“Black Adam” la recensione del film
Regia: Jaume Collet-Serra
Cast: Dwayne Johnson, Aldis Hodge, Noah Centineo, Sarah Shahi, Marwan Kenzari, Quintessa Swindell, Pierce Brosnan, Viola Davis, Joseph Gatt, Natalie Burn, Mohammed Amer, Uli Latukefu, Patrick Sabongui, Shiquita James, Jermaine Rivers, Christopher Matthew Cook, Chaim Jeraffi, Donny Carrington, Mike Senior, Tre Ryan.
Genere: Azione
Durata: 124 minuti
Voto: OO 1/2 (su 5)
Black Adam, il cui vero nome è Teth-Adam o Theo Adam, è un uomo dell’Antico Egitto ridotto in schiavitù e in seguito ucciso, che grazie al potere del mago Shazam ritorna in vita. Adesso a Black Adam, questo il nome del supereroe, sono stati conferiti grandi poteri, come forza, agilità e la capacità di volare, ma nonostante queste doti, il suo cuore non è puro. Dopo essere stato a lungo imprigionato, Black Adam viene liberato e dovrà confrontarsi con i supereroi in vita per capire che, non solo un grande potere, ma anche nobili azioni e sacrificio fanno di un uomo un eroe.
“Black Adam” la recensione del film
Era il 2019 quando, in “Shazam!”, Dwayne Johnson appariva in un cammeo proprio nei panni di Black Adam. Questo antieroe, creato nel 1945 da Otto Binder e C.C. Beck, piacque molto al mastodontico attore. Talmente tanto, da impegnarsi in questo progetto non soltanto come attore, ma anche come co-produttore con la sua Seven Buck. Evidentemente, The Rock ha rivisto in questo villain atipico un qualcosa di familiare, perché Teth-Adam sembra, in questo lungometraggio, a tutti gli effetti un wrestler. Così, infatti, viene presentato agli spettatori e alla gente di Kahndaq. E’ lui il “campione” atteso e acclamato dal popolo. Un solitario con l’ossessione della vittoria, il cui unico obiettivo è schiacciare chiunque gli si pari davanti. Un giustiziere sommario, che non riconosce i buoni dai cattivi e che aspetta i suoi nemici sul ring, qui rappresentato dalla sua città di origine.
Per essere un malvagio, però, è davvero sin troppo simpatico. Come può essere cattivo chi è acclamato come un salvatore della patria? La sceneggiatura ci mette una pezza, giustificando le sue malefatte nel corso della storia. Ma così si perde ogni contatto col personaggio dei fumetti. Jaume Collet-Serra, agli inizi della sua carriera, era considerato quasi un autore dedito al cinema horror indipendente. Poi virò sul più commerciale thriller e, infine, sbarcò nelle commedie action per il grande pubblico con “Jungle Cruise”, dove conobbe proprio The Rock. Con “Black Adam”, il regista conferma il suo addio ad ambizioni più alte per dedicarsi al puro intrattenimento.
Intrattenimento che non prevede alcun tocco di genio o anche, molto più modestamente, personale. Così, questa pellicola rimane un’accozzaglia di citazioni trite e ritrite (Sergio Leone) e impigliata in una serie di sottogeneri. Non si capisce, infatti, quale strada si voglia percorrere oltre a quella del classico superomismo. E’ più giusto andare verso il comico-demenziale, come in “Shazam!”, o scopiazzare qualche scena allo scenario DC Universe immaginato da Zack Snyder?
E in questa confusione stilistica, il film prosegue stancamente tra inutili lungaggini e qualche interessante (ma nemmeno troppo) svolta, in una trama piuttosto lineare. C’è poi un altro concetto da chiarire: la DC vorrebbe fare la Marvel ma, davvero, non riesce nel tentativo. E dire che, probabilmente, “Black Adam”, come puro prodotto di intrattenimento, è qualitativamente migliore di tanti film della casa rivale. Ma, nell’utilizzo dei propri personaggi, la DC è davvero carente e impacciata. Un esempio lampante, in tal senso, sono Doctor Fate, Hawkman, Cyclone e Atom Smasher.
Chi conosce bene il mondo dei fumetti, sa che stiamo parlando di personaggi interessanti e con una lunga storia alle spalle. Ma chi segue i supereroi solo sul grande schermo non ha idea di chi siano e, perciò, tirati fuori con questo scarso senso del tempismo, sembreranno delle copie irritanti e sbiadite dei vari Doctor Strange, Falcon, Tempesta e Ant-Man. Soprattutto, sono personaggi destinati a sparire dall’immaginario collettivo non appena si riaccendono le luci in sala.
Ad aiutare “Black Adam”, non interviene nemmeno il potenzialmente interessante sottotesto politico di cui la storia è permeata. Questo perché, come detto, il regista spagnolo Jaume Collet-Serra ha completamente abbandonato le proprie velleità autoriali per ritagliarsi un più modesto ruolo di mestierante con indiscusse qualità (ormai inespresse). Così annacqua qualsiasi critica alle manie interviste occidentali in lunghe sequenze action, ben dirette ma totalmente fini a sé stesse. Non sforzatevi, dunque, di leggere qualsivoglia messaggio subliminale. “Black Adam” è una tavola senza dislivelli e cosparsa di acqua e sapone dove si scivola, tra una sbandata estetica e l’altra, fino ad arrivare, confusi e felici, al tratto finale.