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800 funzionari Ue e USA si schierano contro Israele: “Rischio genocidio nella Striscia di Gaza”

800 funzionari Ue e USA si schierano contro Israele: “Rischio genocidio nella Striscia di Gaza”

800 funzionari Ue e USA si schierano contro Israele: “Rischio genocidio nella Striscia di Gaza”

da ansa.it

Una lettera aperta senza precedenti, firmata da oltre 800 funzionari pubblici degli USA e dell’Unione Europea, ha scosso le fondamenta della diplomazia internazionale. Questo “documento transatlantico” è stato inviato alle rispettive cancellerie con l’intento di denunciare le gravi violazioni del diritto internazionale perpetrate da Israele durante la sua recente risposta militare agli attacchi lanciati da Hamas nella Striscia di Gaza, nonché la complicità occidentale nella perpetuazione di una delle più gravi catastrofi umanitarie del secolo.

Una rivolta senza precedenti

La portata di questa ribellione sotterranea è senza precedenti, coinvolgendo centinaia di diplomatici e alti ufficiali. Non si tratta solo di una preoccupazione per la stabilità geopolitica e la pace mondiale, ma anche di una reazione indignata motivata da ragioni morali e d’interesse nazionale.

Il contenuto del documento

I firmatari, che per ora rimangono anonimi, accusano Israele di condurre operazioni militari senza limiti nella Striscia di Gaza. Queste azioni hanno già provocato migliaia di morti civili evitabili e hanno lasciato la popolazione locale di fronte al rischio di una lenta morte per fame a causa del blocco degli aiuti umanitari. Inoltre, si evoca il rischio plausibile di contribuire a gravi violazioni del diritto internazionale, del diritto di guerra e persino a episodi di pulizia etnica o genocidio.

L’autenticità del documento

Nonostante l’anonimato dei firmatari, l’autenticità del documento è confermata da media autorevoli come la BBC nel Regno Unito e il New York Times negli USA. Secondo il NYT, il documento è promosso da funzionari governativi di notevole esperienza provenienti da 11 Paesi europei e dagli USA. Questo atto di coraggio è  motivato dal “continuo rifiuto” delle autorità di prendere sul serio le avvertenze di esperti della regione medio-orientale, ignorate per convenienze politiche o ideologiche.

Una protesta senza precedenti

Persino durante la contestata guerra in Iraq del 2003, la maggior parte dei diplomatici critici rimase in silenzio. Tuttavia, la gravità della situazione nella Striscia di Gaza ha spinto queste voci a sollevare pubblicamente la loro protesta. Si punta il dito soprattutto contro l’amministrazione Biden e i governi europei alleati, accusati di offrire a Israele un sostegno militare, politico e diplomatico senza vere condizioni o responsabilità.

Una chiamata all’azione

Il documento sottolinea il prezzo devastante pagato dalla popolazione palestinese, dalle migliaia di morti alle famiglie sfollate e agli edifici distrutti. Si chiede urgentemente ai governi americano ed europeo di cambiare rotta e di smettere di giustificare l’operato di Israele come una forma “razionale” di autodifesa. Si esorta a porre fine alla complicità nell’ignorare le controindicazioni emerse da precedenti risposte occidentali al terrorismo e a lavorare verso una soluzione politica che garantisca la sicurezza a lungo termine per entrambi i popoli coinvolti.

La situazione attuale

In un contesto nel quale il prezzo viene pagato da migliaia di palestinesi uccisi, da quasi 2 milioni di abitanti di Gaza sfollati e dalla devastazione di metà degli edifici della Striscia, è imperativo agire con urgenza. Le autorità israeliane devono essere chiamate a rispondere delle loro azioni e i governi internazionali devono assumersi la responsabilità di porre fine a questa crisi umanitaria.

Conclusioni

In conclusione, questa lettera aperta rappresenta una chiamata all’azione senza precedenti, invitando la comunità internazionale a porre fine alla tragedia umanitaria nella Striscia di Gaza e a impegnarsi per una pace duratura nella regione. Solo attraverso una risposta concertata e decisa, possiamo sperare di porre fine alla sofferenza dei civili innocenti intrappolati in questo conflitto senza fine.

UE PIU’ FORTE DI ORBAN: TROVATO L’ACCORDO A 27 SUGLI AIUTI A KIEV

Ue più forte di Orban: trovato l’accordo a 27 sugli aiuti a Kiev

Ue più forte di Orban: trovato l’accordo a 27 sugli aiuti a Kiev

Ue più forte di Orban: trovato l’accordo a 27 sugli aiuti a Kiev

da avvenire.it

Il vertice europeo straordinario di oggi ha segnato un momento cruciale per l’Unione Europea (Ue), con il raggiungimento di un accordo a 27 sulla revisione del bilancio pluriennale. Questo accordo include anche una consistente assistenza finanziaria di 50 miliardi di euro per l’Ucraina nei prossimi quattro anni. La decisione è stata accolta con soddisfazione da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha evidenziato l’importanza del sostegno finanziario continuo dell’Ue per garantire la stabilità economica e finanziaria del paese.

La sfida di Viktor Orban e il veto ungherese

Il premier ungherese, Viktor Orban, ha rappresentato un ostacolo significativo nel raggiungimento di questo accordo. Le sue richieste, tra cui una revisione annuale con voto all’unanimità dei fondi per l’Ucraina e altre condizioni, hanno sollevato preoccupazioni tra gli altri leader europei. Tuttavia, dopo negoziati intensi, l’Ungheria ha alla fine accettato l’accordo, evitando così un potenziale fallimento politico per l’Ue e dimostrando un’unità significativa tra i paesi membri.

Implicazioni tecniche e compromessi necessari

Alcune delle richieste avanzate dall’Ungheria hanno sollevato questioni tecniche complesse. Ad esempio, la richiesta di esenzione dal pagamento della propria parte per affrontare l’aumento dei tassi d’interesse dei prestiti del Next Generation Eu è stata considerata una questione di principio. Tuttavia, la necessità di mantenere l’integrità del meccanismo di finanziamento ha portato a compromessi che hanno permesso di raggiungere un accordo soddisfacente per tutte le parti coinvolte.

L’evoluzione politica di Giorgia Meloni

Il vertice europeo ha anche evidenziato un cambiamento politico significativo per il premier italiano Giorgia Meloni. Finora alleata del premier ungherese Orban, Meloni ha recentemente avviato un avvicinamento al presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Le tensioni emerse durante il vertice potrebbero segnare un’ulteriore tappa in questo cambiamento politico, con implicazioni importanti per il futuro ruolo dell’Italia nell’Ue e per la leadership della Commissione europea.

Conclusioni: un accordo europeo e sfide future

L’accordo raggiunto a Bruxelles rappresenta un passo significativo per l’Ue nel sostenere l’Ucraina e nell’affrontare le sfide economiche e politiche della regione. Tuttavia, le questioni sollevate durante il vertice, tra cui le richieste di Orban e l’evoluzione politica di Meloni, indicano che ci sono sfide future da affrontare mentre l’Ue cerca di mantenere l’unità e di promuovere gli interessi comuni dei suoi stati membri.

L’ISTAT RIVELA DATI POSTIVI SUL LAVORO: CRESCONO GLI OCCUPATI E SI RIDUCE LA DISOSCCUPAZIONE

MES: Il no dell’Italia e le possibili conseguenze per l’UE

MES: Il no dell’Italia e le possibili conseguenze per l’UE

MES: Il no dell’Italia e le possibili conseguenze per l’UE

da corriere.it

L’Italia ha recentemente respinto la ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), suscitando preoccupazioni sull’efficacia dell’Unione Bancaria. Questa decisione avrà impatti significativi, poiché l’Italia rappresenterà l’unico paese dell’Unione Europea ad aver bocciato la modifica al MES.

Il contesto del no italiano al MES

Il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ammesso che avrebbe approvato la ratifica, ma il clima politico non lo permetteva. Questo rifiuto mette in dubbio la conclusione dell’Unione Bancaria, che coinvolge il MES e il Meccanismo di Risoluzione Unico. La decisione italiana potrebbe avere conseguenze significative sul futuro dell’Unione Europea.

Le possibili conseguenze della decisione italiana

La nuova versione del MES prevede l’attivazione di un paracadute per la gestione delle crisi bancarie dal 1° gennaio 2024. Senza il consenso dell’Italia, questo strumento finanziario non potrà essere utilizzato, mettendo a rischio il supporto comune al Fondo di Risoluzione Unico dell’Unione Bancaria. Questo potrebbe avere ripercussioni negative su tutti i paesi dell’Eurozona.

La posizione divisa del governo italiano

Il governo italiano è diviso su questa questione, con Fratelli d’Italia e Lega contrari alla ratifica, mentre Forza Italia si è astenuta. L’opposizione, tranne il Movimento 5 Stelle, ha sostenuto la modifica. Tuttavia, la decisione finale è stata delegata al Parlamento, che ha respinto l’autorizzazione con 184 voti contrari, 172 a favore e 44 astenuti.

Le ragioni del no Italiano

Le ragioni dietro il rifiuto sembrano più di forma che di contenuto. Alcuni sostengono che, se il MES deve salvare le banche, deve esserci un controllo più rigoroso, preferibilmente attraverso il Parlamento Europeo, anziché la discrezionalità degli organi direttivi. Altre voci suggeriscono che il rifiuto potrebbe essere una risposta alle trattative sul Patto di Stabilità, coinvolgendo Francia e Germania.

Funzionamento del MES

Il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato istituito nel 2012 per sostituire il Fondo Europeo di Stabilità, con l’obiettivo di fornire assistenza finanziaria ai paesi membri in difficoltà nel finanziarsi sul mercato. L’Italia contribuisce al MES con il 17,9% e può usufruire di prestiti economici, acquisti di titoli di Stato e altre forme di supporto finanziario.

La posizione dell’Unione Europea

L’UE ha dichiarato che non apporterà modifiche al nuovo testo in risposta al blocco italiano. La possibilità di altre ratifiche non è contemplata al momento. Alcuni suggeriscono che potrebbe essere tentato un accordo a 19, escludendo l’Italia, ma ciò implicherebbe la restituzione della quota di capitale italiana.

Le possibili evoluzioni future del MES

Con il rifiuto dell’Italia, il MES continuerà a operare senza le modifiche proposte. Le conseguenze potrebbero manifestarsi in diverse situazioni, come una crisi del debito o una crisi bancaria. L’Italia potrebbe trovarsi ad affrontare scelte difficili se dovesse presentarsi una situazione di emergenza finanziaria nell’Eurozona.

In conclusione, il no dell’Italia al MES ha generato incertezza sul futuro della cooperazione finanziaria europea e sollevato interrogativi sul ruolo del paese all’interno dell’Unione Europea.

Patto di stabilità Meloni “Se non posso rispettarlo niente ok” e Giorgetti “Ue sembra un’assemblea di condominio”

Patto di stabilità Meloni “Se non posso rispettarlo niente ok” e Giorgetti “Ue sembra un’assemblea di condominio”

Patto di stabilità Meloni “Se non posso rispettarlo niente ok” e Giorgetti “Ue sembra un’assemblea di condominio”

da corriere.it

Le trattative in corso sulla riforma del Patto di Stabilità dell’Unione Europea, proposta dalla Commissione europea lo scorso aprile, stanno incontrando difficoltà nel raggiungere un accordo tra gli Stati membri. Attualmente, le posizioni sono distanti, con l’Italia e altri Paesi impegnati in negoziati sulla durata della flessibilità proposta. Dibattito che coinvolge anche Germania, Austria, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Repubblica Ceca e Svezia.

La premier italiana Giorgia Meloni ha dichiarato a margine del Consiglio europeo: “Ci sono state interlocuzioni a margine. Sono giorni di trattative, il tema è rimandato al prossimo Ecofin. Le posizioni sono ancora abbastanza distanti, ma bisogna lavorare ora dopo ora su questo.” Meloni ha sottolineato la necessità di trovare un equilibrio nel Patto. Evitando di dare l’ok a un accordo che non possa essere rispettato da nessun governo.

Uno dei punti chiave in discussione riguarda l’aumento del costo del debito dovuto alla restrizione monetaria. Durante l’Ecofin, è stato deciso di considerare la spesa aggiuntiva nel periodo 2025-2027 quando si calcola l’aggiustamento dei conti pubblici per i paesi con deficit/PIL sopra il 3%. L’Italia ha avanzato richieste per una maggiore apertura riguardo al trattamento delle spese nazionali per la transizione verde.

Un ulteriore nodo di discussione riguarda l’applicazione della regola proposta dalla Germania e dai Paesi frugali. Che stabilisce che il 3% di deficit/PIL debba essere considerato come soglia massima in condizioni normali dell’economia. Tuttavia, sarà necessario rimanere al di sotto di questa soglia per avere un margine di manovra in caso di peggioramento dell’economia.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenendo ad Atreju, ha espresso il suo scetticismo sulle probabilità di un accordo nella settimana successiva. Definendo l’Unione Europea come un’assemblea di condominio. Ha affermato: “L’Ue è incapace di prendere decisioni tempestive, è impossibile decidere: funziona come un’assemblea di condominio”. Giorgetti ha sottolineato che l’Italia valuterà tutti i mezzi disponibili per proteggere gli interessi nazionali. E che, se ci saranno le condizioni, il governo firmerà, altrimenti no.

Rispondendo a domande sulla mancata approvazione delle nuove regole entro l’anno, Giorgetti ha dichiarato che dal 2024 il tessuto normativo sarà quello del vecchio Patto. Con le linee guida della Commissione europea. Ha precisato che il 2024 sarà un anno di transizione, con bilanci preparati tenendo conto sia del vecchio Patto che delle linee guida.

Inoltre, Giorgetti ha menzionato la possibilità di interventi, citando il decreto Milleproroghe come una delle opzioni in considerazione. Affermando che stanno monitorando la situazione con attenzione. Resta da vedere come si evolveranno le trattative. E se gli Stati membri riusciranno a raggiungere un accordo in tempi brevi.

KIEV OTTIENE IL VIA LIBERA PER L’ADESIONE ALLA UE ORBAN CRITICO MA NON METTE IL VETO

Kiev ottiene il via libera per l’adesione alla Ue Orbàn critico ma non mette il veto

Kiev ottiene il via libera per l’adesione alla Ue Orbàn critico ma non mette il veto

Kiev ottiene il via libera per l’adesione alla Ue Orbàn critico ma non mette il veto

da corriere.it

Introduzione: Il Consiglio europeo ha preso una decisione storica. Dando il via libera ai negoziati di adesione con l’Ucraina, Paese in guerra da quasi due anni, e la Moldavia. La Moldavia ha ottenuto anche lo status di candidato, mentre l’Ungheria si è ritirata dall’aula senza mettere il veto. Isolandosi dal consenso degli altri 26 leader dell’UE. Una mossa che ha suscitato reazioni diverse, definendo la decisione come “storica” o “sbagliata”. L’Ungheria, guidata dal premier Viktor Orbán, ha annunciato la sua uscita dalla stanza come “un’assenza concordata e costruttiva”.

Il Consiglio europeo e l’Unanimità: Il primo nodo di questo Consiglio europeo è stato l’allargamento, inizialmente a rischio di fallimento a causa delle minacce di Orbán di porre il veto su questioni cruciali legate all’Ucraina. L’unanimità è stata raggiunta dopo otto ore di discussione, con Budapest isolata nella sua opposizione. Orbán ha scelto di non esercitare il veto, consentendo così l’avvio dei negoziati di adesione.

Reazioni di Orbán e la Visione dell’Ungheria: Orbán, attraverso i suoi canali sociali, ha criticato apertamente la decisione, definendo l’adesione dell’Ucraina all’UE come “sbagliata”. Ha sottolineato che altri 26 Paesi hanno insistito sulla decisione e ha annunciato che l’Ungheria seguirà la propria strada. Tuttavia, l’unanimità è essenziale per l’allargamento, e la sua uscita dalla stanza ha permesso di raggiungerla.

La Moldavia e la Georgia: Oltre all’Ucraina, la Moldavia ha ricevuto il via libera come candidato, mentre la Georgia ha ottenuto la prospettiva di avviare i negoziati di adesione. Queste decisioni segnano una svolta significativa nelle relazioni dell’UE con questi paesi dell’Europa orientale.

La Visione di Zelensky e il Sostegno dell’UE: Il presidente ucraino Zelensky ha accolto la decisione come una vittoria per il suo paese e per l’Europa nel complesso. Ha ringraziato l’UE per il segnale inviato, affermando che la storia è fatta da coloro che lottano per la libertà.

I Negoziati sul Bilancio UE: La discussione è proseguita sulla revisione del bilancio UE, con le divergenze sulle cifre da stanziare entro il 2027 per le nuove priorità politiche dell’UE. Il presidente della Commissione UE, von der Leyen, aveva inizialmente richiesto 66 miliardi, ma le discussioni hanno portato a un compromesso di 31,6 miliardi. L’accordo comprende un pacchetto di 50 miliardi per l’Ucraina, con 33 miliardi in prestiti e 17 miliardi dalla revisione del bilancio.

Le Differenze tra i Paesi Ue: Le divergenze tra i Paesi Frugali e quelli mediterranei hanno reso complesse le trattative. Mentre tutti concordano sul pacchetto per l’Ucraina, le questioni rimanenti riguardano altre priorità di spesa. Alcuni paesi, come l’Italia, propongono nuove risorse proprie per affrontare le esigenze finanziarie.

Conclusione: La decisione storica dell’UE di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia rappresenta un passo significativo nel contesto geopolitico europeo. Le reazioni contrastanti degli Stati membri evidenziano le sfide e le complessità del processo di allargamento. Il cammino verso l’adesione sarà lungo e complesso, ma la decisione invia un messaggio forte all’Ucraina e a Mosca sull’impegno dell’Europa per la stabilità e la libertà nella regione.

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