“The Ferragnez 2” la recensione della serie tv su Amazon Prime Video
Diponibile su Amazon Prime Video
Regia: Francesco Imparato
Cast: Chiara Ferragni, Fedez
Genere: Docu-reality
Paese: Italia
Anno: 2023
Puntate: 8
Durata: 29-40 minuti (episodio)
Voto: OO 1/2 (su 5)
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La seconda stagione di “The Ferragnez” non apporta nulla di nuovo nell’incessante auto-racconto della coppia coniugale. Segue semplicemente lo stesso montaggio che riunisce le storie di Instagram, le riprese quotidiane, i confessionali, la terapia di coppia. E, poi, i video inediti e tutto il materiale emotivo che spazia dalle lacrime alle crisi matrimoniali, dai diverbi caratteriali all’amore per i figli. Ciò che cambia sono gli eventi, le location, i viaggi e l’apertura del primo episodio dedicato interamente alla malattia di Fedez. Accendendo le telecamere degli smartphone là dove mai avremmo voluto entrare.
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Se ormai sembra quasi naturale vederli (e vederci) vivere una vita documentata, riferita e svelata – la loro vita ricca di collaborazioni con famosi brand, fitting consueti con Donatella Versace e Maria Grazia Chiuri, litigi post-MET Gala su possibili sguardi flirtanti con Gigi Hadid e Jacob Elordi – rendendo la loro vita straordinaria e allo stesso tempo banale – l’accensione della spia rossa a un passo dalla sala operatoria del San Raffaele sembra un po’ fuori luogo.
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È un’invasione di spazi e fragilità tangibili (la possibile vicinanza con la morte) che sembra tornare dritta alla grande domanda che ha accompagnato la prima stagione. E’ giusto (per nostra esplicita volontà) mostrarci, raccontarci in ogni frangente di vulnerabilità. Oppure dovremmo ripensare a un confine, a un limite per riposizionarci all’interno della società?
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Se ha ancora senso porsi questa domanda, e se ha ancora senso non avere risposte certe su tutto, allora “The Ferragnez 2”, al di là del divertimento, del glamour, del cachet devoluto al Festival di Sanremo, della pretesa di essere veicolo per trasmettere messaggi, della simpatia o antipatia, delle sfide personali su un grattacielo di New York, potrebbe ancora fungere da ponte, da stimolo (si spera costruttivo) per il nostro perpetuo approccio all’autorappresentazione, alla documentazione indotta di noi stessi, alla capitalizzazione delle emozioni, dei traumi, della salute mentale e della malattia.
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In quest’ottica, forse, risiede il valore ultimo della serie. Che la si detesti, che la si commenti, che la si adori o che si boicotti, tutto si concentra su quel primo, sorprendente episodio. Lì dove la vera paura della morte come variabile imprevedibile viene esorcizzata con il cellulare puntato su di sé, tutte le domande sul bene e sul male, sul giusto e sullo sbagliato, si annullano e tornano direttamente a noi. La nostra, intima e personale idea di coscienza e di come decidiamo di utilizzare, esponendola o meno ai nostri seguaci, il nostro tempo a disposizione.
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La serie continua a offrire gli stessi elementi che hanno reso la prima stagione un successo. La narrazione si basa sulla raccolta e la condivisione di frammenti della vita quotidiana di Chiara Ferragni e Fedez attraverso i social media e i vlog. Si mostrano momenti di intimità, di lavoro, di viaggi e di eventi, mantenendo un costante flusso di contenuti che alimenta l’interesse dei fan.
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Tuttavia, la spia rossa accesa nel primo episodio, che testimonia il momento difficile della malattia di Fedez, sembra fuori contesto rispetto al tono generale della serie. È un momento in cui la fragilità e la vulnerabilità emergono in modo tangibile, introducendo una domanda fondamentale. Fino a che punto è giusto e salutare per loro e per noi spingere l’autorappresentazione e l’esposizione al limite?
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La serie solleva implicitamente la questione del confine tra la sfera privata e quella pubblica. Portando a riflettere sul significato dell’autenticità e sulle implicazioni dell’auto-racconto costante nelle nostre vite. È ancora rilevante interrogarci su quanto sia necessario mostrare ogni aspetto della nostra vulnerabilità. E se sia opportuno stabilire dei limiti per preservare la nostra privacy e la nostra relazione con la società.
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In un mondo in cui la documentazione di sé stessi e la capitalizzazione delle emozioni sono diventate parte integrante della nostra cultura, “The Ferragnez 2” potrebbe fungere ancora una volta da stimolo per una riflessione critica sulla nostra incessante necessità di auto-rappresentazione e sull’uso che facciamo del nostro tempo e delle nostre energie.
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Indipendentemente dalle opinioni personali sulla serie, sia che la si ami o la si detesti, essa continua a richiamare l’attenzione sulla complessità delle dinamiche sociali. Sulla ricerca di autenticità e sull’impatto dell’esposizione mediatica sulla nostra esistenza. Alla fine, il valore ultimo di “The Ferragnez 2” potrebbe risiedere proprio in questa capacità di sollevare tali questioni. E stimolare una riflessione critica sulle dinamiche dell’autorappresentazione nella società contemporanea.
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