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Borghi e Dempsey i “Diavoli” della finanza
Silvia Fumarola per repubblica.it/serietv
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Mentre nel grattacielo londinese tutti si muovono come formiche impazzite e i numeri che scorrono sugli schermi dei computer in un secondo cambiano la vita di Paesi lontanissimi e i destini di milioni di persone, un uomo si lancia nel vuoto. Cosa nasconde quel suicidio? “Non ci sono buoni o cattivi” dice Alessandro Borghi, finanziere rampante in Diavoli, la nuova serie su Sky e Now Tv dal 17 aprile. Tratta dal libro di Guido Maria Brera, broker, scrittore e produttore, che svela il mondo dell’economia. Chissà, nella realtà, cosa succederà dopo le macerie che lascerà il coronavirus. Se gli squali saranno pronti ad approfittare della crisi. Non era immaginabile quando Nick Hurran e Jan Michelini giravano la serie kolossal prodotta da Lux Vide e Sky Studio. Seire che vuole avvicinare il pubblico alla finanza citando Dostoevskij.
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Impresa non facile. Ma l’irresistibile ascesa del giovane Massimo Ruggeri (Borghi), ambizioso allievo di Dominic Morgan (Patrick Dempsey), potentissimo Ceo americano di una banca di investimenti, tinge di giallo il romanzo di formazione del giovane rampante. Il legame tra i due uomini inizia a sgretolarsi quando Massimo, che sarà coinvolto in una guerra finanziaria, dovrà scegliere se fidarsi del suo mentore o fermarlo. Ma il rampante Ruggeri dovrà risolvere anche problemi personali. La moglie tossicodipendente lo trascina nello scandalo. E cadono su di lui anche i sospetti per la morte del collega. Sarà una hacker (Laia Costa) a scoprire che qualcuno sta cercando di incastrarlo.
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Morgan, uomo dai troppi segreti con una vita apparentemente perfetta, è sposato con una fascinosa aristocratica (Kasia Smutniak). “La troviamo in un momento delicato”, racconta l’attrice. “Ha perso un figlio, soffre e forse è la sola a conoscere bene il marito: è la sua migliore amica e la più acerrima nemica”. Un thriller finanziario con immagini d’archivio dei crac che hanno messo in ginocchio il mondo. “Ho messo la mia conoscenza al servizio dell’intrattenimento” dice Brera. “La novità della serie è il punto di vista. Per la prima volta non è quello americano legato alla gestione del potere. Noi lo raccontiamo dalla parte europea, con gli stati forti e quelli deboli che collassano, con la crisi del 2008 vista dalle nostre banche”. “Mia madre lavorava in banca, una volta era un luogo familiare, oggi si è persa la familiarità” racconta Dempsey. “Oggi sono diventati grandi organismi e non sono più attenti ai risparmiatori”.
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La morale della storia è che capire i meccanismi della finanza significa comprendere come potranno cambiare – in meglio in peggio – le nostre vite. “Nella serie mostriamo un po’ tutto” spiega Nick Hurran “come la politica globale sia ostaggio di chi detiene i soldi. Ma anche le conseguenze che si risentono nei piccoli Paesi. Informazioni vendute, il potere che cambia, le banche che da istituzioni di fiducia sembrano essere entità che sfruttano al massimo il denaro altrui. La finanza diventa potere e noi cittadini qualunque viviamo senza essere consapevoli di come siamo manipolati. Se esiste il senso di colpa? Sono in gioco tutte le emozioni, ma forse avere tanto potere ti fa pensare di fare sempre la cosa giusta. Questa è una lotta per la stabilità, contro la paura del caos. Io stesso temo per le generazioni future: che succede se facciamo crollare il sistema?”. Chi vivrà vedrà.
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