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Imbucato teatrale la recensione di “Favete Linguis”
In scena nell’ambito della rassegna “E…state al Wood”
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Dopo quasi sei mesi di forzata interruzione riapro la mia rubrichetta con il piacere di recensire un trio di talentuosi e versatili artisti che divertono e si divertono riprendendo il “Varietà degli Anni 60”. Genere assai poco frequentato che meriterebbe molta più attenzione. Perché, oltre ad interessare gli spettatori più maturi, intriga ed affascina anche gli spettatori più giovani. Questo spettacolo chiude la seconda edizione della Rassegna “E…state! al Wood” di Claudia Campagnola. Rassegna che nche quest’anno ha incontrato il favore del pubblico proponendo spettacoli piacevoli ed interessanti.
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Toni Fornari, Emanuela Fresi e Stefano Fresi, supportati dall’ottima Cristiana Polegri ai fiati, rendono un affettuoso omaggio al Quartetto Cetra. Raccogliendone l’ideale eredità sia nelle accurate esecuzioni musicali che nelle abilità “tecniche” con le quali intrattengono gli spettatori. Novanta minuti di spettacolo nei quali si passa dal medley degli anni ’30 ad un vecchio grammofono con il volume altalenante. Dalla “Vasca” di Alex Britti declinata in varie modalità alla rivisitazione di Shakespeare con il suggeritore impacciato. In un crescendo di risate ed applausi da parte della platea completa in ogni ordine di posti.
Maurizio Zucchetti
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Imbucato teatrale la recensione de “La casa di frontiera”
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In un futuro distopico il napoletano Gennaro Strummolo vive in un casa sulla frontiera fra la Riserva Napoletana e la florida Repubblica del Nord. Tanta è la voglia di farsi accettare dagli arroganti padroni di casa che il Nostro cambia il proprio nome in Genny. Inventandosi ascendenze teutoniche e coinvolgendo anche la sorella Addolorata, ribattezzata Dolly, a seguire lezioni di pura lingua padana. A rovinare il suo progetto provvede però Ciro, il fidanzato di Dolly. Il quale, da vero “mariuolo” partenopeo, sfrutta cinicamente la situazione per il suo esclusivo tornaconto, distruggendo il faticoso tracciato di integrazione che Gennaro da tempo percorre.
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Il testo, ricco di ironia e di battute paradossali, è recitato a ritmo elevato da Francesco Procopio e dall’affiatato gruppo che lo circonda. Colorato dai suoi movimenti disarticolati e dal bizzarro eloquio che imita il dialetto dei dominatori. Tutta la vicenda è però pervasa da una linea amara, come un sottotesto di tristezza che esplode nella scena finale. Dove il protagonista, non riuscendo ad accettare il crollo di tutte le sue certezze, ha un tracollo emotivo che lo porta in una sua esclusiva realtà. Da sottolineare l’esilarante apparizione di Genny e Dolly, in perfetta divisa padana, per andare a deporre in Tribunale.
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Maurizio Zucchetti
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