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“Quanto manca per Babilonia” di Jennifer Johnston leggi la recensione

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“Quanto manca per Babilonia” di Jennifer Johnston leggi la recensione

Titolo: Quanto manca per Babilonia?
Autore: Jennifer Johnston
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 198
Prezzo: Euro 18
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Alec, figlio unico ed erede di una ricca e nobile famiglia irlandese, trascorre la sua infanzia sotto l’ala protettiva dei genitori e del precettore, lontano dalle tribolazioni e dalle inquietudini della vita. Presto stringerà amicizia con Jerry, un ragazzo di umili origini con il quale, oltre a condividere la passione per i cavalli e per la natura, comincerà a scoprire le piccole gioie legate alle cose semplici dell’esistenza. La madre di Alec, donna fredda, snob e calcolatrice, si oppone a questa amicizia.

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E spinge il figlio ad arruolarsi nell’esercito britannico per combattere per il proprio re e la propria nazione. Siamo nel 1914 e la prima guerra mondiale sta per scoppiare. Jerry si è già arruolato, ma per imparare l’arte della guerra e metterla al servizio della causa nazionalista irlandese. Il caso vuole che i due si ritrovino nello stesso reggimento, e insieme, questa volta, faranno esperienza degli orrori del conflitto sui campi di battaglia nelle Fiandre. Ma ancora una volta sarà la loro classe sociale a dividerli.

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In “Quanto manca per Babilonia?” Jennifer Johnston racconta la profonda amicizia tra Alec e Jerry, due giovani, che va oltre le regole sociali e supera anche gli orrori della guerra. L’incontro tra i due giovani è un momento unico per Alec, che passa le sue giornate da solo, ma grazie a Jerry scopre cosa è veramente l’amicizia. Purtroppo si fa sempre più vicina la Prima Guerra Mondiale, che segnerà irreparabilmente le loro vite.

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Pur nella sua brevità è un romanzo intensissimo, carico di brutture e ipocrisie sociali, che Alec non risparmia al lettore. Il protagonista non edulcora nulla, gli unici momenti veramente belli e toccanti sono gli incontri con il suo caro amico Jerry. Le loro differenti estrazioni sociali gli crerano veramente tanti problemi, ma la loro amicizia va oltre.

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La Jonhston, pur raccontando la crudeltà della guerra e del mondo che circonda i due ragazzi, riesce a far capire al lettore quanto sia unico il loro rapporto. E’ un’amicizia pura, forte ma estremamente delicata e proprio questa delicatezza tocca in modo indelebile il cuore di chi legge.

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Non è il classico romanzo di formazione, va oltre e lascia tutto lo spazio a questa storia toccante e struggente. In ogni pagina il lettore ha sempre più la consapevolezza che non vi sia nessuna possibilità di un lieto fine e si lascia travolgere dagli eventi, proprio come i due giovani.

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Pur essendo un romanzo del 1974 è drammaticamente attuale e lascia moltissimi spunti di riflessione: sulla guerra e sulla vita di tutti giorni. Ma sicuramente nel cuore di ogni lettore ci sarà sempre uno spazio per la bellissima e struggente amicizia tra Alec e Jerry.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“EREDITA'” DI VIGDIS HJORTH LEGGI LA RECENSIONE

“Eredità” di Vigdis Hjorth leggi la recensione

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“Eredità” di Vigdis Hjorth leggi la recensione

Titolo: Eredità
Autore: Vigdis Hjorth
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 374
Prezzo: Euro 18,50
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Quattro fratelli. Due case a picco sul Mare del Nord. Un dramma familiare sepolto nel silenzio da decenni. Tutto comincia con un testamento. Al momento di spartire l’eredità fra i quattro figli, una coppia di anziani decide di lasciare le due case al mare alle due figlie minori. Mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. Se Bård vive questo gesto come un’ultima ingiustizia, Bergljot aveva già messo una croce sull’idea di una possibile eredità, avendo troncato i rapporti con la famiglia ventitré anni prima.

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Cosa spinge una donna a una scelta così crudele? Bård e Bergljot non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. Bård e Bergljot condividono il più doloroso dei segreti. Il confronto attorno alla divisione dell’eredità sarà l’occasione per rompere il silenzio, per raccontare la storia che i familiari per anni hanno rifiutato di sentire. Per dividere con loro l’eredità – o il fardello – che hanno ricevuto dalla famiglia. Per dire l’indicibile.

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In “Eredità” Vigdis Hjorth racconta le vicende e i litigi di una famiglia per l’eredità. E letto così potrebbe sembrare un già visto, ma la differenza è proprio che l’eredità è solo il pretesto per raccontare quello che sta più a cuore alla scrittrice. I vari drammi familiari più o meno sopiti che hanno portato all’allontanamento di due dei quattro figli.

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Bergljot racconta quello che prova e quello che ha subito e subisce ogni volta che pensa o affronta la famiglia. L’allontanamento è stata la sua salvezza, ma in un certo senso è flebile, perchè la sua famiglia e i vari problemi non risolti sono sempre lì ad assillarla a non farla dormire.

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Tutto quello che affligge la protagonista e quello che è accaduto il lettore lo viene a scoprire piano piano nel corso del racconto. E’ un continuo salto tra il passato e il presente, tra ciò che è accaduto e tutte le scelte che ne sono scaturite. La morte del padre per Bergljot è si un trauma, ma allo stesso tempo è l’input che le mancava per cercare di farsi valere e parlare.

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Il lettore difficilmente riesce a staccarsi dal libro, perchè il racconto, pur se a tratti più lento, è un vero fiume in piena. Tra ricordi, sensazioni e mail di fuoco. Tutto il racconto è intriso di risentimento e rabbia, anche se messo tutto a tacere. Infatti il vero motivo che ha portato all’allotanamento sia di Bergljot che del fratello viene rivelato solo alla fine.

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Vigdis Hjorth ha uno stile di scrittura asciutto e senza fronzoli, ma anche molto spietato: nulla viene edulcorato. Il lettore si ritrova coinvolto in prima persona e, pur non avendo vissuto tutti i drammi di Bergljot, riesce a trovare qualche punto d’incontro. E’ un bel libro che da molti spunti di riflessione e lascia qualche turbamento.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“PRESUNTO COLPEVOLE” DI MARCELLO SORGI LEGGI LA RECENSIONE

“Presunto colpevole” di Marcello Sorgi leggi la recensione

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“Presunto colpevole” di Marcello Sorgi leggi la recensione

Titolo: Presunto colpevole
Autore: Marcello Sorgi
Genere: saggistica
Editore: Einaudi Editore
Pagine: 128
Prezzo: Euro 13
Prezzo E-book: 7,99

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Sinossi: Perché alla fine del 1999 non fu possibile costruire un corridoio umanitario per far rientrare in Italia da Hammamet Bettino Craxi, gravemente malato. E farlo operare e curare in un centro specializzato senza che fosse arrestato. “La mia libertà equivale alla mia vita”, dirà fino all’estremo il leader socialista. Per spiegare il rifiuto di accettare il carcere e la decisione di restare in Tunisia, dove muore il 19 gennaio 2000.

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Nel resoconto della trattativa, oltre ai familiari del leader socialista si affacciano il governo, il Quirinale, il Vaticano, l’America e la Cia. Senza scordare i magistrati di Mani pulite e i socialisti dispersi dall’inchiesta su Tangentopoli. Il caso Craxi rappresenta l’ultimo scorcio del Novecento italiano. Sospeso tra la caduta del Muro di Berlino, il crollo della Prima Repubblica e l’alba dei poteri forti che s’impongono all’inizio del nuovo secolo. “La morte di Craxi conclude gli anni Novanta e consegna alla storia del Novecento il principio del primato della politica, mettendoci una bella pietra sopra”.

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A distanza di vent’anni dalla morte, Marcello Sorgi tenta di ricostruire la vicenda umana di Bettino Craxi, soprattutto negli ultimi giorni precedenti il decesso. Il giornalista prova a chiedersi perché non fu possibile costruire un corridoio umano per farlo rientrare in Italia da Hammamet. Circostanza sospetta, perché, oltretutto, era gravemente malato. Quella del cronista de ‘La Stampa’ è una ricostruzione minuziosa e dettagliata di quella trattativa fallita. Una trattativa che non ha coinvolto solo le alte sfere delle nostre istituzioni, ma anche la Chiesa, seppur inutilmente.

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Marcello Sorgi si conferma, semmai ce ne fosse bisogno, un attento osservatore di eventi, ma soprattutto capace di grande empatia, quando dalla dimensione pubblica si passa a quella privata. Nel raccontare il dramma vissuto dalla famiglia di Craxi, lo scrittore non manca di far trasudare dalle pagine l’affetto di chi è entrato in punta di piedi nella vicenda, ma non ne è rimasto estraneo. “Presunto colpevole” è un libro breve ma denso di eventi e di significati. I processi, le carte, le strategie e le trattative sono solo uno sfondo, per quanto fondamentale per la comprensione dei fatti. Ciò che interessa a Sorgi, in effetti, è raccontare l’uomo oltre il politico. Un uomo che, a suo dire, è stato lasciato solo a morire quando poteva, con un minimo sforzo di compromesso, essere salvato.

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“Presunto colpevole” è una testimonianza di cronaca che, però, non si può definire imparziale. Sorgi prova a rimanere esterno ai fatti ma, nei meandri del racconto, perde la strada dell’oggettività e non manca di dire la sua che, seppur basata, sostanzialmente, sui fatti si presta ad essere confutata. Dunque, quest’opera rimane un saggio utile per approfondire un pezzo importante di storia recente, che non mancherà di far storcere il naso a chi di Craxi, nonostante il tanto tempo passato, proprio non riesce ad essere un fan.

Francesco G. Balzano
(account Instagram: lamantino_della_lettura)

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“IL CAPOFAMIGLIA” DI IVY COMPTON-BURNETT LEGGI LA RECENSIONE

“Il capofamiglia” di Ivy Compton-Burnett leggi la recensione

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“Il capofamiglia” di Ivy Compton-Burnett leggi la recensione

Titolo: Il capofamiglia
Autore: Ivy Compton-Burnett
Genere: narrativa
Editore: Fazi Editore
Pagine: 348
Prezzo: Euro 19
Prezzo E-book: 9,99

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Trama: Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovonoi membri della sua famiglia. La moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra. E infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare.

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Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti. Sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali. Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena. Strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.

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“Il capofamiglia” è un romanzo di Ivy Compton-Burnett incentrato sui drammi familiari e sulle dinamiche e i ruoli all’interno di una famiglia. Ogni singolo personaggio ha una sua importanza e ognuno è fondamentale per la storia. Un ruolo importante è lasciato anche alla casa degli Edgeworth: è qui che tutto accade, sia di positivo che di tremendamente grave.

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L’approccio per il lettore non è dei più semplici, perchè la scrittrice ha uno stile molto particolare: poco descrittivo e tutto incentrato sui dialoghi. Infatti, è un continuo botta e risposta e il lettore per non perdere il filo del discorso deve avere una concentrazione molto alta.

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Ogni singolo personaggio viene descritto solo grazie ai dialoghi, tanto che sul loro aspetto si sa veramente poco. All’autrice interessa più far conoscere le idee e il modo di porsi con il mondo esterno dei singoli personaggi. E il lettore è sempre presente, quasi fino a diventare uno dei personaggi che assistono alle vicende.

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Una caratteristica de “Il capofamiglia” è che tutto quello che provocherà un cambiamento, un’azione accade fuori dal racconto. Il lettore ne viene a conoscenza solo grazie alle ‘chiacchiere’ dei personaggi, che riescono a descrivere e a chiarire ogni dubbio, ed assiste al cambiamento e all’evolversi della storia.

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Ivy Compton-Burnett è una delle autrici più importanti del 900 inglese e ne “Il capofamiglia” racchiude tutto il suo stile. Una scrittura molto sagace e complessa. Ma dopo le iniziali difficoltà è impossibile interrompere la lettura: la voracità della storia rapisce anche il lettore.

Barbara Piergentili
(account Instagram: letture_barbariche)

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“VITE APOCRIFE DI FRANCESCO D’ASSISI” DI MASSIMILIANO FELLI LEGGI LA RECENSIONE

“La ragazza con la macchina da scrivere” di Desy Icardi leggi la recensione

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“La ragazza con la macchina da scrivere” di Desy Icardi leggi la recensione

Titolo: La ragazza con la macchina da scrivere
Autore: Desy Icardi
Genere: narrativa
Editore: Fazi editore
Pagine: 366
Prezzo: Euro 15
Prezzo e-book: Euro 7,99

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Trama: Sin da ragazza, Dalia ha lavorato come dattilografa, attraversando il ventesimo secolo sempre accompagnata dalla sua macchina da scrivere portatile, una Olivetti MP1 rossa. Negli anni Novanta, ormai anziana, la donna viene colpita da un ictus che, pur non rivelandosi letale, offusca parte della sua memoria. I ricordi di Dalia tuttavia non si sono dissolti, essi sopravvivono nella memoria tattile dei suoi polpastrelli, dai quali possono essere liberati solamente nel contatto con i tasti della Olivetti rossa.

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Attraverso la macchina da scrivere, Dalia ripercorre così la propria esistenza: gli amori, i dispiaceri e i mille espedienti attuati per sopravvivere. Soprattutto durante gli anni della guerra, riemergono dal passato restituendole un’immagine di sé viva e sorprendente. La storia di una donna capace di superare decenni difficili procedendo sempre a testa alta con dignità e buonumore. Un unico, importante ricordo, però, le sfugge, ma Dalia è decisa a ritrovarlo seguendo gli indizi che il caso, o forse il destino, ha disseminato lungo il suo percorso.

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Desy Icardi, dopo il successo de “L’annusatrice di libri” è tornata con un nuovo romanzo, sempre fortemente legato ai 5 sensi. Dopo l’olfatto, con “La ragazza con la macchina da scrivere” la scrittrice ci parla del tatto, e lo fa con la sua solita delicatezza e poesia. Dalia è una donna di 70 anni che dopo il ‘piccolo incidente’ cerca di recuperare il suo più recente passato, e l’aiuto lo trova proprio nel tatto e grazie alla sua Olivetti rossa.

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Dalia nel cercare di ritrovarsi si affida alle sue mani e alla macchina da scrivere e ricorda la sua vita. La donna racconta tutto in terza persona, proprio come se fosse un libro, e ripercorre il suo passato dal momento in cui inizia a fare la dattilografa. “L’incontro” con la sua Olivetti è l’inizio della sua storia. La vita di Dalia è molto semplice, non ha fatto nulla di così particolare, ma la bravura della Icardi è proprio il modo in cuo lo scrive.

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La scrittrice riesce a dare il giusto valore a ogni piccolo dettagli della vita ‘normale’ di Dalia, e la rende viva e molto interessante. La sua scrittura è misurata, delicata e accompagna il lettore nella lettura. Per chi ha letto il precedente romanzo, il momento dell’ingresso nella storia dell’avvocato Ferro non può che provocare un piccolo momento di gioia e nostalgia. Questo personaggio ha la capacità di far diventare qualsiasi situazione, anche la più triste, una poesia.

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Desy Icardi con questo suo nuovo romanzo ci racconta il forte legame che si può creare tra la memoria e il tatto, ma anche la potenza di questo senso che può avere nella vita di una persona. Dalia, grazie alla sua Olivetti, riesce a trovare quella serenità che le viene a mancare in alcune situazioni, come sotto i bombardamenti. Ma l’aiuta anche a riallacciare il suo passato con il presente, facendole ricordare quello che aveva dimenticato per via dell’ictus.

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“La ragazza con la macchina da scrivere” è un bel romanzo che emoziona e riporta alle bellissime sensazioni a cui la Icardi ci aveva abituato con “L’annusatrice di libri”. E’ molto difficile interrompere la lettura, perchè il lettore viene completamente avvolto dalla storia che entra dentro in punta di piedi per restarci. E anche Dalia, dopo Adelina entra nel cuore del lettore.

Barbara Piergentili

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“THE HOUSE OF SECRETS” DI BRAD MELTZER E TOD GOLDBERG LEGGI LA RECENSIONE

“Piccoli suicidi tra amici” di Arto Paasilinna leggi la recensione

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“Piccoli suicidi tra amici” di Arto Paasilinna leggi la recensione

Titolo: Piccoli suicidi tra amici
Autore: Arto Pasilinna
Genere: Narrativa
Editore: Iperborea
Prezzo: Euro 17
Prezzo e-book: Euro 8.99

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Trama: ci sono momenti in cui i ripetuti insuccessi, un matrimonio a rotoli, lo stress, la solitudine sembrano davvero troppo per conservare la voglia di vivere. Non è meglio farla finita e andarsene da questo mondo che pare sempre meno «un luogo adatto all’uomo»? Seduto sui gradini di casa con una bottiglia di birra in mano, il direttore Onni Rellonen, imprenditore fallito, decide di dire basta a «quel suo vivacchiare privo di senso».

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Ma cosa succede se il fienile scelto per «il botto finale» è già occupato da un colonnello a riposo risoluto a mettere fine ai suoi giorni? Non ci saranno anche molti altri nelle stesse condizioni, con cui varrebbe la pena di spartire timori, rischi e spese, per un dignitoso suicidio collettivo? E così, caricati sulla Saetta della Morte, lussuoso pullman dotato dei più desiderabili comfort, trentatré selezionati aspiranti suicidi partono per un viaggio. che li porterà da un capo all’altro dell’Europa alla ricerca del migliore strapiombo da cui lanciarsi nel vuoto.

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“Piccoli suicidi tra amici” è il classico romanzo destinato a dividere i lettori: o lo ami o lo detesti, o ti appassiona oppure, irrimediabilmente, ti annoia. Per apprezzarlo, infatti, bisogna avere un alto tasso di tolleranza nei confronti del ‘black humor’, perché quest’opera ne è intrisa fino al midollo. Tanto da diventare, a tratti e per chi è meno avvezzo ad un certo tipo di risata, disgustoso. Bisogna ammetterlo, però: Arto Paasilinna era un maestro in questo campo. Sapeva cioè, spingersi oltre ogni limite della decenza riuscendo, però, a mandare messaggi, alla fine, positivi e, perché no, anche moraleggianti.

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In “Piccoli suicidi tra amici” l’autore non abdica mai al sentimentalismo, anche laddove, tutto sommato, sarebbe utile e lecito. Però il racconto, senza mai commuovere, possiede in sé attimi di tenerezza, perfettamente nascosti dietro un sarcasmo irriducibile, che non rispetta niente e nessuno, nemmeno gli anfratti più sacri dell’intimità dell’essere umano. Dunque, questo romanzo non scende a compromessi: il lettore, prima di inizare a sfogliarlo, dev’essere pronto a saper ridere di tutto. Del resto, il motto che permea l’intera opera è difficilmente equivocabile: “in questa vita la cosa più sacra è la morte; ma neanche quella più di tanto”.

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La lettura di “Piccoli suicidi tra amici” potrà, comunque, risultare poco scorrevole, non solo per i già citati motivi contenutistici. In effetti, almeno in questo romanzo, Paasilinna dimostra, a tratti, di avere poco senso del ritmo nella narrazione. Si perde, troppo spesso, in inutili raccontini o descrizioni minuziose di aspetti che, ai fini della storia, risultano assolutamente trascurabili. Il finale, al contrario, appare troppo frettoloso. Detto questo, il romanzo rimane gradevole e il messaggio che lancia, seppur scontato, va inserito in un’epoca e in un contesto dove non lo era affatto. Probabilmente non è la sua opera migliore, ma va dato atto all’autore di ‘sbagliare’ seguendo uno stile che si, è rigido ed estremo, ma imprime un indelebile marchio di fabbrica al testo ed è capace di renderlo, comunque, affascinante.

Francesco G. Balzano

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“THE HOUSE OF SECRETS” DI BRAD MELTZER E TOD GOLDBERG LEGGI LA RECENSIONE

“The House of Secrets” di Brad Meltzer e Tod Goldberg leggi la recensione

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“The House of Secrets” di Brad Meltzer e Tod Goldberg leggi la recensione

Titolo: The House of Secrets
Autore: Brad Meltzer e Tod Goldberg
Genere: thriller
Editore: Fazi editore
Pagine: 392
Prezzo: Euro 15
Prezzo e-book: Euro 7,99

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Trama: Jack Nash, celebre conduttore di The House of Secrets, un programma televisivo su complotti e segreti, ha sempre detto alla figlia che i misteri devono essere risolti. Da bambina, Hazel adorava ascoltare i racconti del padre, soprattutto quello su una Bibbia appartenuta a Benedict Arnold, rinvenuta nel petto di un cadavere. Quando, molti anni dopo, padre e figlia rimangono coinvolti in un incidente, lui muore sul colpo e lei viene colta da un’amnesia che le impedisce di riportare alla mente ricordi legati a emozioni intense. Proprio adesso che gli insegnamenti del padre le servirebbero.

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Un agente dell’FBI, Trevor Rabkin, si presenta in ospedale facendole strane domande su suo padre. Una volta tornata a casa, cercando di riconnettere i tasselli della propria identità. Hazel scopre dettagli della propria vita di cui non ha alcuna memoria e che le fanno nutrire sempre più dubbi su chi sia veramente. Cosa ha fatto in tutti quegli anni? Perché ha viaggiato per il mondo ripercorrendo i luoghi di alcune puntate di The House of Secrets? La ragazza si rende conto che le cose sono molto più complicate di quanto sembrino.

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“The House of Secrets” è un romanzo scritto a quattro mani da Brad Meltzer e Tod Goldberg, tutto incentrato sulle vicende di Hazel Nash e sui tanti segreti nascosti. Il libro è ricchissimo di flashback, che aiutano ancora di più il lettore a capire le vicende raccontate. Ma la capacità dei due scrittori è quella di sapersi fermare al momento giusto, con capitoli molto brevi che non appesantiscono la lettura.

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Hazel Nash nel corso del romanzo riacquista parzialmente la memoria e anche il lettore si trova a provare le sue stesse emozioni e paure. Tutto viene messo in discussione, ogni singolo personaggio ha un lato oscuro, che viene sapientemente descritto con poche e criptiche parole. Fino alla fine non si sa chi è dalla parte dei buoni e chi da quella dei cattivi, ma è anche vero che non è questo che si vuole raccontare.

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Durante la lettura, difficilmente il lettore riesce a capire in anticipo quello che accadrà, grazie alla scrittura molto avvincente e per niente noiosa. E proprio grazie alla brevità dei capitoli è difficile smettere di leggere, si ha il desiderio di scoprire cosa accadrà nella pagina successiva. Una parte molto importante della storia è il profondo disagio di Hazel, perchè per la ragazza non è importante solo scoprire la verità. Ma soprattutto ritrovare una sua dimensione nella vita e questo suo desiderio coinvolgerà fino alla fine il lettore.

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“The house of secrets” è un buonissimo thriller dove nulla è dato per scontato, ricchissimo di colpi di scena. E’ vero: ci sono i servizi segreti, tanti morti e traffici internazionali poco leciti. Ma tutto è reso in modo tutt’altro che banale, grazie alla bravura di Meltzer che in questa occasione ha avuto un ottimo aiuto da Tod Goldberg. E Il lettore amante del thriller non rimarrà deluso.

Barbara Piergentili

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“TUFF E LA SUA BANDA” DI PAUL BEATTY LEGGI LA RECENSIONE

“Tuff e la sua banda” di Paul Beatty leggi la recensione

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“Tuff e la sua banda” di Paul Beatty leggi la recensione

Titolo: Tuff e la sua banda
Autore: Paul Beatty
Genere: narrativa
Editore: Fazi editore
Pagine: 366
Prezzo: Euro 18.50
Prezzo e-book: Euro 9,99

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Trama: Winston Foshay, detto Tuff, è un energumeno di Harlem che ha abbandonato la scuola, si è sposato giovanissimo con la fidanzata incinta e lavora come picchiatore nel giro dello spaccio. Dopo essere sopravvissuto a un regolamento di conti tra bande rivali decide di dare una svolta alla sua vita. E di aderire al Programma Fratello Maggiore, un programma di assistenza psicologica e sociale per ragazzi in condizioni svantaggiate. Il suo mentore è Spencer Throckmorton, un nero convertito all’ebraismo e diventato rabbino.

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Dopo lunghe discussioni con Spencer, la moglie Yolanda, il padre Clifford, ex militante delle Pantere Nere, e gli amici (tra cui spicca Fariq, disabile, musulmano e antisemita). Winston decide di presentarsi alle elezioni comunali, finanziato da Inez Nomura, una nippoamericana a sua volta ex militante delle Pantere che sta cercando il nuovo Malcolm X. La sua popolarità nel quartiere, di cui conosce ogni persona, la fama di “spaventoso figlio di puttana”. E un paio di giorni trascorsi in galera ad arringare i compagni di ghetto dopo essersi fatto arrestare con un pretesto gli fanno guadagnare sempre più consensi.

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“Tuff e la sua banda” è il secondo romanzo di Paul Beatty, conosciuto ai più per “Lo schiavista”, che gli è valso il Man Booker Prize 2016. La storia è ambientata ad Harlem, uno dei quartieri più famosi al mondo, soprattutto per la sua forte connotazione culturale. Sin da subito, grazie a Tuff ci ritroviamo nel tipico ambiente povero dell’America, che contrasta con la versione patinata dei film.

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Si viene subito rapiti da Tuff per la sua schiettezza e senso dell’umorismo. Riesce a raccontare le sue vicissitudini con una semplicità e comicità, anche quando parla dei crimini che ha commesso. Dopo alcuni racconti è impossibile non scoppiare a ridere. Grazie a Tuff, il lettore impara a conoscere il resto della banda: tutti personaggi particolarissimi, quasi surreali, ma non lo sono proprio perchè si trovano ad Harlem. Ognuno di loro è ben caratterizzato ed è parte integrante del romanzo.

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Paul Beatty ha una scrittura molto fluida e veloce, i suoi personaggi parlano in modo diretto e incisivo. Elemento sempre presente nei romanzi dello scrittore americano è un umorismo feroce, che rende ancora più piacevole la lettura. Il lettore, grazie ai suoi romanzi, ha uno spaccato della società americana molto reale e crudo e ovviamente non ne esce benissimo. Perchè tra una battuta e l’altra Beatty fa una durissima critica alla struttura americana, che difficilmente lascia qualche speranza a chi nasce in alcuni quartieri, tipo Harlem.

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“Tuff e la sua banda” è un romanzo piacevolissimo, ma al tempo stesso molto profondo, che cerca in tutti i modi di dare ancora più dignità a persone, che normalmente non l’avrebbero. Tuff cerca una rivalsa nella politica in modo anche svogliato. Ma è un ragazzo intelligente, che se solo avesse avuto le stesse possibilità di altri, forse non si sarebbe trovato in alcune situazioni e non sarebbe stato emarginato. Paul Beatty, anche con questo romanzo, si conferma uno dei migliori scrittori americani contemporanei.

Barbara Piergentili

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“VIOLETTE DI MARZO” DI PHILIP KERR LEGGI LA RECENSIONE

“Le peggiori paure” di Fay Weldon leggi la recensione

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“Le peggiori paure” di Fay Weldon leggi la recensione

Titolo: Le peggiori paure
Autore: Fay Weldon
Genere: Narrativa
Editore: Fazi editore
Pagine: 270
Prezzo: Euro 16
Prezzo e-book: Euro 9,99

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Trama: Alexandra Ludd, attrice e donna affermata, è appena rimasta vedova. Il marito Ned, un critico teatrale molto in vista, è morto inaspettatamente a causa di un infarto nella loro bella casa di campagna, mentre lei si trovava a Londra. Fino a quel momento il rapporto tra i due sembrava felice e privo di ombre, e ora Alexandra è sconvolta, ma una serie di strani dettagli la obbliga a porsi delle domande. Accenni di indizi e mezze parole nel giro di pochi giorni si concretizzano in una verità che sovverte ogni sua convinzione in quanto donna, madre e artista. Una rivelazione dopo l’altra, la protagonista giunge alla definitiva presa di coscienza. Le sue amicizie erano false, tutte le sue peggiori paure avevano un fondamento, Ned aveva una vita parallela di cui lei era totalmente all’oscuro.

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“Le peggiori paure” di Fay Weldon è un romanzo molto particolare. Si legge velocemente, grazie anche allo stile pulito e privo di frivolezze della scrittrice. Ma soprattutto non annoia il lettore, che continua la lettura perchè vuole scoprire cosa altro può accadere nella vicenda. Alexandra, la protagonista del romanzo, è una donna che fino a quel momento ha tutto e ha una vita perfetta. Già, fino a quel momento…

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La Weldon, pur concentrandosi sul dolore di Alexandra, lascia nel corso della narrazione tanti piccoli indizi, che invogliano ad andare avanti con la lettura. Il bel mondo della protagonista, comincia subito a scricchiolare. Tutto quello in cui ha sempre creduto vacilla e emergono delle situazioni che fanno accrescere le paure: la sua bella famiglia e la sua bella vita sono solo di facciata.

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I tanti personaggio della storia hanno tutti una loro immagine esteriore che è solo finzione, la loro vera natura è quanto di più squallido si possa immaginare. La scrittrice smonta tutto: la complicità tra donne, l’amore e il matrimonio. Tutto diventa grottesco e sconvolgente, più si va vanti nella lettura e più si ha la sensazione di arrivare al limite. E invece c’è sempre qualcosa in più sempre più assurdo.

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Ne “Le peggiori paure” la Weldon inserisce tutto il suo anticonformismo che la caratterizza. Per lei nulla si salva: il matrimonio, le amicizie, i legami famigliari sono tutti basati sulla falsità. Il libro è una durissima e feroce riflessione sulla vita coniugale e sulla società, in cui non si salva nessuno. Un libro piacevole e scorrevole, ma con una piccola avvertenza. Se il proprio motto nell’amore e nella quotidianità è: “e vissero tutti felici e contenti”, forse è meglio non leggerlo!

Barbara Piergentili

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“IL DIRITTO DI OPPORSI” DI BRYAN STEVENSON LEGGI LA RECENSIONE

“Il diritto di opporsi” di Bryan Stevenson leggi la recensione

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“Il diritto di opporsi” di Bryan Stevenson leggi la recensione

Titolo: Il diritto di opporsi
Autore: Bryan Stevenson
Genere: Narrativa
Editore: Fazi editore
Pagine: 446
Prezzo: Euro 16
Prezzo e-book: Euro 7,99

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Trama: Bryan Stevenson era un giovane avvocato da poco laureatosi a Harvard quando decise di trasferirsi a Montgomery, in Alabama. Per fondare la Equal Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata a porre fine all’incarcerazione di massa e alle pene estreme. A sfidare l’ingiustizia razziale ed economica e a proteggere i diritti umani fondamentali delle persone più deboli e vulnerabili. Al resoconto della sua formazione Stevenson intreccia le storie delle persone che ha difeso. E che lo hanno condotto in un groviglio di cospirazioni, macchinazioni politiche, inganni legali e razzismo diffuso, modificando profondamente la sua concezione della giustizia. Tra i vari casi spicca quello di Walter McMillian, un afroamericano condannato a morte per l’omicidio di una ragazza bianca, nonostante innumerevoli prove dimostrassero la sua innocenza.

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“Il diritto di opporsi” di Bryan Stevenson è un libro potente sulla giustizia americana e sulla pena di morte. Un pugno allo stomaco proprio come “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee. Un’opera che ha sconvolto e segnato molte generazioni di lettori, insieme alla trasposizione cinematografica di Robert Mulligan con Gregory Peck. Anche qui ci troviamo davanti un avvocato che decide di dare anima e corpo alla giustizia, nel vero senso della parola.

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Nel libro non vengono solo raccontante le vicende di alcuni condannati a morte tra cui quella di Walter McMillian, ma Stevenson con dati alla mano vuol far conoscere la storia della giustizia americana. Che è tutt’altro che perfetta: tantissimi i casi di incarcerazioni e condanne alla pena di morte totalmente sbagliate. Questi errori non sono solo dettati dall’incompetenza di alcuni avvocati o giudici, ma soprattutto da un’insito razzismo e convinzione dell’inferiorità di alcuni esseri umani.

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Bryan Stevenson ha una scrittura molto fluida, racconta senza fronzoli tutto quello che ha vissuto e che tutt’ora combatte per salvare degli innocenti. Il lettore si ritrova subito nel vortice del libro ed è impossibile restare indifferenti a tutta questa ingiustizia. La rabbia e la profonda commozione aumentano di pagina in pagina. Veramente molto apprezzata anche la completa bibliografia, che ogni lettore può approfondire, per avere un quadro della situazione della giustizia americana.

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“Il diritto di opporsi” è un libro importante, reale, che mostra al lettore come è la giustizia americana, la sua evoluzione e i tanti cambiamenti che ha subito. Ovviamente c’è ancora molto da fare per garantire una giustizia sana ed equa, ma avvocati come Stevenson danno tanta speranza e il suo libro è un tassello importante. Non va assolutamente lasciato sullo scaffale, ma va letto. Da segnalare che dal libro è stato tratto il film (ora nelle sale) diretto da Destin Daniel Cretton con Michael B. Jordan e Jamie Foxx.

Barbara Piergentili

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“CITTA’ SOMMERSA” DI MARTA BARONE LEGGI LA RECENSIONE

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