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“Tolo Tolo” la recensione del film
Distribuzione: Medusa Film
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Regia: Checco Zalone
Cast: Checco Zalone, Souleymane Silla, Manda Touré, Nassor Said Birya, Alexis Michalik, Arianna Scommegna, Jean Marie Godet, Antonella Attili, Nunzio Cappiello, Gianni D’Addario, Eduardo Rejón, Nicola Nocella, Fabrizio Rocchi, Diletta Acquaviva, Maurizio Bousso, Sara Putignano, Barbara Bouchet, Nicola Di Bari, Francesco Cassano
Genere: Commedia
Durata: 90 minuti
Voto: ♥ (su 5)
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Il film narra la tragicomica storia di Checco (Zalone), uomo che ama sognare in quel di Spinazzola, in Puglia. Dopo un fallimentare tentativo di trapiantare la cultura del sushi in terra carnivora, Checco fugge oberato dai debiti e tampinato da famiglia ed ex-mogli. Tutti incauti finanziatori dei suoi goffi sogni imprenditoriali. Si rifugia da cameriere in un resort africano, a confidarsi con l’amico e collega del posto, Oumar, che sogna l’Italia e adora il cinema neorealista italiano. Dentro di sé, Checco si sente più vicino ai tanti ricconi italiani che deve servire nell’hotel. Il suo equilibrio è decisamente precario, e si spezza quando la guerra civile spazza via tutto. E spinge Checco e Oumar prima nel villaggio di quest’ultimo, poi direttamente sulla rotta per l’Europa. Bus precari, deserto, passaggi fortunosi, momenti di pace, guerriglia, carceri e attraversamento del Mediterraneo. Checco non vuole saperne di tornare dove lo attendono al varco debiti e fallimenti, anzi: sogna di ritornare in Europa ma di trasferirsi nel Liechtenstein!
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Per realizzare “Tolo Tolo”, Luca Medici, in arte (?) Checco Zalone, abbandona la sua storica collaborazione con Gennaro Nunziante per farsi coadiuvare, alla sceneggiatura, da Paolo Virzì. Un nome altisonante che, però, rimane soltanto scritto nei crediti, in quanto la mano del regista livornese rimane invisibile e impalpabile. Dietro la macchina da presa, per la prima volta, il comico si mette in proprio e, stavolta si, è del tutto evidente che la pellicola sia girata (si fa per dire) da un esordiente totale. Manca un’idea di cosa sia il Cinema e di come si debba costruire non specificatamente una commedia (come nel caso) ma un film in generale.
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L’insieme è un totale pastrocchio, un qualcosa di indefinito e senza né capo né coda. Non c’è una struttura a sorreggere le battute (quelle poche e poco divertenti che ci sono), né una vaga percezione di quale strada si voglia prendere. Circostanza grave se, ripetiamo, a metter mano alla sceneggiatura c’è anche un uomo navigato del cinema come Paolo Virzì. Invece, qui non c’è altro che una telecamera pronta a seguire il ciondolanta andare di un idiota (il personaggio di Checco Zalone), il quale vaga svagato nel bel mezzo di una tragedia senza mai farsi una domanda.
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Non si abbia l’ardire di sostenere che “Tolo Tolo” (molto semplicemente, una storpiatura dell’italiano “solo solo”) sia un film che fa riflettere, perché non è affatto così. Anzi, l’intenzione è proprio l’esatto contrario, ovvero quella di guardare la realtà in superficie, prendendo uno slogan da destra e un altro da sinistra, e limitandosi a ripeterlo. Da che parte sta Checco Zalone? Alla domanda non c’è risposta, non in questo film (?) almeno, ma, francamente è il minore dei problemi. Si potrebbe dire che, addirittura, è una questione insignificante, perché qui il tema principale è che manca proprio la sostanza.
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Questa pellicola è il nulla, uno specchio il cui unico compito è riflettere. Non si mette alla berlina niente e nessuno, è uno sguardo distratto su una tragedia. Un contenitore vuoto che ognuno può riempire con le proprie idee sostenendo che vengano ridicolizzate quelle degl altri. Ma, in realtà, se uno prova davvero a immergersi dentro scoprirà che non c’è proprio profondità. Il punto più basso, poi, si raggiunge con l’insulso finale che la coppia Zalone/Virzì decide di dare alla loro orrenda creatura. Una canzoncina frivola ed inutile con la presuntuosa pretesa di far ridere, per giunta. Praticamente una summa di tutta l’operazione.
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Checco Zalone si conferma sceneggiatore mediocre e si scopre pessimo regista. Nessuna idea di cosa sia un film e da dove si cominci per realizzarlo, ma è bravissimo (e qui giù il capello) a vendere il suo brand. Non ha inventato nulla di eclatante, si tratta semplicemente di un personaggio banale, che ha fatto del banalismo la sua cifra stilistica. Non prende posizione, non è cerchiobottista, né ‘spara’ a 360 gradi. Fa una semplice operazione di marketing: strizza l’occhio ad ognuno di noi e ci invita a guardare il suo nulla. Quando uno scopre l’inganno (ammesso che lo scopra) è troppo tardi, perché stanno già scorrendo i titoli di coda. Ha giocato al gioco delle tre carte con gli spettatori, ma tra genio e furbizia c’è una bella differenza…
Francesco G. Balzano
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