19 Agosto 2025

Carlo Verdone e Fellini: tra ricordi silenzio e una riflessione sul cinema di oggi

Carlo Verdone e Fellini: tra ricordi silenzio e una riflessione sul cinema di oggi

Carlo Verdone e Fellini: tra ricordi silenzio e una riflessione sul cinema di oggi

fonte notizia: corriere.it

Il rapporto tra Carlo Verdone e Fellini rappresenta un capitolo affascinante della storia del cinema italiano. L’attore e regista romano ha raccontato più volte di quelle telefonate inattese, ricevute all’alba dal maestro di Rimini, momenti che per lui hanno avuto il sapore di vere e proprie lezioni di vita. Proprio in occasione della Milanesiana, rassegna culturale ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, Verdone ha voluto ripercorrere quei ricordi, intrecciandoli con riflessioni più ampie sulla società contemporanea e sul suo modo di intendere l’arte.

Al centro del suo discorso c’è il silenzio, inteso come rifugio, come ricerca di spiritualità e come contraltare al frastuono del mondo moderno. Per Verdone, il silenzio non è assenza, ma presenza attiva, un luogo interiore in cui ritrovare sé stessi e da cui attingere per creare. È in questo contesto che si colloca anche la sua recente attività fotografica, presentata con una mostra dal titolo emblematico: L’intelligenza del silenzio.

Le fotografie come “preghiere senza parole”

La mostra di Carlo Verdone, curata da Elisabetta Sgarbi e ospitata al Museo Civico di Bormio, raccoglie scatti privi di figure umane. Panorami, cieli, colline e paesaggi naturali diventano i protagonisti assoluti. In un mondo dominato dall’immagine e dalla sovraesposizione personale, Verdone ha scelto di eliminare l’uomo dalle sue fotografie, quasi a voler riscoprire l’essenza pura della natura.

Lo stesso regista ha definito questi scatti delle “preghiere senza parole”. Non si tratta soltanto di un esercizio estetico, ma di una forma di meditazione: fotografare diventa un modo per ringraziare il “Padre Eterno” dei colori e delle atmosfere offerte dal creato. Nonostante la tecnica e l’esperienza abbiano un ruolo, Verdone sottolinea come la vera magia arrivi dal momento, dall’attimo irripetibile in cui la luce e il paesaggio si uniscono in una composizione perfetta.

Il ricordo delle telefonate con Fellini

La parte più emozionante dei racconti di Verdone riguarda senza dubbio il suo rapporto con Federico Fellini. L’autore di capolavori come La Dolce Vita e Amarcord lo chiamava alle sette del mattino, consapevole che anche lui, come Verdone, dormiva poco. Quelle conversazioni erano spesso spiazzanti: Fellini cercava di capire un mondo che stava cambiando velocemente e che gli risultava estraneo.

In una di quelle telefonate, il regista raccontò di essere rimasto sconvolto dal comportamento del pubblico al Metropolitan di New York: ragazzi con i pattini che appoggiavano i piedi sulle sedie, apparentemente disinteressati al film. Un segno dei tempi, che Fellini non riusciva a decifrare. Verdone, con la schiettezza che lo contraddistingue, cercava di spiegargli che la società, la musica e i costumi erano cambiati. Quando il maestro confessò di non riuscire a comprendere nemmeno il successo di Michael Jackson, Verdone provò a rassicurarlo citando i Beatles e Nino Rota, evidenziando come ogni epoca avesse i suoi miti e i suoi linguaggi.

Questi dialoghi non erano semplici chiacchiere: erano riflessioni profonde sul rapporto tra arte e pubblico, tra cinema e società. Non a caso, Fellini con il suo ultimo film, La voce della luna, provò a indagare proprio il tema del silenzio, come se sentisse il bisogno di contrapporsi a un mondo sempre più rumoroso.

La ricerca interiore di Verdone

Per Carlo Verdone, il silenzio è diventato negli anni un rifugio personale e creativo. A differenza del set, sempre affollato di tecnici, attori e collaboratori, la fotografia gli consente di isolarsi e di lavorare in solitudine. La sua casa in Sabina, immersa nella natura, è diventata il luogo privilegiato per questa ricerca. Qui scatta la maggior parte delle sue fotografie, osservando cieli in tempesta o tramonti struggenti che definisce come attimi mistici.

Questa ricerca interiore si lega anche alla sua fede, spesso oscillante tra dubbi e riconquiste. Verdone ha raccontato di essere influenzato da riflessioni filosofiche, come quelle di Spinoza, ma di ritrovare poi la sua bussola nelle parole del Vangelo. Una dimensione spirituale che traspare dalle sue opere e che convive con la sua ironia e la sua comicità.

Dal quartiere di Roma ai personaggi indimenticabili

Il legame tra Carlo Verdone e la città di Roma è stato fondamentale per la nascita dei suoi primi personaggi. Cresciuto tra Trastevere e Campo de’ Fiori, ha attinto dal mondo degli artigiani e delle figure semplici che popolavano quei quartieri. Dal calzolaio al barista, dal ferramenta al vetraio: ognuno di loro offriva spunti per caratteri, modi di dire e atteggiamenti che sarebbero poi confluiti nei suoi film e nei suoi spettacoli teatrali.

Film come Un sacco bello o Bianco, rosso e Verdone devono molto a quella fase di osservazione quotidiana. I suoi personaggi erano ispirati da persone vere, colte nella loro autenticità e spontaneità. Verdone non ha mai amato rappresentare figure malvagie: i suoi “cattivi” sono sempre stati più che altro cialtroni, opportunisti o individui ridicoli, trattati con ironia e leggerezza.

Il cinema come riflesso della società

Nelle sue parole emerge una critica al cinema contemporaneo, spesso dominato da rappresentazioni cupe e violente. Verdone riconosce l’importanza della denuncia sociale, ma sottolinea anche il rischio che la continua esposizione a storie di camorra o mafia finisca per influenzare negativamente i più giovani. A suo avviso, il cinema dovrebbe saper offrire anche speranza e leggerezza, strumenti fondamentali per bilanciare la durezza della realtà.

Questa visione trova conferma nei suoi film più amati, in cui la comicità non è mai fine a sé stessa, ma rappresenta un mezzo per raccontare la società con occhio critico e al tempo stesso compassionevole.

Il bacio più lungo della storia del cinema

Un altro aneddoto che Verdone ama ricordare riguarda il film Borotalco. In quella pellicola, il bacio con Eleonora Giorgi, prolungato per tutti i titoli di coda, è entrato nella storia. Secondo il regista, si tratta probabilmente del bacio più lungo mai visto sul grande schermo. Un momento nato quasi per caso, ma che ancora oggi resta impresso nell’immaginario collettivo.

Il confronto con il presente

Verdone ha espresso anche un certo rammarico per la trasformazione della società contemporanea. Guardando ai suoi primi film, come Un sacco bello, sostiene che oggi sarebbe impossibile realizzarli nello stesso modo. La perdita di ingenuità, il predominio del cinismo e l’ossessione per gli smartphone hanno cambiato radicalmente il modo di vivere e di raccontare le persone.

A questo si aggiunge la sfida dell’intelligenza artificiale, che già oggi è in grado di scrivere sceneggiature e produrre film. Verdone ha raccontato di aver visto un film realizzato interamente con l’IA e di averlo trovato sorprendente in alcune parti, al punto da inviarlo ai suoi sceneggiatori come spunto di riflessione sul futuro del settore.

L’eredità di Carlo Verdone e il ricordo di Fellini

La testimonianza di Carlo Verdone offre una panoramica preziosa non solo sulla sua carriera, ma anche sul rapporto con un gigante come Fellini. Le telefonate all’alba, i dubbi sul presente e le riflessioni sul silenzio compongono il ritratto di un artista che continua a interrogarsi sul senso del proprio lavoro e sul futuro del cinema.

In un mondo sempre più rumoroso e veloce, la ricerca di silenzio e autenticità diventa un atto rivoluzionario. E proprio questo, forse, è il messaggio più forte che Verdone vuole consegnare: il cinema, la fotografia e la vita stessa hanno bisogno di pause, di spazi vuoti e di momenti di riflessione. Perché solo così si può ritrovare quel legame profondo tra arte, umanità e spiritualità che ha reso grande il cinema italiano, da Fellini fino a oggi.

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