Tag: teatro

Imbucato teatrale la recensione di “Ben Hur”

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Imbucato teatrale la recensione di Imbucato teatrale la recensione di “Ben Hur”

Imbucato teatrale la recensione di “Ben Hur”

In scena al Teatro Marconi

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L’amarissimo testo di Gianni Clementi, messo in scena ed interpretato da Stefano Dionisi, ci porta nel sottoproletariato urbano. Dove il predominio e la sopraffazione sono la regola di vita.

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Sergio, interpretato da Fabrizio Di Nezza, credibilissimo nella sua romanità, è un ex stuntman. Che aspettando l’esito di una causa milionaria sbarca il lunario facendosi fotografare dai turisti vestito da centurione. E che vive nella quasi totale indigenza con la sorella Maria, interpretata da Cristina Carli. Che arrotonda facendo la telefonista per una chat erotica. Nella loro vita irrompe Milan, ingegnere ucraino dai molti talenti. Sempre gentile e disponibile, sogna un futuro migliore per la sua famiglia. Quando gli affari, grazie alle sue capacità ed al suo intuito, cominciano ad andar bene la ferrea legge della borgata avrà la meglio. E per lui finirà malissimo.

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I tre protagonisti interpretano il testo con elevato ritmo ed adeguata tensione narrativa. Sia nelle numerose parti comiche che in quelle drammatiche. Divertenti le telefonate erotiche che punteggiano la noiosa vita della casalinga Maria.

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Maurizio Zucchetti

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Imbucato teatrale la recensione de “L’uomo la bestia e la virtù”

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Imbucato teatrale la recensione de “L’uomo, la bestia e la virtù”

Imbucato teatrale la recensione de “L’uomo, la bestia e la virtù”

In scena al Teatro Sala Umberto

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Una farsa pirandelliana, anzi un apologo come si diceva allora, che alla sua prima rappresentazione nel 1919 suscitò scandalo e fu poco considerata. Per poi diventare una classico. Un gruppo di ragazzi briosi, frizzanti, coordinati e sostenuti dall’immenso talento di Giorgio Colangeli. Che, lungi dall’essere un distaccato “padre nobile”, scende in campo e gioca con loro.

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La vicenda del professor Paolino, che ama la fragile signora Perella tormentata dal dispotico marito, attraversa il tempo. Per giungere fino a noi con il suo messaggio attualissimo e carico di ambiguità. Chi è veramente la Bestia, Il prepotente capitano o il bizzoso professore che architetta un piano per liberarsi della responsabilità di una gravidanza inattesa? E l’indifesa consorte è davvero la vittima dei due uomini che se la contendono, o è forse colei che tiene in mano le redini del gioco?

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L’angoscia per la condizione umana in cui tutti indossano una maschera stavolta si stempera nell’allegria del testo. Ottimamente interpretato da un gruppo affiato che diverte e si diverte.

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Maurizio Zucchetti

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Imbucato teatrale la recensione de “Il sistema”

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Imbucato teatrale la recensione de “Il sistema”

Imbucato teatrale la recensione de “Il sistema”

In scena al Teatro Sala Umberto

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Solo, al centro del palco, l’istrionico Edoardo Sylos Labini mette in scena la vicenda Palamara dal punto di vista del protagonista. Che analizzando minuziosamente la struttura della magistratura ci racconta la sua trasformazione in un “sistema”. Per niente interessato alle istanze di giustizia che gli si richiedono, ma totalmente occupato a perpetuare ed ingrandire il suo potere.

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L’attore, perennemente controllato dall’occhiuta ed inquietante presenza di un giovane con le cuffie seduto davanti ad un Notebook, ci narra con l’aiuto di interessanti inserti video le vicende personali e professionali di Luca Palamara. Da quando, ragazzo, decise di iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza. Fino alla conquista del vertice dell’ANM con la funzione, testuale, di diventare il “cane da guardia del sistema”.

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Protagonismo dei giudici, lottizzazione politica, correnti come autobus per la carriera. Il testo mette in luce problemi che senz’altro esistono. Asservendoli, però, alla visione complottista di una SPECTRE vetero comunista che tutto controlla e tutto può, dove Luca Palamara è quasi una vittima.

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Maurizio Zucchetti

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Imbucato teatrale la recensione de “L’ombra di Mazzini”

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Imbucato teatrale la recensione de “L’ombra di Mazzini”

Imbucato teatrale la recensione de “L’ombra di Mazzini”

In scena al Teatro Marconi

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Un pensatore intransigente e visionario che vuole sovvertire con la violenza l’ordine costituito per imporre la sua idea di società. Renato Curcio, il Califfo Al-Baghdadi dell’ISIS? No, Giuseppe Mazzini! La vita di uno dei Padri della Patria viene raccontata con il consueto rigore storico da Emanuele Cecconi nell’interessante spettacolo da lui scritto, diretto ed interpretato.

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Con l’’ottimo cast che lo accompagna ci racconta la vita dei personaggi del Risorgimento negli anni dal 1833 al 1870. Passando per il fatidico “’48” e mostrandoceli come esseri umani, con i loro errori e le loro passioni. Superando il fastidioso ricordo scolastico di una moltitudine di date da imparare a memoria. Da sottolineare la dicotomia fra il nobile Cavassa pieno di dubbi e la granitica fedeltà al Re del capo delle spie Broglia, ottimamente interpretati da Valerio Palozza e Giuseppe Renzo. E la polvere che ricopre tutti i personaggi tranne Mazzini, metafora della loro appartenenza ad un mondo che sta tramontando.

Maurizio Zucchetti

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La recensione di “Amore, divorziamo?”

Imbucato teatrale la recensione di “Amore, divorziamo?”

In scena al Teatro Golden 

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Bentornato, teatro!

Ad oltre 15 mesi dall’ultima recensione al netto di qualche sporadica incursione estiva, questa rubrica riapre i battenti sperando di dimenticare il terribile periodo che tutti abbiamo passato.
Ricominciamo alla grande con il piacevole spettacolo scritto da Andrea Maia e Vincenzo Sinopoli con Toni Fornari, che lo dirige, nel quale si approfondiscono tematiche importanti con leggerezza e divertimento. Insomma, con le consuete “bollicine del Golden”!

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Stavolta si analizza l’amore: quello di Sandra e Carmelo solido, affidabile, apparentemente immutabile nel tempo. E quello emozionale, irruento, isterico, di Carla e Marco che si perdono e si ritrovano dopo dieci anni per scrivere la parola fine alla loro relazione… Ma siamo sicuri che le cose stiano proprio così?

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Emanuela Fresi, Pietro Scornavacchi, Roberta Mastromichele e Danilo De Santis sono un gruppo affiatato che interpreta il testo con ritmo e tensione narrativa. Divertendo il pubblico con le numerose battute e le situazioni paradossali, ma inducendolo anche a riflettere su questo sentimento, fondamentale nelle relazioni umane.

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Da sottolineare la spassosa coloritura romanesca del personaggio di Carmelo ed il delicato omaggio musicale al Maestro Franco Battiato.

Maurizio Zucchetti

Imbucato teatrale la recensione di “Oh Diss’ea”

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Imbucato teatrale la recensione di “Oh Diss’ea”

Imbucato teatrale la recensione di “Oh Diss’ea”

In scena al Teatro Ghione

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Roberto Ciufoli, Simone Colombari e Max Paiella portano in scena un divertissement che ripercorre il classico dei classici greci. Con la consueta verve ed ironia accompagnati, o meglio per meglio dire disturbati, dalle brillanti parodie del simpatico musicista.

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L’inizio con la più classica delle recitazioni, i Feaci e Calipso, Circe (al Circeo) e Polifemo, i Proci ed il cane Argo. Fino a Penelope che, rivedendo il suo sposo dopo 30 anni, appunto disse “Oh!”. Sessanta minuti abbondanti in un crescendo di battute, giochi di parole e sottolineature musicali. Coinvolgendo il pubblico che ride e si diverte.

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Al di là dell’indubbio talento degli interpreti va sottolineata la voglia di esserci, di testimoniare in questo momento difficile dal futuro incerto l’amore per il teatro. E la necessità pressante, quasi fisica, di salire sul palcoscenico per incontrare nuovamente il pubblico: chapeau!

Maurizio Zucchetti

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La recensione di “Favete Linguis”

Imbucato teatrale la recensione di “Favete Linguis”

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Dopo quasi sei mesi di forzata interruzione riapro la mia rubrichetta con il piacere di recensire un trio di talentuosi e versatili artisti che divertono e si divertono riprendendo il “Varietà degli Anni 60”. Genere assai poco frequentato che meriterebbe molta più attenzione. Perché, oltre ad interessare gli spettatori più maturi, intriga ed affascina anche gli spettatori più giovani. Questo spettacolo chiude la seconda edizione della Rassegna “E…state! al Wood” di Claudia Campagnola. Rassegna che nche quest’anno ha incontrato il favore del pubblico proponendo spettacoli piacevoli ed interessanti.

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Toni Fornari, Emanuela Fresi e Stefano Fresi, supportati dall’ottima Cristiana Polegri ai fiati, rendono un affettuoso omaggio al Quartetto Cetra. Raccogliendone l’ideale eredità sia nelle accurate esecuzioni musicali che nelle abilità “tecniche” con le quali intrattengono gli spettatori. Novanta minuti di spettacolo nei quali si passa dal medley degli anni ’30 ad un vecchio grammofono con il volume altalenante. Dalla “Vasca” di Alex Britti declinata in varie modalità alla rivisitazione di Shakespeare con il suggeritore impacciato. In un crescendo di risate ed applausi da parte della platea completa in ogni ordine di posti.

Maurizio Zucchetti

Imbucato teatrale la recensione di “Favete Linguis”

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Imbucato teatrale la recensione di “Favete Linguis”

Imbucato teatrale la recensione di “Favete Linguis”

In scena nell’ambito della rassegna “E…state al Wood”

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Dopo quasi sei mesi di forzata interruzione riapro la mia rubrichetta con il piacere di recensire un trio di talentuosi e versatili artisti che divertono e si divertono riprendendo il “Varietà degli Anni 60”. Genere assai poco frequentato che meriterebbe molta più attenzione. Perché, oltre ad interessare gli spettatori più maturi, intriga ed affascina anche gli spettatori più giovani. Questo spettacolo chiude la seconda edizione della Rassegna “E…state! al Wood” di Claudia Campagnola. Rassegna che nche quest’anno ha incontrato il favore del pubblico proponendo spettacoli piacevoli ed interessanti.

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Toni Fornari, Emanuela Fresi e Stefano Fresi, supportati dall’ottima Cristiana Polegri ai fiati, rendono un affettuoso omaggio al Quartetto Cetra. Raccogliendone l’ideale eredità sia nelle accurate esecuzioni musicali che nelle abilità “tecniche” con le quali intrattengono gli spettatori. Novanta minuti di spettacolo nei quali si passa dal medley degli anni ’30 ad un vecchio grammofono con il volume altalenante. Dalla “Vasca” di Alex Britti declinata in varie modalità alla rivisitazione di Shakespeare con il suggeritore impacciato. In un crescendo di risate ed applausi da parte della platea completa in ogni ordine di posti.

Maurizio Zucchetti

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Imbucato teatrale la recensione de “La casa di frontiera”

Imbucato teatrale la recensione de “La casa di frontiera”

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In un futuro distopico il napoletano Gennaro Strummolo vive in un casa sulla frontiera fra la Riserva Napoletana e la florida Repubblica del Nord. Tanta è la voglia di farsi accettare dagli arroganti padroni di casa che il Nostro cambia il proprio nome in Genny. Inventandosi ascendenze teutoniche e coinvolgendo anche la sorella Addolorata, ribattezzata Dolly, a seguire lezioni di pura lingua padana. A rovinare il suo progetto provvede però Ciro, il fidanzato di Dolly. Il quale, da vero “mariuolo” partenopeo, sfrutta cinicamente la situazione per il suo esclusivo tornaconto, distruggendo il faticoso tracciato di integrazione che Gennaro da tempo percorre.

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Il testo, ricco di ironia e di battute paradossali, è recitato a ritmo elevato da Francesco Procopio e dall’affiatato gruppo che lo circonda. Colorato dai suoi movimenti disarticolati e dal bizzarro eloquio che imita il dialetto dei dominatori. Tutta la vicenda è però pervasa da una linea amara, come un sottotesto di tristezza che esplode nella scena finale. Dove il protagonista, non riuscendo ad accettare il crollo di tutte le sue certezze, ha un tracollo emotivo che lo porta in una sua esclusiva realtà. Da sottolineare l’esilarante apparizione di Genny e Dolly, in perfetta divisa padana, per andare a deporre in Tribunale.

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Maurizio Zucchetti

Imbucato teatrale la recensione de “La casa di frontiera”

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Imbucato teatrale la recensione de “La casa di frontiera”

Imbucato teatrale la recensione de “La casa di frontiera”

In scena al Teatro Ghione

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In un futuro distopico il napoletano Gennaro Strummolo vive in un casa sulla frontiera fra la Riserva Napoletana e la florida Repubblica del Nord. Tanta è la voglia di farsi accettare dagli arroganti padroni di casa che il Nostro cambia il proprio nome in Genny. Inventandosi ascendenze teutoniche e coinvolgendo anche la sorella Addolorata, ribattezzata Dolly, a seguire lezioni di pura lingua padana. A rovinare il suo progetto provvede però Ciro, il fidanzato di Dolly. Il quale, da vero “mariuolo” partenopeo, sfrutta cinicamente la situazione per il suo esclusivo tornaconto, distruggendo il faticoso tracciato di integrazione che Gennaro da tempo percorre.

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Il testo, ricco di ironia e di battute paradossali, è recitato a ritmo elevato da Francesco Procopio e dall’affiatato gruppo che lo circonda. Colorato dai suoi movimenti disarticolati e dal bizzarro eloquio che imita il dialetto dei dominatori. Tutta la vicenda è però pervasa da una linea amara, come un sottotesto di tristezza che esplode nella scena finale. Dove il protagonista, non riuscendo ad accettare il crollo di tutte le sue certezze, ha un tracollo emotivo che lo porta in una sua esclusiva realtà. Da sottolineare l’esilarante apparizione di Genny e Dolly, in perfetta divisa padana, per andare a deporre in Tribunale.

Maurizio Zucchetti

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La recensione di “Neanche il tempo di piacersi”

Imbucato teatrale la recensione di “Neanche il tempo di piacersi”

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Lo spettacolo messo in scena da Marco Falaguasta al teatro della Cometa dimostra ancora una volta che la sua dimensione ottimale è quella dell’ one man show. Quella del colloquio diretto con il pubblico, che ascolta il suo racconto e vive i suoi ricordi. Questa volta si parte dalla difficoltà di relazione con la figlia appena maggiorenne ed il suo mondo pieno di stimoli ed iperconnesso. Il confronto, esilarante, è con il mondo degli adolescenti degli anni ’80 fatto di telefoni a gettone, spalline e giubbotti alla Fonzie. Con le cassette del mangianastri della macchina che si inceppavano sempre nel momento meno opportuno.

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E poi il confronto con la burocrazia, e con un sistema del quale il cinquantenne di oggi subisce la velocità. Velocità che non lascia, appunto, neanche il tempo di piacersi. Si ride parecchio, soprattutto per le situazioni nelle quali ognuno di noi si riconosce. Messe in scena dal protagonista con la consueta carica di simpatia e passione. Ma non manca la riflessione sugli insegnamenti fondamentali che ogni genitore deve trasmettere. Essenziale ma efficace la scenografia con i pannelli su cui si proiettano i filmati. Irresistibile la passeggiata sul palco con il CIAO rosso fiammante.

Maurizio Zucchetti

Imbucato teatrale la recensione di “Neanche il tempo di piacersi”

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Imbucato teatrale la recensione di “Neanche il tempo di piacersi”

Imbucato teatrale la recensione di “Neanche il tempo di piacersi”

In scena al Teatro della Cometa

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Lo spettacolo messo in scena da Marco Falaguasta al teatro della Cometa dimostra ancora una volta che la sua dimensione ottimale è quella dell’ one man show. Quella del colloquio diretto con il pubblico, che ascolta il suo racconto e vive i suoi ricordi. Questa volta si parte dalla difficoltà di relazione con la figlia appena maggiorenne ed il suo mondo pieno di stimoli ed iperconnesso. Il confronto, esilarante, è con il mondo degli adolescenti degli anni ’80 fatto di telefoni a gettone, spalline e giubbotti alla Fonzie. Con le cassette del mangianastri della macchina che si inceppavano sempre nel momento meno opportuno.

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E poi il confronto con la burocrazia, e con un sistema del quale il cinquantenne di oggi subisce la velocità. Velocità che non lascia, appunto, neanche il tempo di piacersi. Si ride parecchio, soprattutto per le situazioni nelle quali ognuno di noi si riconosce. Messe in scena dal protagonista con la consueta carica di simpatia e passione. Ma non manca la riflessione sugli insegnamenti fondamentali che ogni genitore deve trasmettere. Essenziale ma efficace la scenografia con i pannelli su cui si proiettano i filmati. Irresistibile la passeggiata sul palco con il CIAO rosso fiammante.

Maurizio Zucchetti

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La recensione di “Imparare ad amarsi”

Imbucato teatrale la recensione di “Imparare ad amarsi”

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Carlo ed Isabella si incontrano, si amano, si sposano e poi la crisi, le liti, il divorzio, la ricostruzione dei rapporti, il rifiorire dei sentimenti e… . Il testo di Laroque e Palmade, opportunamente adattato per le nostre latitudini da Claudio Insegno, ci racconta le vicissitudini di una coppia come tante durante i cambiamenti vissuti dal proprio rapporto. Pino Insegno ed Alessia Navarro interpretano il testo, divertente e ricco di battute al netto di qualche calo narrativo, con brio ed adeguata tensione.

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Il perfetto affiatamento fra i protagonisti permette di introdurre nella storia un gruppo di comprimari. Come Maria la cameriera, i genitori di Isabella, i nuovi compagni Filippo ed Ana che non ci sono ma in effetti ci sono. Resi reali dal coinvolgimento del pubblico nelle vicende raccontate. Essenziale ma molto versatile la scenografia, colorata da piacevoli giochi di luce che sottolineano i quadri narrativi.

Maurizio Zucchetti

Imbucato Teatrale la recensione di “Orgasmo e pregiudizio”

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Imbucato Teatrale la recensione di “Orgasmo e pregiudizio”

Imbucato Teatrale la recensione di “Orgasmo e pregiudizio”

In scena al Teatro Ghione

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Venti anni, ma non li dimostra. Lo spettacolo di Fiona Bettanini e Diego Ruiz, per la regia di Pino Ammendola e Nicola Pistoia, intrattiene il pubblico da un ventennio con l’eterno dilemma del rapporto uomo-donna. Diego e Fiona sono amici di lunga data e legati da un affettuosa complicità. Si trovano a dover passare insieme una notte in un triste motel di provincia. Confinati su un letto trash dal quale non scenderanno mai si abbandonano fra imbarazzi, schermaglie e reticenze con i rispettivi partner. Fino ad una liberatoria conversazione su quanto non hanno mai confessato a nessuno in tema di appetiti, preferenze e debolezze sessuali.

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Gli interpreti divertono e si divertono mostrando con molta ironia i propri corpi ed intessendo un dialogo serrato, al netto di qualche pausa narrativa del testo. Infarcito di doppi sensi e battute ammiccanti, sulle infinite variazioni del tema. Un continuo rincorrersi, farsi avanti e tornare indietro, sforzandosi di mantenere l’amicizia, nonostante la prepotenza delle pulsioni fisiche, sottolineato dalle numerose risate del pubblico.

Maurizio Zucchetti

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La recensione di “Siciliano per caso?”

Imbucato teatrale la recensione di “Siciliano per caso?”

Un gentiluomo di altri tempi. Questa è la migliore definizione per Gianfranco Jannuzzo, e per il suo spettacolo messo in scena per la regia di Roberto D’Alessandro. La storia di Giovannino Pattarizzuti che parte dal natio borgo siciliano di Saponara Marittima e vi torna dopo aver girovagato per l’Italia è narrata con garbo e raffinata ironia. Con verve brillante basata sulle battute e sulla profonda conoscenza dei tempi comici, senza indulgere alla volgarità o all’umorismo pecoreccio.

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Jannuzzo, emozionato nonostante la lunga e gloriosa carriera come si deve essere se si rispetta il pubblico, ci accompagna in giro per la Penisola. Dimostrando una tale padronanza dei vari dialetti che ci si chiede, appunto, se sia nato in Sicilia solo per caso. Aneddoti e battute intrigano piacevolmente gli spettatori fino al finale. Dove cambia completamente il registro interpretativo nella descrizione del rapporto fra il protagonista e la sua terra d’origine. Raccontato con serietà e con passione che dimostrano ancora una volta il talento ed il coraggio dell’interprete.

Maurizio Zucchetti

Imbucato teatrale la recensione di “Siciliano per caso?”

Imbucato teatrale la recensione di “Siciliano per caso?”

Imbucato teatrale la recensione di “Siciliano per caso?”

In scena al Teatro Golden

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Un gentiluomo di altri tempi. Questa è la migliore definizione per Gianfranco Jannuzzo, e per il suo spettacolo messo in scena per la regia di Roberto D’Alessandro. La storia di Giovannino Pattarizzuti che parte dal natio borgo siciliano di Saponara Marittima e vi torna dopo aver girovagato per l’Italia è narrata con garbo e raffinata ironia. Con verve brillante basata sulle battute e sulla profonda conoscenza dei tempi comici, senza indulgere alla volgarità o all’umorismo pecoreccio.

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Jannuzzo, emozionato nonostante la lunga e gloriosa carriera come si deve essere se si rispetta il pubblico, ci accompagna in giro per la Penisola. Dimostrando una tale padronanza dei vari dialetti che ci si chiede, appunto, se sia nato in Sicilia solo per caso. Aneddoti e battute intrigano piacevolmente gli spettatori fino al finale. Dove cambia completamente il registro interpretativo nella descrizione del rapporto fra il protagonista e la sua terra d’origine. Raccontato con serietà e con passione che dimostrano ancora una volta il talento ed il coraggio dell’interprete.

Maurizio Zucchetti

La recensione de “Il motore di Roselena”

Imbucato teatrale la recensione de “Il motore di Roselena”

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Sorprendente, graffiante e divertente il bel testo ideato e recitato da Gea Martire per la regia di Nadia Baldi. La storia di Roselena, ragazza napoletana con la passione dei motori, denuncia la proibizione che le donne avevano fino a non molti anni fa di muoversi in alcuni contesti. E di quanto ci sia comunque ancora da fare. Roselena sa di essere diversa e combatte contro la derisione, la sufficienza e perfino la violenza dei maschi. Ma non si arrende, vincendo alla fine la sua battaglia che da uno “scasso” napoletano la porterà a guidare una Maserati.

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In una scenografia spoglia e gelida, con indosso una tuta da pilota, ci racconta la sua storia con toni ruvidi, quasi irritanti sulle prime. Trascinandoci a fare il tifo per lei, donna in un mondo di uomini con l’unica colpa di voler realizzare un sogno. Andando incontro al “vento di cambiamento” di cui tanto si parla. Gea Martire dà corpo ed emozioni a Roselena con ritmo e passione, dimostrando il suo talento anche attraverso lampi di comicità in un tessuto certamente drammatico. Interessante, e significativo, che il suo eloquio passi dal napoletano strettissimo ad un italiano perfetto solo quando parla di motori.

Maurizio Zucchetti

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