“L’anniversario” di Andrea Bajani leggi la recensione
Titolo: L’anniversario
Autore: Andrea Bajani
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Feltrinelli
Pagine: 128
Prezzo: Euro 16
Ebook: Euro 10,99
Trama: Si possono abbandonare il proprio padre e la propria madre? Si può sbattere la porta, scendere le scale e decidere che non li si vedrà più? Mettere in discussione l’origine, sfuggire alla sua stretta? Dopo dieci anni sottratti al logoramento di una violenza sottile e pervasiva tra le mura di casa, finalmente un figlio può voltarsi e narrare la sua disgraziata famiglia e il tabù di questa censura “con la forza brutale del romanzo”.
Introduzione al romanzo: una lunga resa dei conti
L’anniversario di Andrea Bajani è un romanzo che affronta con coraggio e lucidità il tema dell’abbandono delle radici familiari, poi intrecciandolo con quello della memoria soggettiva. Il libro si presenta come una lunga lettera interiore che un figlio adulto scrive alla madre, poi appena morta, ripercorrendo il proprio passato familiare con un’attenzione spietata. Inoltre, l’autore evita toni melodrammatici, preferendo una narrazione misurata e asciutta, che rende il dolore ancora più tangibile.
Il romanzo si sviluppa come un monologo, poi sussurrato ma implacabile, in cui la voce narrante cerca di venire a patti con il vuoto lasciato da una madre ambigua. Inoltre, l’intera struttura del testo è costruita per restituire il senso di una distanza incolmabile, anche quando si parla della vicinanza fisica tra madre e figlio.
Il nucleo tematico: famiglia come origine e ferita
Il romanzo ruota attorno a un interrogativo preciso: si può lasciare la propria famiglia senza sentirsi colpevoli? Poi la narrazione sviluppa questa domanda senza proporre risposte semplici, ma anzi esplorando tutte le contraddizioni che essa implica. Inoltre, Bajani mette in discussione l’idea sacra della famiglia come luogo d’amore incondizionato, mostrandone invece le pieghe tossiche.
La famiglia del protagonista è descritta come un ambiente asfissiante, poi segnato da una violenza sottile ma persistente, fatta di sguardi, omissioni, freddezze. Inoltre, l’autore riesce a raccontare questo logoramento senza mai cedere al sentimentalismo, lasciando che sia il linguaggio stesso a restituire l’angoscia.
Il padre è una figura quasi assente, poi relegato ai margini di una narrazione che lo considera colpevolmente muto. Inoltre, il silenzio diventa una forma di complicità in un sistema familiare che opprime invece di proteggere.
Stile narrativo: una lingua che sfibra e incide
Lo stile di Bajani è estremamente controllato, poi sempre attento a evitare l’eccesso. Ogni frase è scolpita, poi asciugata da qualsiasi ridondanza. Inoltre, l’autore utilizza una prosa che ha il passo del ricordo e il peso del rimorso.
La seconda persona singolare, utilizzata per rivolgersi alla madre morta, crea una tensione intima e dolorosa. Poi questa scelta stilistica amplifica il senso di isolamento, perché il lettore assiste a un dialogo impossibile. Inoltre, la narrazione procede per accumulo, poi per flashback e riflessioni, creando una struttura spiraliforme.
La lingua si fa spesso ossessiva, poi ripetitiva per restituire la ciclicità del trauma. Inoltre, Bajani utilizza frasi brevi, quasi tagliate, che rendono la lettura un’esperienza intensa ma mai faticosa.
Il tempo come sospensione e memoria
Il tempo nel romanzo è frammentato, poi organizzato secondo la logica emotiva del protagonista. Non c’è una cronologia lineare, poi gli eventi vengono evocati secondo un ordine interiore. Inoltre, il tempo è un materiale fragile che il narratore maneggia con cautela, perché ogni ricordo può ferire.
Il passato irrompe continuamente nel presente, poi alterando la percezione della realtà. Inoltre, la morte della madre rappresenta un punto di rottura, ma anche l’unico momento in cui il protagonista può finalmente parlare. Il funerale, che funge da cornice narrativa, è poi il catalizzatore di tutto il romanzo.
La figura materna: presenza e negazione
La madre è al centro del romanzo, poi come figura ambivalente e sfuggente. Il narratore la ama e la odia, poi la rimpiange e la accusa. Inoltre, nonostante la distanza, la madre esercita ancora un potere sul protagonista, come una forza che continua a condizionare il presente.
Il loro rapporto è segnato da un’assenza emotiva che pesa più delle parole. Poi la madre è sempre stata lì, ma mai davvero con lui. Inoltre, questa freddezza viene raccontata con una precisione chirurgica, che non lascia spazio a dubbi sulla sofferenza vissuta.
Il lutto, poi, non porta consolazione ma solo una nuova consapevolezza. Inoltre, la madre resta irraggiungibile anche da morta, perché il dolore non si scioglie con la fine della vita.
Un romanzo di coraggio e verità
L’anniversario è un libro che richiede al lettore una partecipazione emotiva intensa. Poi non si tratta di un romanzo da leggere con leggerezza, ma di un viaggio nella parte più oscura dei legami familiari. Inoltre, Bajani non concede alcuna rassicurazione: la famiglia può fare male, e a volte è necessario scappare.
La forza del romanzo sta nel suo coraggio. Poi Bajani racconta una storia che in molti tacciono, quella di figli che scelgono il silenzio per sopravvivere. Inoltre, lo fa con una scrittura impeccabile, che riesce a trasformare il dolore in letteratura.
Il dolore come eredità
Uno dei temi centrali del romanzo è l’eredità emotiva. Poi non si parla solo di patrimoni o fotografie, ma di traumi che passano da una generazione all’altra. Inoltre, il protagonista si chiede se sia possibile liberarsi davvero di ciò che ci è stato trasmesso.
La madre ha lasciato una casa, poi piena di oggetti, ma anche di silenzi e di sguardi spezzati. Inoltre, il figlio si aggira in questo spazio con un senso di colpa che non riesce a scrollarsi di dosso.
Il libro suggerisce che l’unico modo per sopravvivere è raccontare. Poi solo la parola può rompere il cerchio del dolore. Inoltre, la scrittura diventa un gesto di ribellione, ma anche di amore.
Un romanzo necessario
L’anniversario non è un libro per tutti, poi proprio perché non ha paura di guardare negli occhi la realtà. Inoltre, non offre catarsi né pacificazioni facili, ma apre una riflessione profonda sul senso dell’appartenenza.
È un romanzo necessario per chi vuole capire cosa succede quando i legami diventano catene. Poi per chi ha vissuto o assistito a forme sottili di violenza domestica. Inoltre, per chi sente che l’amore filiale non è sempre un sentimento automatico, ma qualcosa che si costruisce o si distrugge giorno dopo giorno.
Un’opera letteraria fuori dal coro
Nel panorama letterario italiano, L’anniversario rappresenta un’eccezione. Poi pochi autori hanno il coraggio di affrontare il tabù dell’abbandono familiare. Inoltre, Bajani lo fa con una scrittura limpida, ma mai compiacente.
La costruzione del romanzo è solida, poi pensata per accompagnare il lettore in un percorso graduale. Inoltre, la coerenza tra stile, struttura e contenuti rende il libro un oggetto letterario compatto e potente.
Il senso del titolo
Il titolo L’anniversario richiama il momento della commemorazione. Poi suggerisce un ritorno, un ricordo che si rinnova. Inoltre, è un’occasione per fare i conti con il passato, ma anche per decidere cosa portare con sé e cosa lasciare andare.
L’anniversario della morte diventa così un atto narrativo. Poi il protagonista scrive perché non può fare altro. Inoltre, questa necessità traspare in ogni pagina, in ogni pausa, in ogni omissione.
Una lettura che lascia il segno
L’anniversario di Andrea Bajani è un romanzo che resta. Poi non tanto per la trama, quanto per la forza emotiva che lo attraversa. Inoltre, la scrittura di Bajani colpisce perché dice il dolore senza urlarlo, e lo fa con una dignità rara.
È un libro che parla di ferite, ma anche della possibilità di guarirle. Poi il narratore non perdona, ma nemmeno condanna del tutto. Inoltre, si assume la responsabilità della memoria, e questo gesto è già di per sé rivoluzionario.
Chi leggerà questo romanzo ne uscirà cambiato. Poi magari con più domande che risposte. Inoltre, con la consapevolezza che a volte amare significa anche sparire. E che, per molti, la libertà inizia proprio dalla porta chiusa di una casa d’infanzia.
Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)
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