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“Curon” recensione serie
disponibile su Netflix
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Regia: Fabio Mollo, Lyda Patitucci
Cast: Valeria Bilello, Luca Lionello, Federico Russo, Margherita Morchio, Anna Ferzetti, Alessandro Tedeschi, Juju Di Domenico, Giulio Brizzi, Max Malatesta, Luca Castellano
Genere: Serie Tv Thriller
Numero episodi: 7
Voto: ♥ (su 5)
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L’idea da cui nasce la serie Curon è intrigante. Secondo una leggenda molto in voga in questo piccolo comune dell’Alto Adige, a pochi chilometri dal confine austriaco, è possibile ascoltare il suono delle campane dal campanile, appunto, che emerge dal lago di Resia. Questo, però, solo nelle giornate d’inverno, quelle più fredde e buie, però. Cosa c’è di strano, direte voi. Nulla, se tralasciamo il fatto che le campane sono state rimosse dal campanile 70 anni fa.
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Capite bene, dunque, che da una trama tanto scarna quanto avvincente c’era da aspettarsi una serie horror coi fiocchi. Se non un capolavoro, almeno un qualcosa di piacevole per gli occhi. Come ciò non sia stato possibile lo sanno solo gli autori di questa ennesima serie flop made in Italy e targata Netflix. Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano (questi i loro nomi) hanno preso degli ottimi ingredienti per terrorizzare gli spettatori e li hanno trasformati in elementi buoni per uno “Scary Movie” in salsa tricolore.
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Più ci si addentra nei sette episodi che compongono la prima stagione di “Curon”, infatti, e più si ha l’impressione di trovarsi davanti ad una spassosa parodia del faro “Dark”. La serie vorrebbe approfondire molte tematiche, anche interessanti almeno sulla carta, ma lo fa con un pauroso dilettantismo indegno di un marchio come Netflix. La scrittura ha mille buchi e non solo non è credibile (è pur sempre un fantasy, d’accordo), ma si dimentica persino di fare i conti con la verosimiglianza, caratteristica richiesta a qualsiasi tipo di fiction.
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Le falle della sceneggiatura, poi, non vengono bilanciate da una recitazione all’altezza, anzi accade l’esatto contrario. Il cast, sia ‘adulto’ che ‘giovane’, non è adeguato alla situazione e contribuisce, con interpretazioni scialbe e assolutamente fuori registro, a dar vita a molte (troppe) scene cariche di comicità involontaria. In “Curon”, dunque, non funziona davvero nulla ed è un vero peccato, perché le premesse e le attese create nello spettatore dovevano essere ben altre. Doveva essere la risposta italiana a “Dark”, ma, ahimé, più che una risposta si è rivelata una battuta. Di pessimo gusto, per giunta.
Francesco G. Balzano
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