fatto non con slogan, ma con il tremore della voce e con la compostezza di chi porta una responsabilità più grande delle proprie forze.

Lo stile non è solo comunicazione, è visione del potere. In questo senso, Leone XIV si distanzia da Papa Francesco. Dove il primo ha cercato fin dal principio una sobrietà comunicativa fatta di gesti spiazzanti, rifiuto delle formalità e delle tradizioni curiali, il secondo mostra fin da subito un rispetto per i segni e per i simboli della tradizione liturgica. La mozzetta rossa, la stola con le chiavi di Pietro, la croce d’oro già usata da Benedetto XVI: tutti dettagli che raccontano il legame con la storia e con il ministero petrino in una forma più classica, più liturgica. Non è un ritorno al passato, ma una rilettura del presente con il linguaggio della continuità.

Il corpo parla quanto le parole

Anche la scelta dell’abito, delle scarpe nere, dell’appartamento apostolico (ancora in sospeso, ma oggetto di attente speculazioni), parla di un equilibrio tra novità e tradizione. Francesco aveva scelto di non vivere nel palazzo pontificio, spostando il centro del potere simbolico; Leone XIV potrebbe decidere diversamente, ristabilendo una presenza più forte nel cuore del Vaticano. Il gesto conterebbe non poco.

Eppure, quando si passa dalla forma alla sostanza, si torna sempre a parlare di ciò che oggi divide e interroga la coscienza cattolica: i grandi temi dell’umanità, dalla migrazione alla dignità delle persone, passando per l’identità e i diritti civili. Qui si misura davvero la portata di un pontificato.

Migranti, la continuità di un’urgenza evangelica

Nessun dubbio sul fatto che Leone XIV prosegua, e con convinzione, la linea aperta da Francesco sul tema dei migranti. È noto che, da cardinale, Prevost non abbia esitato a criticare con fermezza le politiche migratorie dell’amministrazione Trump, accusandole implicitamente di contraddire i principi evangelici. Sui social aveva condiviso articoli critici, aveva citato con approvazione le parole di Francesco, aveva mostrato disagio di fronte all’uso selettivo del concetto di amore cristiano per giustificare espulsioni e rifiuti. Una presa di posizione chiara, inequivocabile, che lo colloca sulla linea della tradizione più profonda della dottrina sociale della Chiesa. Quella che mette al centro il volto di chi fugge, di chi cerca casa, di chi spera in una vita diversa.

Su questo punto non c’è ambiguità. Per Leone XIV, come per Bergoglio, l’accoglienza non è una posizione ideologica ma un dovere evangelico. Lo dimostra anche la scelta di avere accanto a sé, nel momento più solenne del suo insediamento, figure simboliche come l’arcivescovo emerito di Sarajevo, malato e fragile, eppure presente in conclave. Un gesto che racchiude il rifiuto della guerra e il riconoscimento di chi porta il peso della sofferenza.

Donne nella Chiesa: un campo ancora scivoloso

Meno chiaro è il fronte della partecipazione femminile alla vita ecclesiale. Leone XIV, pur riconoscendo il valore del contributo delle donne nella Chiesa, ha già lasciato intendere che difficilmente sosterrà aperture verso l’ordinazione sacerdotale. Durante il Sinodo del 2023 ha affermato che il sacerdozio femminile “non risolve necessariamente un problema, ma potrebbe crearne uno nuovo”. Una frase che riassume una posizione attendista, prudente, forse poco incline ad accogliere le spinte più progressiste.

Eppure, il nuovo Papa non sembra chiudere le porte alla possibilità che le donne abbiano un ruolo più rilevante nella struttura ecclesiale. Non lo fa con proclami, ma con una lenta ricollocazione del discorso. Potrebbe essere proprio questa l’area in cui si giocherà uno dei nodi più spinosi del suo pontificato: trovare un equilibrio tra una dottrina consolidata e una prassi pastorale che chiede aggiornamento.

Diritti civili e mondo LGBTQ+: un percorso ancora ambivalente

Tra i temi più delicati, quello dei diritti delle persone LGBTQ+ è forse il più emblematico delle tensioni tra dottrina e pastorale. Leone XIV, da vescovo, aveva pronunciato parole molto chiare contro l’uso del termine “famiglie alternative” per indicare le coppie omosessuali. Aveva detto che la famiglia, secondo la Chiesa, nasce solo dall’unione tra un uomo e una donna, e che tutto il resto — per quanto degno di rispetto — non poteva essere equiparato. Aveva criticato i media occidentali per una presunta complicità con stili di vita ritenuti non coerenti con il Vangelo.

Eppure, più di recente, ha sostenuto la dichiarazione Fiducia supplicans, che apre alla possibilità di benedire le coppie omosessuali. Lo ha fatto con cautela, senza proclami, ma senza nemmeno tirarsi indietro. Questo doppio registro — teologicamente conservatore, pastoralmente aperto — è forse il segno più chiaro dello stile di Leone XIV: non demolire, ma reinterpretare. Non rivoluzionare, ma includere. Non cambiare la legge, ma trovare un modo per stare accanto alle persone senza giudicarle.

Un approccio che può dispiacere ai più progressisti e infastidire i conservatori, ma che segna una linea precisa: quella di un Papa che cerca mediazioni senza cedere all’ambiguità.

Ambiente e cambiamento climatico: un’alleanza da consolidare

Sul fronte ecologico, Leone XIV sembra intenzionato a proseguire con decisione la strada aperta da Francesco. Ha partecipato a seminari, ha parlato della necessità di evitare un “dominio tirannico” dell’uomo sulla natura, ha chiesto che si passi dalle parole ai fatti sul cambiamento climatico. In questo campo, più che in altri, la continuità appare quasi naturale. Non solo per affinità tematiche, ma perché l’ambiente è oggi uno dei pochi ambiti in cui la Chiesa può davvero proporsi come guida morale globale.

Il nuovo Papa ha capito che il linguaggio dell’ecologia è anche un linguaggio di fede, di relazione, di cura. Ed è lì che, forse, Leone XIV troverà uno dei suoi spazi di intervento più forti e più condivisi.

Un pontificato da osservare, senza etichette

Papa Leone XIV e la svolta tra tradizione e inclusione: migranti, donne e diritti LGBTQ+ sotto la lente del nuovo pontificato. È un titolo che riassume la tensione di questo inizio, ma non la esaurisce. Perché il nuovo Papa è ancora in cammino, e con lui lo è tutta la Chiesa. I segni ci sono, i gesti anche. Ora bisognerà capire se le parole si tradurranno in riforme, se le aperture diventeranno strutture, se le promesse si faranno realtà.

Non sarà un pontificato urlato, e nemmeno uno fatto di slogan. Sarà probabilmente un tempo di diplomazia e di lenta trasformazione. Ma anche nella lentezza può esserci la forza. Anche nel silenzio può esserci profezia. E forse, tra i tanti cambiamenti che Leone XIV potrebbe avviare, ci sarà anche quello di restituire alla Chiesa il gusto del discernimento. Quella capacità, sempre più rara, di pensare senza dividersi, di scegliere senza escludere, di credere senza temere il mondo.

fonte: corriere.it

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“Tatà” di Valerie Perrin leggi la recensione

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“Tatà” di Valerie Perrin leggi la recensione

Titolo: Tatà
Autore: Valerie Perrin
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Edizioni E/O
Pagine: 608
Prezzo: Euro 21
Ebook: Euro 14,99

Trama: Agnès non crede alle sue orecchie quando viene a sapere del decesso della zia. Non è possibile, la zia Colette è morta tre anni prima, riposa al cimitero di Gueugnon, c’è il suo nome sulla lapide… In quanto parente più prossima tocca ad Agnès andare a riconoscere il cadavere, e non c’è dubbio, si tratta proprio della zia Colette. Ma allora chi c’è nella sua tomba? E perché per tre anni Colette ha fatto credere a tutti di essere morta? È l’inizio di un’indagine a ritroso nel tempo.

Grazie a vecchi amici, testimonianze inaspettate e una misteriosa valigia piena di audiocassette, Agnès ricostruisce la storia di una famiglia, la sua, in cui il destino dei componenti è legato in maniera indissolubile a un circo degli orrori, all’unica sopravvissuta di una famiglia ebrea deportata e sterminata dai nazisti, alle vicende di un celebre pianista e a quelle di un assassino senza scrupoli, alle subdole manovre di un insospettabile pedofilo e al tifo sfegatato per la locale squadra di calcio, il FC Gueugnon.

Recensione di Tatà di Valérie Perrin: un puzzle narrativo affascinante… ma troppo complicato?

Valérie Perrin torna in libreria con Tatà, un romanzo che conferma il suo stile inconfondibile fatto di ironia lieve, delicatezza emotiva e una grande voglia di raccontare i destini intrecciati dell’animo umano. Dopo il successo di Cambiare l’acqua ai fiori e Tre, l’autrice francese ci propone una nuova storia ricca di misteri, personaggi e colpi di scena. Ma se da un lato la scrittura della Perrin resta coinvolgente e capace di toccare corde profonde, dall’altro questa volta l’intreccio narrativo rischia di sopraffare anche il lettore più paziente.

Una trama ricca… forse troppo

La premessa è accattivante: Agnès scopre che la zia Colette — detta Tatà, figura enigmatica e apparentemente senza storia — è morta. Di nuovo. Sì, perché Colette era già “ufficialmente” deceduta tre anni prima. Eppure, il corpo ritrovato è proprio il suo. Chi allora è sepolto nella sua tomba? Da qui prende il via un’indagine familiare che si snoda attraverso audiocassette misteriose, segreti del passato e un coro di personaggi che sembrano usciti da un mosaico cinematografico.

Il romanzo è un grande omaggio al cinema, e si avverte l’amore sincero della Perrin per la settima arte, con citazioni, dettagli tecnici e atmosfere da sceneggiatura d’autore. Ma la mole di riferimenti e intrecci rischia di far perdere la bussola. Non tutti i fili vengono dipanati in modo soddisfacente: alcuni restano sospesi, altri si annodano su loro stessi. Il lettore finisce per arrancare, tra un circo degli orrori, deportazioni naziste, subdoli crimini e partite di calcio di provincia. Tanta carne al fuoco, ma non sempre ben rosolata.

Il punto di forza: l’atmosfera emotiva

Nonostante la complessità della trama, Perrin riesce ancora una volta a toccare temi universali: l’identità, la memoria, la famiglia, il bisogno di verità. C’è una malinconia dolce e sottile che attraversa le pagine, una luce che filtra tra le ombre del mistero. Agnès, la protagonista, è ben delineata e umana, e alcune riflessioni intime sul lutto, sul tempo e sulle radici sono davvero riuscite.

Chi ama le saghe familiari e i romanzi corali, qui troverà senz’altro materiale emotivo su cui riflettere. Ma chi cerca una trama compatta, coerente e ben costruita potrebbe rimanere deluso.

Tatà: promossa o bocciata?

Tatà è un romanzo che si muove tra passato e presente con ambizione. Forse troppa. Valérie Perrin resta una narratrice capace, ma in questo caso si è lasciata un po’ prendere la mano dal desiderio di stupire. Il risultato è una storia che in alcuni tratti emoziona, ma in altri stanca. Non tutti gli enigmi trovano una risposta. Non tutti i personaggi lasciano il segno.

Un libro che piacerà ai fan della scrittrice, ma che potrebbe risultare dispersivo per chi la legge per la prima volta. Una lettura da affrontare con pazienza… e con un quaderno per tenere traccia dei personaggi.

Una nota personale: perché non mi ha convinta del tutto

Lo ammetto: sono partita con aspettative alte, perché la Perrin in passato mi ha saputo incantare. Ma questa volta qualcosa si è inceppato. L’ho trovato troppo contorto, quasi forzato. Il numero di personaggi e di trame collaterali mi ha dato la sensazione che si stesse cercando di costruire un enigma su più piani… ma senza mai sbrogliare davvero i nodi. Non si tratta di confusione narrativa, ma di una certa mancanza di equilibrio tra profondità e chiarezza. Alcuni elementi sembrano messi lì più per stupire che per far crescere la storia.

Insomma, Tatà è un libro che ha sicuramente il suo pubblico. Ma io, personalmente, sono rimasta con l’impressione di un’occasione mancata. Un romanzo che poteva essere potente, e invece è diventato un esercizio di stile un po’ troppo affollato.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)


“LA REGINA DEI SENTIERI” DI MARCO MALVATI E SAMANTHA BRUZZONE LEGGI LA RECENSIONE

'In campo con Flavio' - Bologna-Juve: lo scontro Champions finisce in parità

‘In campo con Flavio’ – Bologna-Juve: lo scontro Champions finisce in parità

‘In campo con Flavio’ – Bologna-Juve: lo scontro Champions finisce in parità

‘In campo con Flavio’ – Bologna-Juve: lo scontro Champions finisce in parità

Serie A

Al Renato Dall’Ara di Bologna si è giocata Bologna-Juve.
Un crocevia importantissimo per la Champions League, che potrebbe definitivamente mettere il sigillo sulla qualificazione di una delle due squadre.
Da una parte il Bologna, in un momento di forma brillante, che potrebbe tornare a vincere una coppa dopo più di 60 anni.
Dall’altra la Juve, che ha vissuto una stagione travagliata: prima con Thiago Motta in panchina, che non ha portato i risultati sperati, poi con Tudor, che ha rimesso in riga i calciatori e sta ottenendo risultati positivi.
Italiano tiene ancora in panchina Castro e Dominguez, a cui preferisce Dallinga e Cambiaghi, entrambi in un ottimo momento di forma.
Lato Juve, invece, non recuperano Koopmeiners e Vlahovic dai rispettivi infortuni; oltre a loro manca lo squalificato Yildiz.

La partita inizia con la Juve che impone subito ritmi più alti, maggiore intensità e più voglia di segnare, mentre il Bologna preferisce restare nella propria metà campo, attendere e poi provare ad alzare il baricentro per colpire.
Con la sua manovra corale, la Juventus mette in seria difficoltà il centrocampo del Bologna, con Freuler che prende il trequartista (Nico Gonzalez) e Ferguson che pressa i due mediani, Thuram e Locatelli.
Il pressing dello scozzese non funziona e al 9° minuto passa la Juve con Kephren Thuram.
Dal limite dell’area, il francese prova il destro che batte uno Skorupski non perfetto, che si lascia sfuggire troppo facilmente il pallone.

Dopo il gol, le due squadre si concentrano sul piano tattico, con duelli fisici a centrocampo e tanti calci d’angolo da una parte e dall’altra.
Si mette in risalto anche il duello Lucumí-Kolo Muani, spesso vinto dal colombiano, tra i migliori in campo nel match.
In ombra invece l’attaccante francese, che in questa partita non riesce a lasciare il segno.
Nel finale di primo tempo viene annullato un gol a Nico Gonzalez, per netta posizione di fuorigioco.
Il primo tempo, come detto, molto tattico, si chiude sullo 0-1.

Il Bologna rientra in campo con più determinazione rispetto al primo tempo, con un giro palla più rapido ed efficiente, subito proiettato a innescare il reparto avanzato.
Al 51° viene ancora annullato un gol alla Juve, stavolta a Cambiaso, anche lui in fuorigioco.
Ora è il Bologna a fare la partita, mentre la Juventus in questa fase tende a giocare di ripartenza.
Al 54°, pareggiano i rossoblù.
Cross al millimetro di Cambiaghi che favorisce la sponda di Dallinga.
Il passaggio dell’olandese arriva a Freuler che, senza esitare, calcia forte di destro e, complice una deviazione decisiva di Veiga, la palla entra in rete. Lo svizzero trova così il suo primo gol stagionale, pesantissimo.

Ora la Juventus rialza il baricentro e ha una sola intenzione: vincere.
I bianconeri schiacciano il Bologna, che non riesce a ripartire ed è costretto, pur con una difesa organizzata, a soffrire.
Si esalta Skorupski con una gran parata su Alberto Costa, ma per il resto il portiere polacco è poco impiegato e tocca pochi palloni.
L’unica vera occasione pericolosa è del Bologna: viene murata la conclusione di Cambiaghi, ma poi Ferguson, da ottima posizione, ha la palla del vantaggio e la spreca sparando alto.

Finisce 1-1 lo scontro Champions, un pareggio che non soddisfa nessuna delle due, date le vittorie di Roma e Lazio, rispettivamente contro Fiorentina ed Empoli.
È ancora apertissima la lotta per il quarto posto: Bologna, Juve, Lazio, Roma e forse anche Fiorentina e Milan (seppur più staccate) si contenderanno quel posto Champions fino all’ultima goccia di sudore.

‘IN CAMPO CON FLAVIO’ – THIAGO MOTTA E LA JUVE: UN MATRIMONIO GIA’ AL CAPOLINEA?

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